La Storia di San Gabriele dell’Addolorata

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San Gabriele dell’Addolorata – Oggi si festeggia San Gabriele dell’Addolorata un personaggio “speciale” del quale ricorre anche il primo centenario della canonizzazione.

Mi sono “imbattuto” nella storia di San Gabriele dell’Addolorata quasi per caso. Aver avuto il dono del nome “Raffaele” ha sempre impostato la vita di chi vi scrive sull’approfondimento dei temi inerenti gli Arcangeli (Michele, Raffaele e Gabriele), e proprio durante uno di questi approfondimenti ecco la scoperta: con il nome Gabriele c’è la storia di un ragazzo che è giusto conoscere e raccontare.

Gabriele Possenti dell’Addolorata è conosciuto con questi tre appellativi: “Il Santo dei Giovani, Il Santo dei Miracoli, il Santo del Sorriso.

La scelta della vita religiosa per lui fu radicale fin dall’inizio. Aveva trovato finalmente la sua felicità.

Scriveva ai familiari: “ La mia vita è una continua gioia. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita”.

La sua fu una vita semplice, senza grandi gesta, contrassegnata dall’eroicità del quotidiano, che viveva da innamorato del Crocifisso e della Madonna.

San Gabriele è il Santo dei Miracoli, invocato in ogni parte del mondo come potente intercessore presso Dio.

Sulla sua tomba continuano ad accadere numerosi prodigi e sono tanti che raccontano di grazie e guarigioni da lui ottenute. Si contano a migliaia gli “ex voto” portati dai devoti al santuario in segno di riconoscenza.

A San Gabriele è dedicato un santuario che si trova ai piedi del Gran Sasso, nel comune di Isola del Gran Sasso d’Italia, in provincia di Teramo. Il santuario abruzzese comprende 4 strutture principali: il convento, che ospita la sede dei Passionisti, dove nel 1862 morì san Gabriele dell’Addolorata.

Vi suggerisco una bellissima rivista del Santuario a lui dedicata, il mensile di attualità “L’Eco di San Gabriele”.

Visitiamone la storia della sua vita.

 

“La mia vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di gioia“ era solito dire e scrivere.

 

San Gabriele dell’Addolorata è uno dei santi più popolari del mondo. Il suo santuario ai piedi del Gran Sasso d’Italia (Teramo) ogni anno è ambita meta di pellegrinaggio per milioni di devoti. Metà umbro per via del padre avvocato Sante Possenti e metà marchigiano per le origini della mamma Agnese Frisciotti, ogni abruzzese lo ritiene talmente tutto suo che farebbe a pezzettini chiunque osasse avanzare dei dubbi.

 

Nato ad Assisi il 1° marzo 1838, la sera stessa fu battezzato nella cattedrale di San Rufino che sette secoli prima aveva accolto l’illustre concittadino san Francesco. Era quasi inevitabile che ne ereditasse anche il nome. Gabriele infatti è il nome d’arte scelto al momento di farsi religioso, ma all’anagrafe è registrato Francesco Possenti, Checchino per familiari e amici.

 

Ben presto conosce l’asprezza del vivere perché a quattro anni è già orfano di madre.

 

Nel frattempo il padre, integerrimo governatore dello stato pontificio, ha già lasciato Assisi e si è trasferito con tutta la patriarcale famiglia nella prestigiosa sede di Spoleto (Perugia) dove Gabriele trascorre l’infanzia e l’adolescenza fino a diciotto anni.

 

Cresce volitivo e vivace scorrazzando con i fratelli per le ampie sale del palazzo finché non va a spiaccicarsi il nasino contro una porta.

Impara a pregare, ma non manca di dare anche qualche grattacapo al padre che a stento riesce a frenarne l’esuberanza. Si dimostra sensibile soprattutto con i poveri ai quali non esita ad allungare la merendina o l’intero marsupio scucito al padre. Primeggia a scuola per intelligenza, diventa leader di tutte le imprese goliardiche coinvolgendo negli scherzi anche i professori che nelle recite gli affidano sempre il ruolo del protagonista.

 

Frequenta salotti, teatro e jet set sempre attillato all’ultima moda. Viene soprannominato il ballerino o il damerino elegante. Però non scende mai a compromessi morali, non tollera intrallazzi o scostumatezze, di fronte alle avances di un balordo fa roteare per aria un coltellaccio a serramanico. Sotto l’elegante abbigliamento qualche volta cinge il cilicio, è capace di passare dal teatro alla chiesa.

 

Naturalmente anche per lui arriva il tempo delle mele. Bello e seducente, è tampinato soprattutto dalla figlia dell’avvocato Pennacchietti e Gabriele non pare insensibile alle sue attenzioni. Però ogni tanto si ritrova incasinato perché un campanello d’allarme gli ricorda che la vita non è tutta rose e fiori. Gli eventi stanno precipitando, sorella morte sta sgretolando la numerosa famiglia con ricorrenti lutti.

 

Gabriele sussulta e finisce quasi per smarrire le coordinate. Qui ci vuole un monitoraggio. Torna a mulinare con insistenza per la testa un vecchio progetto, quello di consacrarsi totalmente a Dio nella vita religiosa. Una promessa già fatta la prima volta a dodici anni nel delirio di un febbrone e rinnovata di fronte ad ogni pericolo, scongiurato il quale la routine aveva sempre ripreso il sopravvento.

 

A rompere gli indugi si incarica la Madonna stessa durante la processione della sacra icona per le vie di Spoleto.

E’ il 22 agosto 1856 e Gabriele, in ginocchio tra la folla, avverte che l’immagine si anima, gli occhi della Madonna diventano lame scintillanti e una voce risuona chiarissima nel cuore: “Ancora non capisci che questa vita non è fatta per te? Segui la tua vocazione“. Colpo fatale che mette fine a tutti i tentennamenti. Superando inenarrabili difficoltà, quindici giorni dopo è già nel noviziato dei passionisti a Morrovalle, in provincia di Macerata. Nessuno riuscì a trattenerlo. E da quell’istante fu tutta una corsa, una volata da internauta verso la meta.

 

Ha diciotto anni e mezzo. La scelta della vita religiosa è radicale e irrevocabile. Bacia piangendo di commozione la nuova veste scura e ruvida, uno schiaffo al look del damerino che si pavoneggiava per le vie di Spoleto.

Ha trovato finalmente la sua felicità. Ne informa ripetutamente i familiari: “La mia vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di gioia“.

 

Papa Giovanni Paolo II durante la sua visita al santuario nel 1985 confermò che “la gioia cristiana è la nota caratteristica di san Gabriele“.

 

Le tappe della santità senza gesta clamorose, con una vita semplice contrassegnata dall’eroicità nel quotidiano e struggente devozione alla Madonna Addolorata. Vuole strappare dal cuore ogni minuzia che non palpita esclusivamente per il Signore. Il suo direttore spirituale, il venerabile Norberto Cassinelli, potrà affermare: “Questo ragazzo ha lavorato con il cuore“.

 

Passa gli ultimi due anni e mezzo sempre ritirato nel conventino sperduto ai piedi del Gran Sasso tra ascensioni spirituali e lavorio interiore le cui profondità sono note unicamente a Dio.

Solo qualche sortita all’aria aperta tanto per illudere i polmoni già minati dalla tubercolosi, il male sottile che presto lo condurrà alla tomba. Ma per lui è una festa e si lancia verso il rush finale invocando la Madonna: “Mamma mia, fa’ presto“.

 

Così la mattina del 27 febbraio 1862, al sorgere del sole, con il volto trasognato e gli occhi sfavillanti che trafiggono un punto fisso sulla parete sinistra, senza agonia sorride alla Madonna che viene a incontrarlo. Ha 24 anni, ancora studente in attesa dell’ordinazione sacerdotale. Ma ha già varcato la soglia per celebrare la messa perenne nel rutilante spettacolo dell’eternità in Dio.

 

La sua fama cominciò nel 1892 quando a trent’anni dalla morte si verificarono i primi strepitosi miracoli tra la gente accorsa in massa alla ricognizione delle spoglie.

 

Beatificato da san Pio X nel 1908, fu proclamato santo da Benedetto XV nel 1920 alla presenza di oltre quaranta cardinali, trecento vescovi e un’incalcolabile moltitudine convenuta da ogni parte del mondo. Nel 1926 Pio XI lo dichiara compatrono della gioventù cattolica italiana e nel 1959 il beato Giovanni XXIII lo proclama patrono principale d’Abruzzo.

 

Oggi numerosi pellegrini affolleranno il santuario in occasione della festa di San Gabriele dell’Addolorata. La chiesa universale in questo giorno ricorda la morte del giovane santo, avvenuta nel convento di Isola del Gran Sasso (Teramo) all’alba del 27 febbraio 1862.

 

Pellegrinaggi organizzati arriveranno in particolare da Abruzzo, Molise, Puglia.

 

La giornata, che avrà solo carattere religioso, inizierà alle 6.30 del mattino con la celebrazione del transito di San Gabriele presieduta da monsignor Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri, che poi, alle ore 7, celebrerà una Santa Messa.

 

Alle ore 11 la solenne celebrazione eucaristica sarà presieduta da padre Joachim Rego, Superiore generale dei Passionisti. Nel pomeriggio la messa delle ore 18 sarà animata dalle parrocchie della forania di Isola del Gran Sasso.

 

La festa liturgica di San Gabriele segna, come ogni anno, l’inizio dei grandi pellegrinaggi al santuario, uno più frequentati in Europa, con circa 2 milioni di presenze annue.

 

In questo anno (Coronavirus permettendo), è facile prevedere un aumento di pellegrini, visto che il 17 maggio 2020 inizieranno le celebrazioni per il primo centenario della canonizzazione di San Gabriele.

 

La devozione al santo dei giovani non conosce confini. Sono centinaia nel mondo le chiese a lui dedicate.

Feste in onore di San Gabriele si celebrano ogni anno in molte parrocchie italiane e in

varie nazioni, soprattutto in quelle dove è più forte la presenza di emigrati abruzzesi (in Australia, Canada, Usa, Venezuela, Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Panama, Belgio).

 

Feste in onore del santo vengono celebrate anche nelle nazioni dove sono presenti i passionisti, in particolare in Spagna, Portogallo, Polonia, Indonesia, Corea del Sud, Giappone, Filippine, Vietnam.

 

In Italia San Gabriele dell’Addolorata conta 22 chiese parrocchiali a lui intitolate, di cui 8 in Abruzzo. Ci sono inoltre numerose cappelline, edicole dedicate al santo, sparse in varie regioni

italiane.

 

Il 27 febbraio al santuario, come in altre parrocchie italiane, saranno soprattutto i giovani a onorare il santo protettore. Altri giovani festeggeranno il loro santo ai primi di marzo. Infatti,

migliaia di studenti delle scuole superiori abruzzesi e marchigiane si raduneranno al santuario lunedì 9 marzo 2020 per la festa dei 100 giorni agli esami di maturità.

 

Il 30 giugno 1985 Papa Giovanni Paolo II compie una storica visita al santuario, durante la quale incontra i giovani d’Abruzzo e inaugura la cripta del santo e la Cappella della riconciliazione. Giovanni Paolo II così parlò in mondovisione: “Questo suggestivo santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, che con la sua ardita impennata invita non solo a compiere escursioni turistiche, ma anche ascensioni spirituali”.

 

Il 22 febbraio 1997 il card. Joseph Ratzinger (poi Papa Benedetto XVI) soggiorna al santuario per benedire le nozze di due giovani.

 

Il 26 febbraio 2014 Papa Francesco, durante l’udienza in Piazza San Pietro propone ai fedeli l’esempio di San Gabriele: “Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani celebreremo la memoria di san Gabriele dell’Addolorata: il suo esempio aiuti voi, cari giovani, ad essere entusiasti discepoli di Gesù; incoraggi voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Cristo; e sproni voi, cari sposi novelli, a fare del Vangelo la regola fondamentale della vita coniugale”.

 

 

 

Il santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso, in provincia di Teramo, è tra i più conosciuti in Italia e in Europa. Una classifica vaticana lo colloca tra i quindici santuari più frequentati del mondo. Due milioni di pellegrini vi arrivano ogni anno per pregare sulla tomba del giovane studente passionista San Gabriele dell’Addolorata.

 

La sua fama non conosce confini. Sono almeno un migliaio le chiese a lui dedicate nei vari continenti. Un casello autostradale, ponti, viadotti, piazze, parcheggi, strade, palestre, scuole, ospedali, negozi, associazioni portano il suo nome. Migliaia di persone nel mondo si chiamano Gabriele o Gabriella in suo onore. Un santo che attira ogni anno milioni di pellegrini, affascinati dalla sua vita e richiamati dai numerosi miracoli che Dio continua ad operare per sua intercessione.

 

A causa del continuo aumento del flusso dei pellegrini, il 26 febbraio 1970, sotto la direzione dell’ingegnere Rino Rossi di Bologna, fu iniziata la costruzione di una nuova, grandiosa basilica dedicata al santo, dopo quella innalzata nel 1908. I progetti furono elaborati dagli “Studi Associati Buttura-Massoni” di Milano negli anni ’60, durante il Concilio Vaticano II. I lavori furono affidati prima all’impresa di costruzioni B. Di Pietro e C. di Roma e poi alla ditta Valerii di Teramo (TE).

 

Nelle intenzioni dei professionisti milanesi si trattava di “Un progetto semplice e felice, come semplici e felici furono i giorni del giovane San Gabriele dell’Addolorata, come i luoghi dei suoi ultimi anni: il paesaggio fatto di sentieri, di verde e i bianchi grigi che azzurrano, in alto, la corona del Gran Sasso. Il santuario vuole esser un’isola di serenità nella serenità di questi luoghi, un grande giardino, un modo per stare insieme, una collina che sale lenta, a gradoni, quasi un invito per una passeggiata tra il verde, una passeggiata che concorre e ripropone il luogo della preghiera. La semplicità dell’opera è concretizzata dalla verità e dalla semplicità dei materiali: le strutture di cemento e ferro, libere e forti, per ricoprire le zone della preghiera: un manto di umiltà, impreziosito dal verde, dalla luce del cielo, dal disegno delle montagne. La struttura è considerata solo come un manto per proteggere la voce della preghiera. Un’opera destinata all’uomo di oggi e ancora più a quello di domani, perché nel silenzio e nella serenità l’uomo possa riaprire un colloquio con se stesso e con Dio per darsi ragione dei suoi giorni, per amare e credere ancora”.

 

Il nuovo santuario (a forma di croce greca), lungo 90 metri e largo 30, è stato realizzato in cemento bianco, vetro e acciaio cor-ten. D’ispirazione ecumenica, la nuova basilica protende le braccia ai quattro punti cardinali e nella cupola richiama la sagoma di una grande tenda.

 

La nuova basilica può contenere 10 mila persone, di cui 6 mila nelle navate. E’ uno dei santuari moderni italiani più grandi, dopo quello di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e quello della  Madonna delle lacrime a Siracusa.

 

Agli angoli delle quattro navate sono stati ricavati ampi spazi per il servizio ai pellegrini: moderna cappella della riconciliazione, cappella per benedizioni, sala congressi, sale per mostre e sale per gruppi. Un ampio porticato accoglie i pellegrini all’ingresso sud-est della basilica.

 

Gli interventi di adeguamento liturgico (dal 1983 al 2000) sono stati progettati dall’architetto Eugenio Abruzzini di Roma, mentre le prime opere artistiche (vetrate, mosaici, bronzi) sono state realizzate dall’artista cappuccino Ugolino da Belluno.

 

Nella parete di fondo della navata nord risalta la grande vetrata del Cristo-luce del mondo. A sinistra, sul mosaico a tutta parete l’artista ha riprodotto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci; sulla destra campeggia la Vite mistica, al cui centro è inserito il tabernacolo, come un cuore gigantesco in bronzo dorato.

 

Al centro della basilica è collocato il grande presbiterio sopraelevato. Agli angoli delle quattro navate sei scalinate immettono alla cripta del santo, progettata dall’architetto Abruzzini, che fu solennemente benedetta da Papa Giovanni Paolo II, in visita al santuario, il 30 giugno 1985.

 

Entrando dal portale principale a sud, si accede, sulla destra, alla Cappella della riconciliazione, progettata dall’architetto Abruzzini, ampio locale con 30 moderni confessionali a disposizione dei pellegrini. A sinistra dell’atrio di ingresso la grande vetrata istoriata dai colori policromi, che racconta in tre tempi la parabola del figliol prodigo. Sulla parte di fondo della cappella risalta il grandioso mosaico del Mistero pasquale. Le due opere d’arte sono state realizzate dall’artista frate cappuccino Ugolino da Bellluno.

 

Nel 1991 viene realizzato, su progetto dell’architetto Abruzzini, il pavimento in granito rosa Porrino, grigio Gallura, rosso vivo, bianco e grigio scuro Labrador azzurro dell’aula liturgica e lo stupendo presbiterio dal prezioso pavimento cosmatesco (donato dalla famiglia Di Sabatino di Teramo), su cui spiccano l’altare e l’ambone, in marmo bianco Cristal jugoslavo. Nel 1997 vengono realizzati i banchi in legno di rovere, su progetto dell’architetto Abruzzini.

 

Il Portale centrale del santuario, in acciaio, vetro istoriato e cosmati, è stato realizzato nel 2004 dall’artista Guido Strazza di Roma. La via crucis in ceramica è stata realizzata nel 2008 dall’artista Nino Di Simone di Castelli (Teramo). Nel 2008 sono state realizzate, sempre dall’artista Di Simone, due pale a fianco del presbiterio. Le pale (ognuna misura metri 5,20×6), una dedicata alla Risurrezione e l’altra alla Crocifissione, sono state modellate in ceramica.

 

Nel 2012 il nuovo santuario si è arricchito di 2 organi a canne. Il primo organo elettronico a canne, dono di una famiglia di Montesilvano (PE), realizzato dalla ditta Augusto Bevilacqua di Bugnara (AQ), è stato collocato nella navata feriale. Si compone di una consolle elettronica a tre tastiere, con 5 registri per un totale di 158 canne.

 

Il secondo grandioso organo a canne Opus 737, in legno di rovere e canne in stagno e rame, tra cui 100 trombe, è stato costruito nel 1961 dalla ditta tedesca Späth. E’ stato assemblato, rinnovato e ampliato nel 2012 dalla ditta Anselmi Tamburini di Asciano (SI). L’organo è a trasmissione elettrica, è composto da 49 registri, da una consolle elettronica a tre tastiere e dispone di 3.200 canne.

 

La costruzione del nuovo santuario è durata più di un quarantennio. Non è stato facile portare avanti una simile gigantesca e costosa opera, ma grazie all’impegno economico del santuario, al contributo di numerosissimi devoti di San Gabriele (tra i quali spiccano per generosità le varie associazioni di emigrati sparse in tutti i continenti), degli abbonati a L’Eco (l’amministrazione della rivista raccolse i primi fondi per la costruzione), di alcuni grandi benefattori e di qualche ente pubblico, si è arrivati alla conclusione, pressoché totale, della costruzione del nuovo santuario.

 

Molti di coloro che negli anni Sessanta si chiedevano perplessi a cosa sarebbe servita una così gigantesca costruzione, visto che già si intravvedevano i segni di quella crisi religiosa che avrebbe portato a svuotare le chiese e alla secolarizzazione, si sono dovuti presto ricredere. Vedere il nuovo santuario affollato in quasi tutti i periodi dell’anno, e in più occasioni pieno come un uovo, induce anche i più scettici alla riflessione e dimostra che i progettisti avevano ragione, quando si auguravano di creare “un’opera destinata all’uomo di oggi e ancora più a quello di domani, perché nel silenzio e nella serenità l’uomo possa riaprire un colloquio con se stesso e con Dio per darsi ragione dei suoi giorni, per amare e credere ancora”.

 

 




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