21 Luglio 2008: arrestato Karadžić

382

Karadžić – Chi è davvero Radovan Karadžić? Al momento della divisione della Jugoslavia divenne il primo presidente della Repubblica Serba di Bosnia (o Repubblica Srpska), una delle due entità che compongono la Bosnia-Erzegovina. Allo scoppio del conflitto divenne quindi il comandante in capo delle tuppe serbe del paese, che sotto la sua guida si macchieranno di terribili violenze contro la popolazione civile non-serba del loro paese.
Dalle prove degli inquirenti risulta evidente e indiscutibile il suo coinvolgimento nelle violenze che queste forze militari e le bande a loro collegate perpetrarono ai danni dei bosniaci musulmani. Karadžić risulta in particolare la mente dietro l’assedio di Sarajevo e le stragi avvenute nell’area controllata dall’ONU ma invasa dall’esercito al suo comando, comprendenti il famoso massacro di Srebrenica in cui morirono oltre 8000 tra uomini e ragazzi.
Finita la guerra, quando si aprì il processo in cui è finalmente stato condannato, fuggì e fece perdere le sue tracce per 13 anni, fino all’arresto nel 21 Luglio 2008 a Belgrado. Fu subito portato a l’Aia dove lo attendeva il processo internazionale fin dal 1995.
Ma ricostruiamo la sua storia.
Karadžić è nato a Petnjica, vicino a Šavnik, nel nord del Montenegro.Il padre Vuko era un calzolaio, mentre la madre Jovanka (nata Jakić) era una contadina che si sposò all’età di vent’anni. Karadžić affermava di essere imparentato con Vuk Stefanović Karadžić (1787-1864), il principale riformatore della lingua serba, ma tale dichiarazione è stata dimostrata falsa. Il padre Vuko fece parte dei cetnici, il gruppo armato monarchico jugoslavo guidato da Draža Mihailović, che combatteva contro la resistenza iugoslava di Tito; il padre venne arrestato sotto il regime di Tito e rimase in carcere per gran parte dell’infanzia del figlio.
Nel 1960 Karadžić si trasferì a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, per intraprendere i suoi studi di psichiatria.. Studiò disturbi nevrotici e depressione presso l’ospedale di Næstved, in Danimarca, nel 1974-1975 e svolse un tirocinio presso la Columbia University di New York. Dopo il suo ritorno in Jugoslavia, lavorò presso l’ospedale del Koševo a Sarajevo. Fu anche un poeta, influenzato dallo scrittore serbo Dobrica Ćosić, che lo incoraggiò ad entrare in politica. Karadžić entrò nel Partito dei Verdi. Durante il suo periodo ecologista disse: «Il bolscevismo è il male, ma il nazionalismo ancora peggio»
Appena dopo la laurea, Karadžić cominciò a lavorare in un centro riabilitativo nella clinica psichiatrica nel principale ospedale di Sarajevo, il Koševo. Secondo alcune testimonianze, spesso, per aumentare le entrate, autorizzava delle finte valutazioni mediche e psicologiche a dipendenti del settore che volevano pensionarsi prima o a criminali che cercavano di evitare delle pene presentandosi come malati mentali. Nel 1983 Karadžić iniziò a lavorare in un ospedale di Belgrado nel quartiere di Voždovac.
Con il socio Momčilo Krajišnik, poi manager dell’azienda mineraria Energoinvest, riuscì ad ottenere un prestito per un fondo di sviluppo agricolo e utilizzò i soldi per costruirsi casa a Pale, un villaggio serbo sopra Sarajevo trasformato in resort sciistico dalla classe dirigente comunista. Il 1º novembre 1984 i due furono arrestati per frode e passarono 11 mesi in prigione prima che l’amico Nikola Koljević riuscisse a farli uscire. A causa della mancanza di prove, Karadžić fu rilasciato e il processo a suo carico fu sospeso. Il processo ricominciò il 26 settembre 1985 e Karadžić fu condannato a tre anni di prigione per appropriazione indebita e frode. Dato che aveva già passato un anno in carcere, Karadžić non scontò il resto della pena.
Secondo lo storico Robert Donia, biografo di Karadžić, prima del 1990 non si manifestò in Karadžić alcuna inclinazione alla violenza, al sadismo o al nazionalismo. Egli appariva stravagante e ambizioso, come dimostrato dalle poesie tormentate, dai movimenti economico-immobiliari e dai metodi impiegati coi suoi pazienti. Eppure Karadžić aveva una famiglia stabile, era indifferente alla politica (tranne una breve partecipazione al movimento universitario nel 1968), ed era ben connesso nella società sarajevese.
Spinto da Dobrica Ćosić, che sarà poi primo presidente della Repubblica Federale della Jugoslavia, e da Jovan Rašković, leader dei serbi di Croazia, Karadžić fu tra i fondatori del Partito Democratico Serbo (Srpska Demokratska Stranka) in Bosnia ed Erzegovina nel 1989. Il partito aveva l’obiettivo di unire i serbi di Bosnia ed i serbi di Croazia alla Serbia in caso di secessione delle repubbliche di Croazia e Bosnia-Erzegovina dalla Federazione Jugoslava.
L’ingresso di Karadžić in politica avvenne, come per altri personaggi coevi, non tanto per coscienza nazionalista quanto per opportunismo. In primis, Karadžić si trovava la strada spianata dall’implosione ideologica del titoismo (ed inizialmente infatti si aggregò agli ecologisti anziché ai nazionalisti). In secondo luogo, Karadžić seppe sfruttare le sue ottime relazioni con gli altri membri del vertice dei nazionalisti serbo-bosniaci, ritrovandosi in breve tempo leader a sorpresa del partito. Infine, in Karadžić risiedeva un certo risentimento anti-sistema e anti-comunista, legato al ricordo della prigionia del padre e della propria stessa incarcerazione per malversazioni immobiliari negli anni ‘80. In questo, egli era simile agli altri due leader dei partiti nazionalisti bosniaci, il bosgnacco Alija Izetbegović e il croato Mate Boban, che avevano anch’essi per ragioni diverse sperimentato le carceri titoiste negli anni ‘70 e ‘80, costruendosi così una credibilità da dissidenti e oppositori del regime.
Nel periodo che prelude alle prime elezioni libere del 1990, Karadžić cavalca il discorso della “rigenerazione nazionale”, facendosi difensore dei diritti dei serbo-bosniaci, presunti vittime dei soprusi e arbitrarietà del titoismo. Ma non attacca le altre comunità nazionali e gli altri partiti nazionalisti, con i quali instaura un dialogo. Rifiuta di candidarsi al parlamento e alla presidenza del paese – forse per reticenza caratteriale o forse perché più interessato a restare dietro le quinte per costruire una partitocrazia etnica costruita attorno al partito-nazione.
Nel corso del 1991, mentre si avvia la disgregazione della Jugoslavia e la Bosnia-Erzegovina è nel caos istituzionale, Karadžić si trasforma da nazionalista moderato in “pianificatore visionario” della guerra e della pulizia etnica, preludio dell’“architetto del genocidio” secondo Robert Donia. Karadžić può contare sul sostegno del serbo Milošević a Belgrado, senza tuttavia esserne succube, e modifica radicalmente il suo discorso pubblico per seguire il corso degli eventi e restarne a galla. Egli diventa drastico, apocalittico, minaccioso, ossessivamente legato a missioni identitarie e storiciste. Nell’ottobre 1991, in un famoso discorso al parlamento bosniaco-erzegovese Karadžić evoca la possibile “estinzione del popolo musulmano” lungo l’“autostrada della rovina e della morte”.
È proprio allora, come viene riconosciuto dalla sentenza di primo grado dell’ICTY, che prende forma tra Karadžić e il resto dei vertici del SDS il proposito di compiere pulizia etnica, deportazioni e crimini ai danni della popolazione non serba di Bosnia ed Erzegovina, ancora prima della creazione della Republika Srpska, entità politica che su tali obiettivi politici viene fondata.
Durante il settembre 1991, l’SDS aveva stabilito delle “Regioni Autonome Serbe” (SAO) in Bosnia Erzegovina. Dopo che il Parlamento bosniaco dichiarò l’indipendenza il 15 ottobre 1991, venne fondato a Banja Luka il 24 ottobre un parlamento serbo che rappresentava esclusivamente i serbi di Bosnia ed Erzegovina. Il mese successivo i serbo-bosniaci tennero un referendum da cui emerse che la stragrande maggioranza dei votanti desiderava unirsi in uno stato federale insieme alla Serbia e Montenegro, come membri della Jugoslavia. Nel dicembre del 1991, i leader dell’SDS stilarono un documento top secret intitolato “Per l’attività e l’organizzazione degli organi della popolazione serba in Bosnia Erzegovina in circostanze eccezionali”. Non era altro che un programma centralizzato per la presa di potere in ogni municipalità del paese attraverso la creazione di un governo ombra e di strutture para-governative attraverso delle “crisi di governo” e nel preparare i lealisti serbi a coordinarsi con l’Armata Popolare Jugoslava. Il 9 gennaio 1992, l’Assemblea serbo-bosniaca proclamò la Repubblica del Popolo Serbo di Bosnia Erzegovina
Il 28 febbraio 1992 venne adottata la costituzione della Repubblica del Popolo Serbo di Bosnia Erzegovina e venne dichiarato che il territorio di tale stato includeva le regioni autonome serbe, municipalità e altre entità di etnia serba, così come “tutte le regioni in cui la popolazione serba rappresenta una minoranza a seguito del genocidio della seconda guerra mondiale” e che tale territorio era parte dello stato federale jugoslavo. Tra il 29 febbraio ed il 1º marzo 1992 si tenne il referendum sull’indipendenza della Bosnia Erzegovina della Jugoslavia; molti serbi lo boicottarono mentre vi parteciparono i bosniaci ed i croati che erano a favore dell’indipendenza.
Il 6 ed il 7 aprile 1992, la Bosnia venne riconosciuta Stato indipendente dalla Comunità europea e dagli Stati Uniti d’America. Il Paese fu ammesso all’ONU il 22 maggio dello stesso anno, mentre la Repubblica del Popolo Serbo, alcuni mesi più tardi, fu rinominata Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. Karadžić ne è stato eletto il presidente il 13 maggio 1992. Come tale aveva potere, secondo quanto stabilito dalla Costituzione serbo-bosniaca, sull’esercito sia in tempo di guerra che in quello di pace, aveva l’autorità di fare nomine, di promuovere e di congedare gli ufficiali dell’esercito. Karadžić si presentò tre volte tra il febbraio e marzo 1993 presso la sede dell’ONU di New York per negoziare il futuro della Bosnia.
Andò a Mosca nel 1994 per incontrare gli ufficiali russi e discutere con loro della situazione in Bosnia. Nel 1994 la Chiesa ortodossa greca descrisse Karadžić come “uno dei più illustri figli di nostro signore Gesù Cristo che lavora per la pace” e lo decorò con l’Ordine dei Cavalieri di San Dionisio di Zante. Il patriarca ecumenico Bartholomew dichiarò che “il popolo serbo era stato scelto da Dio per proteggere le frontiere occidentali dell’Ortodossia”.
Venerdi 4 agosto 1995, mentre l’esercito croato era pronto ad attaccare la regione della Krajina, controllata dai serbi di Croazia, Karadžić annunciò la rimozione del generale Ratko Mladić dal suo posto di comando. Sarebbe stato lui stesso ad assumere il ruolo di comandante dell’esercito serbo-bosniaco. Karadžić incolpò Mladić della perdita di due città chiave serbe nella Bosnia occidentale che erano cadute recentemente in mano ai croati. Karadžić utilizzò la perdita delle due città come scusa per giustificare i cambiamenti nella struttura di comando. Il generale Mladić fu retrocesso al grado di “consigliere”. Mladić rifiutò di abbandonare la carica affermando di avere il sostegno dei militari dell’esercito e del popolo. Karadžić tentò di descrivere Mladić come “pazzo” ma il grande supporto popolare nei confronti di Mladić lo costrinse a ritirare la decisione l’11 agosto 1995.
Dal 1996 Karadžić era ricercato per crimini di guerra dal tribunale penale internazionale per i crimini nell’ex Jugoslavia (ICTY). L’Interpol aveva emesso contro di lui un mandato per crimini contro l’umanità, genocidio, gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949 commessi contro non serbi nel suo ruolo di comandante supremo delle forze armate serbo-bosniache e presidente del Consiglio nazionale di sicurezza della Republika Srpska. È accusato dall’ICTY di aver ordinato il genocidio di Srebrenica nel 1995 diretto dai serbo-bosniaci al fine di “creare una situazione insostenibile e di totale insicurezza senza possibilità di sopravvivenza” nell’area dichiarata dall’ONU come “sicura” e di aver ordinato la presa in ostaggio del personale dell’ONU nel periodo maggio-giugno 1995.
Karadžić è stato latitante dal 1996 fino al luglio 2008. Fu emesso un mandato di cattura internazionale eccezionale in base all’articolo 61 del tribunale. Il governo degli Stati Uniti aveva offerto una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura e per quella del generale serbo-bosniaco Ratko Mladić.
Dal 1999 Karadžić fece finta di essere un esperto New Age di medicina alternativa: lavorò in una clinica privata di Belgrado sotto falso nome di Dragan David Dabic, nascondendo il suo volto dietro lunghi capelli e barba bianchi; tenne delle conferenze davanti a centinaia di persone a proposito di medicina alternativa; aveva un sito internet dove offriva assistenza nel trattamento di problemi sessuali e disordini attraverso quella che lui chiamava “energia quantistica umana”.
L’abilità di Karadžić ad evitare la cattura per più di un decennio ha aumentato la stima nei suoi confronti da parte dei soldati serbo-bosniaci. Durante il periodo da fuggiasco, Karadžić è stato aiutato da molte persone, tra cui Bosko Radonjich, e nel 2001 centinaia di sostenitori manifestarono a favore di Karadžić nel suo paese natale. Nel marzo 2003, sua madre Jovanka fece un appello affinché si arrendesse.
Ufficiali britannici prepararono delle azioni militari per catturare Karadžić e altri sospetti e cercarono di fare pressione politica sui governi balcanici.
Nel 2005 i leader serbo-bosniaci lanciarono un appello affinché si arrendesse, giustificando che la Bosnia e la Serbia non sarebbero migliorate dal punto di vista economico e politico fino a quando Karadžić fosse rimasto in libertà. Dopo un raid fallito ai primi di maggio, il 7 luglio 2005 le truppe della Nato arrestarono Aleksandar, il figlio di Karadžić, ma lo rilasciarono dopo 10 giorni.
La BBC riportò che Karadžić era stato avvistato nel 2005 vicino a Foča: nelle vicinanze del parco nazionale Sutjeska.
È stato riportato che Karadžić scampò alla cattura a Vienna nel maggio del 2007, dove viveva con il nome di Peter Glumac. Si presentava come venditore croato di soluzioni alle erbe e unguenti. La polizia austriaca parlò con lui durante un controllo legato ad un omicidio avvenuto nell’area in cui abitava Karadžić. Non venne però riconosciuta la sua vera identità. Aveva ottenuto un passaporto croato e aveva detto di essere a Vienna per un corso.
La polizia non fece altre domande e non gli prese le impronte digitali visto che appariva calmo e rispondeva prontamente alle domande. Dragan Karadžić, suo nipote, dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera che lo zio aveva assistito ad una partita di calcio della Serie A, essendo un fan dei calciatori serbi Siniša Mihajlović e Dejan Stanković, e che aveva visitato Venezia con il nome di Peter Glumac.
l 21 febbraio 2008, nel momento dell’indipendenza del Kosovo, sono stati esposti i suoi ritratti durante la manifestazione “Kosovo è Serbia” a Belgrado.[34]
L’arresto di Radovan Karadžić ebbe luogo a Belgrado il 21 luglio 2008. Sembrerebbe che sia stato tradito da alcuni cittadini grazie alla ricompensa in denaro promessa per la sua cattura. Ciò spiegherebbe perché il governo serbo affermò che la sua polizia (MUP) non c’entrava nulla con l’arresto. Quindi l’ex presidente della Repubblica serba di Bosnia è stato estradato all’Aja dove l’anno dopo è iniziato il processo a suo carico. “Invece di essere accusato – dichiarò l’ex leader serbo-bosniaco – dovrei essere ricompensato per tutte le cose buone fatte. In particolare Karadzic sottolineò di aver fatto ‘’tutto ciò che era umanamente possibile per evitare la guerra e ridurre le sofferenze umane’’ e si è autodefinito un uomo ‘’dolce, tollerante e con una grande capacità di comprendere gli altri’’. Poi ha aggiunto: “Con il passare del tempo, questa verità sarà sempre più forte e le accuse e la propaganda diventeranno sempre più deboli”. Il 20 Marzo 2019 è la siua condanna (40 anni di carcere) è stata commutata all’ergastolo.n




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *