Disabilità – Costruire una società inclusiva che rispetti i diritti delle persone con disabilità, in grado di rispondere ai bisogni individuali e dove non ci sia spazio per discriminazioni. Questo l’obiettivo del Parlamento europeo che, visto il prossimo concludersi della attuale strategia sulla disabilità, ne chiede una nuova, più incisiva, per il post-2020, le cui priorità saranno votate nel corso della plenaria di giugno.
Il Parlamento europeo vuole che l’UE sia in prima linea nella promozione dei diritti delle persone con tali difficoltà. Per questo motivo gli eurodeputati chiedono una “strategia ambiziosa e completa, costruita sul principio di piena inclusione”.
La risoluzione dell’Europarlamento chiede alla Commissione europea di cooperare con le persone con disabilità e le relative organizzazioni per sviluppare una strategia che includa obiettivi chiari e misurabili e un monitoraggio regolare; inoltre si vuole che i diritti delle persone con disabilità siano integrati in tutte le politiche e che ci siano fondi sufficienti per l’attuazione degli obblighi in materia di accessibilità. Gli eurodeputati sottolineano la necessità di garantire uguale accesso a sanità, occupazione, trasporto pubblico e alloggio. Infine chiedono di proporre una definizione europea comune di ‘disabilità’ e di continuare il progetto pilota della tessera europea d’invalidità, che consente il riconoscimento reciproco sullo stato di disabilità in alcuni paesi dell’UE.
Nell’UE ci sono circa 100 milioni di persone con disabilità; il tasso di occupazione delle persone con disabilità di età tra i 20 e i 64 anni è pari al 50,6%, mentre il tasso di occupazione per le persone senza disabilità è del 74,8% (2017).
Il 28,7% delle persone con disabilità nell’UE è a rischio di povertà o esclusione sociale, rispetto al 19,2% di rischio per la popolazione in generale (2018).
Nell’UE 800mila persone con disabilità non hanno il diritto di voto.
La Strategia europea sulla disabilità è stata introdotta per integrare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite, un trattato internazionale sui diritti umani legalmente vincolante, che stabilisce i criteri minimi per la tutela dei diritti delle persone con disabilità.
La Convenzione è stata ratificata dall’UE e da tutti i paesi membri. In base alle proprie competenze, l’UE e gli stati membri devono adempiere agli obblighi della Convenzione.
La strategia europea sulla disabilità ha permesso di avviare alcune iniziative concrete. Tra queste c’è l’Atto europeo sull’accessibilità che assicura l’accessibilità di prodotti e servizi come smartphone, tablet, sportelli bancomat o e-book alle persone con disabilità.
La direttiva sull’accessibilità del web fa in modo che le persone con disabilità abbiano accesso facilitato a dati e servizi online, rendendo obbligatoria l’accessibilità dei siti web e applicazioni mobili gestiti dalle istituzioni del settore pubblico, tra cui ospedali, tribunali e università.
Il programma Erasmus+ promuove la partecipazione di persone con disabilità agli scambi di studio. La Commissione europea intende presentare la proposta della nuova strategia sulla disabilità nel 2021.
Qusti sono i buoni propositi, ma d qui ad ottenere dei risultati concreti la strada resta lunga e piena di ostacoli. L’interesse dell’UE è sempre stato marginale verso tale delicato argomento. Basti pensare che l’Unione europea ha iniziato a occuparsi di disabilità a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, ma solo in maniera marginale, e principalmente mediante strumenti non vincolanti. Quando, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, l’allora Comunità ha però acquisito il potere di
adottare misure volte a combattere le discriminazioni inter alia sulla base della disabilità, le politiche
europee hanno assunto maggiore incisività. La ratifica della ‘Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità’ ha spinto l’Ue ad includere la tutela e promozione dei diritti delle persone con disabilità tra le sue priorità politiche.
Dopo aver dato sinteticamente conto dell’evoluzione storica delle politiche in materia di disabilità,
questo breve contributo si sofferma sulla Convenzione Onu, sui suoi effetti all’interno del diritto dell’Ue alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, e sui più recenti sviluppi dell’azione europea a tutela dei diritti delle persone con disabilità.
Le statistiche disponibili sulla disabilità evidenziano ancora gravi sperequazioni, a partire dal settore del lavoro, con un divario tuttora enorme, e addirittura in crescita, tra il tasso di occupazione delle persone senza disabilità e quello delle persone con disabilità. Oppure si deve fare riferimento al fatto che il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è esattamente del doppio, rispetto a quello della popolazione generale, senza mai dimenticare che la disabilità è sempre un elemento acceleratore di povertà. E la situazione, come spesso ci càpita di scrivere anche su queste pagine, è ancora peggiore per le donne con disabilità, sottoposte a una “discriminazione multipla” o per i bambini con disabilità, “i più vulnerabili tra i vulnerabili”.
Il cambiamento nasce dall’approccio che si sceglie di avere: le persone cosiddette disabili possono essere viste come bisognose di protezione e carità, oppure come cittadini con pari diritti e opportunità, il concetto alla base della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità entrata in vigore nel 2008 e ratificata da 163 stati. In queste nazioni come in altre, le città giocano un ruolo indispensabile nel dare a tutti la possibilità di esercitare la loro libertà e la loro autonomia. Il problema non è il fatto di essere disabili, ma che questo possa essere un limite nell’esprimere a pieno le proprie potenzialità. La soluzione sta nel mettere i bisogni di tutti sullo stesso piano – e se il punto di partenza è diverso, questo vuol dire fare uno sforzo per alzare l’asticella un po’ più del solito.
Entro il 2050, delle 6,25 miliardi di persone nel mondo che vivranno in città, il 15 per cento, 940 milioni, saranno disabili, secondo le stime delle Nazioni Unite. È fondamentale dunque che l’inclusione e l’accessibilità vengano integrate in tutti i processi di pianificazione e gestione degli ambienti urbani visto l’altissimo tasso di urbanizzazione previsto nei prossimi decenni. Un’aspirazione che può sembrare poco realizzabile nel caso di molte città europee concepite e costruite in antichità; pensiamo a centri storici dove le strade sono strette e la pavimentazione irregolare.