Cinema – Film: Stronger-Io sono il più forte

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Stroger – Ciò che non ti uccide ti rende più forte’. Con questa frase sulla quale consiglio a tutti di riflettere attentamente, si può riassumere il film che andiamo ad analizzare oggi. In uscita in Italia la pellicola di David Gordon Green, “Stronger” con Jake Gyllenhaal, Tatiana Maslany, Miranda Richardson, Clancy Brown, Lenny Clarke.
Stronger è l’appassionante storia di Jeff Bauman – interpretato da Jake Gyllenhaal – un uomo comune divenuto un simbolo di speranza e di forza non solo per Boston ma per il mondo intero. È il racconto intimo e personale di un viaggio eroico che Jeff ha compiuto, un viaggio che ha messo alla prova i legami familiari, ha stimolato l’orgoglio ed il senso di appartenenza ad una comunità e ha fatto emergere in lui quella forza interiore nascosta che permette a tutti noi di superare anche le sfide più dure che la vita ci presenta.
In Stronger un uomo diventa il simbolo della speranza e della determinazione di una città ferita. Il film è il racconto in prima persona dell’ignobile atto terroristico avvenuto durante la Maratona di Boston del 2013 e delle sue conseguenze. Tratto dal memoir best-seller del New York Times scritto da Jeff Bauman stesso, il film celebra l’inarrestabile coraggio di un uomo di fronte alle avversità più inimmaginabili. Stronger racconta l’emozionante storia vera di Jeff Bauman, un uomo qualunque, che si è conquistato l’affetto della sua città e del mondo intero, diventando simbolo di speranza, in seguito all’ignobile atto terroristico in cui fu fatta esplodere una bomba durante la Maratona di Boston del 2013. Jake Gyllenhaal interpreta il ruolo di Jeff, l’operaio di 27 anni di Boston, che si trovava come spettatore alla maratona cittadina, con l’obiettivo di riconquistare l’amore della sua ex-ragazza, Erin (Tatiana Maslany). Jeff si trova in prossimità del traguardo quando la bomba esplode e nell’esplosione perde entrambe le gambe. In ospedale, dopo aver ripreso coscienza, Jeff aiuta la polizia a 5 crediti non contrattuali identificare uno degli attentatori. Da qui in poi inizia la sua personale battaglia, durante la quale affronterà mesi di riabilitazione fisica ed emotiva, aiutato dall’incrollabile sostegno di Erin e della sua famiglia. Nel film, Jeff narra in prima persona la sua eroica esperienza che ha messo a dura prova lui e la sua famiglia, suscitando un profondo senso di orgoglio in tutta la comunità di Boston, e spingendolo a trovare il coraggio di superare le avversità più devastanti. Stronger è un film denso di emozioni, di umanità e di humour che racconta la vera storia di un uomo che è diventato l’incarnazione vivente della “Forza di Boston”.
Ma come e dove nasce l’idea di questo film?
Maratona di Boston del 2013, Jeff Bauman si trova in prossimità del traguardo e di certo non immagina che di lì a poco diventerà un eroe. La sua vita cambia istantaneamente quando due bombe fabbricate in casa esplodono a pochi metri da lui. Un fotografo di passaggio scatta una foto del momento in cui Jeff viene soccorso. La parte inferiore di entrambe le sue gambe non esiste più. Quell’immagine fa il giro del mondo e Jeff improvvisamente si trasforma nell’uomo simbolo di quella tragedia. Todd Lieberman della Mandeville Films venne a sapere della storia di Jeff da un suo collega che aveva convinto Jeff a scrivere un memoir. Il produttore era alla ricerca di una nuova sceneggiatura e desiderava trovare una storia tanto stimolante quanto appassionante. “Le storie in grado di suscitare un senso di esaltazione negli spettatori sono difficili da trovare” racconta Lieberman. “Ma poi venni a sapere di Jeff. Era esattamente ciò che stavo cercando”. All’epoca, Bauman si trovava ancora all’inizio del suo percorso di guarigione ed era comprensibilmente restio a rivivere l’orrore che stava faticosamente cercando di lasciarsi alle spalle. Lieberman fu onesto con lui: “Gli dissi che avremmo analizzato tutta la sua vita. Avremmo messo la sua vulnerabilità e il suo dolore sotto una lente d’ingrandimento. Il film avrebbe descritto in maniera realistica il suo trauma, le sue emozioni e tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare. Se non avesse avuto voglia di farlo lo avrei compreso”. Ma alla fine Bauman decise di scrivere il libro, anch’esso intitolato Stronger, e accettò di venderne i diritti alla società di Lieberman. Il produttore aveva già in mente lo sceneggiatore adatto per questo progetto: John Pollono, un drammaturgo di successo cresciuto a Londonderry, nel New Hampshire, che perciò aveva un’esperienza diretta dell’ambiente, della cultura e delle emozioni vissute da Jeff. John nei suoi libri aveva descritto la vita di quei luoghi con una sensibilità cruda e uno humour ironico. “Il suo libro era pieno di cose bellissime” racconta Pollono. “Più andavo avanti nella lettura, più trovavo elementi interessanti da poter usare nel film. Mi attirava il fatto che fosse la storia di un uomo comune, che lavorasse nel reparto di gastronomia di Costco e che non fosse un atleta, per esempio. Purtroppo, gli capita di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Questo mi ha fatto riflettere su cosa avrei fatto al posto suo”. 6 crediti non contrattuali “John ha scritto una sceneggiatura eccezionale” dichiara il regista. “I dialoghi sono davvero autentici e gradevoli. Il romanzo era al secondo posto della Hollywood Blacklist, quell’anno.” Pollono ha impiegato molti mesi per rifinire la sceneggiatura, confrontandosi con Bauman quanto più possibile. Pollono ci tiene a sottolineare che non è un film sul terrorismo, bensì è la storia di un uomo e di tutto quello che ha dovuto affrontare per riprendersi la sua vita. “Volevamo capire come un uomo potesse riuscire a trovare un senso in questa tragedia senza cadere nella depressione più profonda” spiega. “C’è una tendenza verso l’umorismo macabro che è tipica di Boston e di tutto il New England. Siamo dei combattenti e ne siamo orgogliosi, quindi anche il film doveva contenere questo particolare humor, che è tipico di questa zona”.

L’impresa successiva, a questo punto, era riuscire a trovare un regista in grado di portare sul grande schermo il delicato equilibrio che c’è nella sceneggiatura tra speranza e disperazione. “Era questa la sfida” dice Lieberman. “È una storia profondamente drammatica, ma dovevamo riuscire a trovare delle valvole di sfogo, per far sì che non risultasse troppo scioccante. Quindi serviva un regista in grado di capire che il modo migliore per sopravvivere a una tragedia è il senso dell’umorismo. Ed è grazie a questo humour che Jeff e i suoi familiari sono riusciti a superare la tragedia.” David Gordon Green è famoso per essere un regista assai versatile, ha diretto film di generi molti diversi, dall’oltraggiosa commedia, Strafumati, al pluripremiato dramma, George Washington. E Lieberman riteneva che fosse perfetto per questo progetto. Ogni pezzo di questo grande puzzle è andato al suo posto nel momento in cui è arrivata una telefonata da parte di Jake Gyllenhaal, nella quale ci ha detto di essere interessato al ruolo di Jeff Bauman. Era anche interessato a produrre il film, che sarebbe stato il primo mai prodotto dalla sua nuova società di produzione, Nine Stories Productions. Una volta trovato il protagonista, il regista si è recato a Chelmsford, nel Massachusetts, per andare a conoscere Bauman e la sua città. Chelmsford è una cittadina del New England di 34.000 abitanti. Green ricorda di essere stato presente durante un momento particolarmente toccante nella vita dei Bauman. “Eravamo con la figlia di Jeff quando ha mosso i suoi primi passi” racconta il regista. “È stato toccante vedere quest’uomo, che sta ancora imparando a camminare da solo, che improvvisamente vede sua figlia camminare.” Anche dopo l’inizio delle riprese Bauman ha continuato a essere una fonte d’ispirazione per la produzione. Anche se ha rifiutato di andare sul set è stato sempre disponibile per dare il suo punto di vista, come racconta Lieberman. “John cercava sempre di aggiungere degli elementi reali della vita di Jeff e della sua famiglia” spiega il produttore. “A Jeff faceva piacere che la sua storia fosse raccontata, ma non aveva voglia di riviverla. Non posso neanche immaginare quanto sia stato difficile per tutti loro”.
Per Jake Gyllenhaal riuscire a trovare l’essenza del suo personaggio è stato un processo lungo e meticoloso. L’attore era determinato a rendere omaggio alla straordinaria perseveranza di Bauman, senza fargli perdere la sua umanità e vulnerabilità. Purtroppo, l’innato stoicismo di Bauman spesso gli ha reso difficile il compito. “È tipico dei cittadini di Boston, soprattutto degli uomini: si tengono tutto dentro” spiega Gyllenhaal. “È stato difficile convincere Jeff a parlare dei suoi sentimenti. Non voleva nascondere nulla, è semplicemente fatto così. Quindi ho dovuto cercare di capirlo attraverso il suo atteggiamento non-verbale o dal suo approccio nei confronti di certi temi.” I due si sono incontrati diverse volte, prima e durante le riprese. “Ho parlato a lungo con lui prima delle riprese” spiega Gyllenhaal. “Anche durante le riprese gli scrivevo dei messaggi”. Per gran parte del film, vediamo Bauman alle prese con la fisioterapia e mentre impara a camminare di nuovo; quando Gyllenhaal l’ha conosciuto era già autosufficiente, grazie alle sofisticate protesi che sono state realizzate per lui. “È stato molto utile trascorrere del tempo con Bauman e con tutta la sua famiglia” dice Gyllenhaal. “Sono tutti molto uniti e sono delle persone davvero forti. È stato affascinante vedere quanto si sostengono a vicenda. Non passa giorno in cui Jeff non veda o non parli con la sua famiglia”. Secondo Lieberman, Gyllenhaal cattura con grande abilità tutte le contraddizioni di Jeff senza scadere mai in una mera imitazione. “Jake è uno degli attori più versatili della sua generazione”, afferma il produttore. “È simpatico e sensibile ma è anche capace di scivolare nei luoghi più oscuri dell’anima. La sua interpretazione di Jeff è a metà tra una sorta di ‘anima della festa’ e ‘un adolescente il cui sviluppo si è improvvisamente bloccato’; riesce a passare con grande semplicità dalla felicità alla tristezza. Jake ha trascorso moltissimo tempo insieme a Jeff e ad altre persone a cui sono stati amputati entrambi gli arti e da loro ha imparato come muoversi in modo realistico. Jake si è impegnato moltissimo in questo film. L’entusiasmo di Gyllenhaal e il suo impegno sono stati fonte d’ispirazione per tutti sul set. Non si è mai tirato indietro, neanche di fronte alle difficoltà più grandi. Jake è letteralmente entrato nella testa di questa persona che ha vissuto un’esperienza straziante. Attraverso la sua interpretazione è riuscito a rievocare tutto il dolore che Jeff ha vissuto. È stato davvero incredibile”. L’attore racconta di essersi spesso chiesto cosa avrebbe fatto se fosse stato Jeff. “Non importa quanto cercassi di comprendere cosa stesse attraversando, a volte mi sembrava di sbattere contro un muro. Credo che non sarei mai sopravvissuto a quello che gli è successo”.
Una storia vera, un libro ed un film di 119 minuti tutti da seguire.




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