San Francesco – In occasione del 4 Ottobre, giornata dedicata a San Francesco d’Assisi, fra Emiliano Antenucci ci dona una sua attenta riflessione sul ‘poverello d’Assisi”, “Il giullare di Dio”.
Francesco aveva come letto la nuda terra e come tetto il cielo stellato, fratello universale, santo
stigmatizzato e crocifisso dall’ardente Amore di Dio, pazzo di Dio e scandalo per la società
medievale ben ordinata nei suoi schemi. Francesco d’Assisi abbraccia il lupo e gioca con l’agnello,
voleva i suoi frati semplici come le colombe e liberi come le allodole. Francesco, poverello d’Assisi,
un altro Cristo sulla terra, certamente irraggiungibile per la sua santità, ma oggi c’insegna tante
cose. Prendo dalla sua grande spiritualità quattro valori fondamentali: la preghiera, la libertà, la
pace, i poveri.
1. LA PREGHIERA
Tommaso da Celano definisce il santo cosi:“Non era tanto un uomo che prega, quanto
piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente”. Tutta la notte il Serafico Padre
pregava e il giorno stava in mezzo alla gente. La vita francescana è contempl-attiva, come
usava dire Mons. Tonino Bello, perché solo avendo questi due pilastri della preghiera e della
carità, possiamo riparare la casa di Dio che è la chiesa.
2. LA LIBERTA’
San Francesco, come papa Francesco, è un uomo autentico e libero. E’ difficile trovare
persone libere sopratutto interiormente. Francesco è libero dalle strutture, dai ruoli, dai soldi,
dalle donne, dalla vanità dei vestiti, dalla superbia del comando, dal giudizio temerario,
dalla tristezza, dalla vendetta verso i nemici, dall’amore smisurato della sua personalità.
Papa Francesco agli scout d’Europa parla cosi: “”La libertà si conquista in cammino. Non si
compra nel supermercato. La libertà non arriva stando chiusi in stanza col telefonino e
nemmeno sballandosi un po’ per evadere dalla realtà. No! La libertà arriva in cammino,
passo dopo passo, insieme agli altri, mai soli”. La libertà va insieme alla responsabilità e alla
fraternità.
3. LA PACE
Papa Francesco nell’omelia nel suo viaggio ad Assisi descrive questo concetto chiaramente:
“La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non
esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche
questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno
costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo
“giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv
13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con
superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore. Ci rivolgiamo a te,
Francesco, e ti chiediamo: insegnaci ad essere “strumenti della pace”, della pace che ha la
sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù”.
4. I POVERI
San Francesco sposa Madonna Povertà e con i suoi occhi vede il mondo e tutte le persone
che incontra diversamente. Non c’è solo una povertà materiale, ma spirituale, morale,
affettiva. Siamo chiamati a stare vicino a tutti questi poveri, perché davanti a Dio siamo tutti
poveri, ma profondamente amati da Dio.
Francesco, il giullare di Dio, è stato un grande profeta di Dio, facciamo nostra la preghiera di papa
Francesco affinché Dio mandi nuovi profeti: “La nostra preghiera in questi giorni, nei quali ci
prepariamo al Natale del Signore, sia: ‘Signore, che non manchino i profeti nel tuo popolo!’. Tutti
noi battezzati siamo profeti. ‘Signore, che non dimentichiamo la tua promessa! Che non ci
stanchiamo di andare avanti! Che non ci chiudiamo nelle legalità che chiudono le porte! Signore,
libera il tuo popolo dalla spirito del clericalismo e aiutalo con lo spirito di profezia”.
LA VITA di SAN FRANCESCO
San Francesco nacque ad Assisi nel 1182, da Pietro di Bernardone, ricco mercante di stoffe preziose, e da Madonna Pica; la madre gli mise nome Giovanni; ma, tornato il padre dal suo viaggio in Francia, cominciò a chiamare il figlio Francesco (FF1395). Prima della conversione il giovane Francesco fu partecipe della cultura “cortese–cavalleresca” del proprio secolo e delle ambizioni del proprio ceto sociale (la nascente borghesia).
Nel 1202, tra le fila degli homines populi, prese parte allo scontro di Collestrada con i perugini e i boni homines fuoriusciti assisani: Francesco fu catturato con molti suoi concittadini e condotto prigioniero a Perugia…Dopo un anno, tra Perugia e Assisi fu conclusa la pace, e Francesco rimpatriò insieme ai compagni di prigionia (FF 1398).
Decide allora di realizzare la sua aspirazione a diventare miles (cavaliere) e nel 1205 si unisce al conte Gentile, che partiva per la Puglia, onde essere da lui creato cavaliere (FF 1491). È a questo punto della vita di Francesco che iniziano i segni premonitori di un destino diverso da quello che lui aveva sognato. In viaggio verso la Puglia, giunto a Spoleto, a notte fatta si stese per dormire. E nel dormiveglia udì una voce interrogarlo: «Chi può meglio trattarti: il Signore o il servo?». Rispose: «Il Signore». Replicò la voce: «E allora perché abbandoni il Signore per il servo?» (FF 1492). L’indomani Francesco torna ad Assisi aspettando che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà (FF 1401).
Trascorre circa un anno nella solitudine, nella preghiera, nel servizio ai lebbrosi, fino a rinunciare pubblicamente, nel 1206, all’eredità paterna nelle mani del vescovo Guido e assumendo, di conseguenza, la condizione canonica di penitente volontario. Francesco veste l’abito da eremita continuando a dedicarsi all’assistenza dei lebbrosi e al restauro materiale di alcune chiese in rovina del contado assisano dopo che a San Damiano aveva udito nuovamente la voce del Signore dirgli attraverso l’icona del Crocifisso: «Francesco va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (FF 593).
Nel 1208, attirati dal suo modo di vita, si associano a Francesco i primi compagni e con essi nel 1209 si reca a Roma per chiedere a Innocenzo III l’approvazione della loro forma di vita religiosa. Il Papa concede loro l’autorizzazione a predicare rimandando però a un secondo tempo l’approvazione della Regola: Andate con Dio, fratelli, e come Egli si degnerà ispirarvi, predicate a tutti la penitenza. Quando il Signore onnipotente vi farà crescere in numero e grazia, ritornerete lieti a dirmelo, ed io vi concederò con più sicurezza altri favori e uffici più importanti (FF 375).
Spinto dal desiderio di testimoniare Cristo nei paesi musulmani, Francesco tenta più volte di recarvisi. Finalmente nel 1219 raggiunge Damietta, in Egitto, dove, durante una tregua nei combattimenti della quinta crociata, viene ricevuto e protetto in persona dal Sultano al-Malik al-Kamil.
Il 30 maggio 1221 si radunò in Assisi il capitolo detto “delle stuoie” al quale partecipò un numero davvero rilevante di frati (dai 3000 ai 5000), si discusse il testo di una Regola da sottoporre all’approvazione della Curia romana e fu nominato frate Elia vicario generale al posto di Pietro Cattani, morto il 10 marzo di quell’anno.
La Regola (conosciuta come “Regola non bollata”) discussa e approvata dal capitolo del 1221 fu respinta dalla Curia romana perché troppo lunga e di carattere scarsamente giuridico. Dopo un processo di revisione del testo, al quale collaborò il cardinale Ugolino d’Ostia (il futuro papa Gregorio IX), il 29 novembre 1223 finalmente Onorio III approva con la bolla Solet annuere la Regola dell’Ordine dei Frati Minori (detta “Regola bollata”).
Durante la notte di Natale del 1223, a Greccio, Francesco volle rievocare la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione vivente di quell’evento per vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato [il Bambino nato a Betlemme] per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello (FF468). È da questo episodio che ebbe poi origine la tradizione del presepe.
Dopo il capitolo di Pentecoste del 1224 Francesco si ritirò con frate Leone sul monte della Verna per celebrarvi una quaresima in onore di san Michele Arcangelo. Lì, la tradizione dice il 17 settembre, Francesco avrebbe avuto la visione del serafino, al termine della quale nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso (FF 485). L’episodio è confermato dall’annotazione di frate Leone sulla chartula autografa di Francesco (attualmente conservata in un reliquiario presso il Sacro Convento di Assisi): Il beato Francesco, due anni prima della sua morte, fece una quaresima sul monte della Verna…e la mano di Dio fu su di lui mediante la visione del serafino e l’impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo (FF p. 176 nota).
Nell’ultimo biennio di vita di Francesco si colloca anche la composizione del Cantico di frate sole (o Cantico delle creature). Sono anni questi in cui Francesco è sempre più tribolato dalla malattia (soffriva di gravi disturbi al fegato e di un tracoma agli occhi). Quando le sue condizioni si aggravarono in maniera definitiva Francesco fu riportato alla Porziuncola, dove morì nella notte fra il 3 e il 4 ottobre 1226. Il giorno seguente il suo corpo, dopo una sosta presso San Damiano, fu portato in Assisi e venne sepolto nella chiesa di San Giorgio.
Frate Francesco d’Assisi fu canonizzato il 19 luglio 1228 da Papa Gregorio IX. Il 25 maggio 1230 la sua salma fu infine trasferita dalla chiesa di San Giorgio e tumulata nell’attuale Basilica di San Francesco fatta costruire celermente da frate Elia su incarico di Gregorio IX tra il 1228 e il 1230.