Ebola – Come se non bastasse il covid ecco ritornare l’allarme Ebola dall’Africa.
Poche ore fa la Guinea, ha dichiarato che è in corso un’epidemia di ebola, dopo che negli ultimi giorni erano stati scoperti otto contagi. Sono i primi dalla fine della prima epidemia di ebola nel paese, che durò dal 2013 al 2016 e si estese anche ad altri paesi dell’Africa occidentale, provocando migliaia di morti.
Secondo quanto ricostruito dalle autorità locali tutte le persone contagiate avevano partecipato lo scorso primo febbraio a un funerale nel villaggio rurale di Gouéké, nella prefettura sud-orientale di Nzérékoré, vicino al confine con la Liberia e la Costa d’Avorio.
La persona morta era un’infermiera che a fine gennaio aveva mostrato i sintomi tipici dell’ebola, come diarrea, vomito e perdite di sangue. Otto persone che avevano partecipato al suo funerale avevano mostrato a loro volta i sintomi caratteristici della malattia: tre di loro sono morte e altre quattro sono state ricoverate in ospedale.
EBOLA CASI
Riferendosi ai nuovi contagi di ebola, il capo dell’agenzia sanitaria guineana, Sakoba Keita, ha detto che il paese sta affrontando «quattro epidemie allo stesso tempo».
Oltre ai nuovi casi di ebola, infatti, la Guinea stava già gestendo sia la pandemia da coronavirus, sia alcuni focolai di febbre gialla e morbillo. A oggi in Guinea su circa 13 milioni di abitanti sono stati accertati quasi 15mila casi di contagio da coronavirus e 84 morti per cause legate alla COVID-19. Tra le altre cose, Keita ha spiegato che una delle persone che erano state contagiate al funerale era «scappata», ma poi era stata rintracciata e ricoverata a Conakry, la capitale del paese.
Nonostante ciò, Lamah ha dichiarato di sentirsi sereno perché il governo si è attivato subito per avviare i controlli necessari per il tracciamento dei contagi e inoltre è stato previsto un nuovo programma di vaccinazioni, che dovrebbe iniziare già questa settimana proprio dalla prefettura di Nzérékoré.
Limitare la diffusione dei contagi
Lamah ha spiegato che l’obiettivo del governo è limitare la diffusione dei contagi entro sei settimane per evitare che l’epidemia si possa diffondere e coinvolgere anche altri paesi. Secondo Matshidiso Moeti, direttrice regionale dell’OMS in Africa, la Guinea può «contare sull’esperienza e sull’efficacia della gestione della precedente epidemia» di ebola: Moeti ha detto che nel paese sono già al lavoro team di esperti che stanno «tracciando velocemente il percorso del virus» e che sono affiancati dallo staff dell’OMS. Allo stesso tempo, l’OMS ha preso contatto con le autorità della Liberia e della Sierra Leone per raccomandare loro di rafforzare i controlli nelle comunità e nelle strutture sanitarie, e allerterà anche i funzionari di Costa d’Avorio, Mali e Senegal, che sono considerati i paesi più a rischio dopo quelli che si trovano più vicini al nuovo focolaio.
EBOLA IN AFRICA
L’ebola ha provocato migliaia di morti anche in altre aree dell’Africa, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, nell’Africa centrale, dove negli ultimi vent’anni ci sono state undici epidemie causate da questo virus: la più recente aveva provocato 130 contagi e 55 morti ed era terminata nel novembre del 2020.
L’introduzione del virus Ebola in comunità umane avviene attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di animali infetti. In Africa è stata documentata l’infezione a seguito di contatto con scimpanzé, gorilla, pipistrelli della frutta (Pteropodidae), scimmie, antilopi e porcospini trovati malati o morti nella foresta pluviale.
La trasmissione avviene per contatto interumano diretto con organi, sangue e altri fluidi biologici (es saliva, urina, vomito) di soggetti infetti (vivi o morti) e indiretto con ambienti contaminati da tali fluidi.
Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l’elevata probabilità di contatti. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia.
È documentata la trasmissione nosocomiale per contatto diretto tra personale sanitario e pazienti affetti da EVD.
La trasmissione per via sessuale è stata riportata in quattro casi e sospettata in molti altri, per cui l’Oms raccomanda ai soggetti di sesso maschile, convalescenti da EVD, di mantenere più elevati livelli di igiene e avere rapporti sessuali più protetti nei 12 mesi successivi all’inizio dei sintomi della malattia o finché il liquido seminale non risulti per due volte negativo ai test per virus ebola.
Infezioni asintomatiche sono state documentate in uomini adulti in buona salute a contatto con scimmie o maiali infetti da Restv, suggerendo che Restv potrebbe essere meno patogeno per l’uomo rispetto ad altre specie di ebolavirus. Non è noto tuttavia se ciò sia applicabile a tutti i gruppi di popolazione (inclusi immunodepressi, persone affette da patologie croniche, bambini, donne in gravidanza).
L’infezione ha un decorso acuto e non è descritto lo stato di portatore. I soggetti affetti da EVD sono contagiosi fino a quando il virus è presente nel sangue e nelle secrezioni biologiche. È documentata la persistenza a lungo termine di ebolavirus nel liquido seminale dopo l’esordio clinico di EVD.
L’incubazione può andare da 2 a 21 giorni, a cui fa seguito generalmente un esordio acuto caratterizzato da febbre, astenia, mialgie, artralgie e cefalea. Con il progredire della patologia possono comparire astenia profonda, anoressia, diarrea (acquosa talvolta con presenza di muco e sangue), nausea e vomito. Questa prima fase prodromica può durare fino a 10 giorni.
La malattia evolve con la comparsa di segni e sintomi ascrivibili a danni in diversi organi e apparati. Oltre a segni di prostrazione, possono essere presenti segni e sintomi di alterazioni nella funzione epatica e renale, respiratoria, gastrointestinale, del sistema nervoso centrale (cefalea, confusione), vascolare (iniezione congiuntivale/faringea), cutaneo (esantema maculo papuloso).
I fenomeni emorragici, sia cutanei che viscerali, compaiono in oltre la metà dei pazienti affetti da EVD, in genere dopo una settimana dall’esordio. Si può trattare di sanguinamenti a carico del tratto gastrointestinale (ematemesi e melena), petecchie, epistassi, ematuria, emorragie sottocongiuntivali e gengivali, meno-metrorragie. Alcuni pazienti presentano emorragie estese e coagulazione intravasale disseminata (Cid). Nella fase terminale della EVD il quadro clinico è caratterizzato da tachipnea, anuria, shock ipovolemico, sindrome da insufficienza multi-organo.
La letalità, a seconda delle epidemie e delle specie di ebolavirus, varia dal 25% al 90%.
La diagnosi clinica è difficile nei primissimi giorni, a causa dell’aspecificità dei sintomi iniziali. Può essere facilitata dal contesto in cui si verifica il caso (area geografica di insorgenza o di contagio) e dal carattere epidemico della malattia. Anche in caso di semplice sospetto, è opportuno l’isolamento del paziente e la notifica alle autorità sanitarie.
Gli esami di laboratorio per la conferma diagnostica di un’infezione da virus Ebola sono finalizzati alla identificazione del genoma virale, di antigeni virali o di anticorpi contro il virus. Esistono pochi test commerciali disponibili per la diagnosi.
Nella fase prodromica della malattia la conferma di un caso di EVD si può ottenere con l’identificazione degli antigeni virali con metodi immunoenzimatici (Elisa), del genoma virale attraverso la polymerase chain reaction (Pcr) o con l’isolamento del virus attraverso l’inoculazione di campioni di sangue o secrezioni biologiche in colture cellulari. In una fase più avanzata, è possibile effettuare una indagine sierologica per la ricerca degli anticorpi IgM o IgG.
Talvolta può essere necessaria la diagnosi post mortem che prevede l’identificazione degli antigeni virali su biopsia cutanea con tecniche di immunoistochimica.
La diagnosi differenziale si pone sia con altre febbri emorragiche, come la febbre di Lassa e la febbre di Marburg, sia con altre patologie infettive tra cui malaria, febbre tifoide, peste, borelliosi, melioidosi, tripanosmiasi africana, sepsi meningococcica e alcune infezioni trasmesse da artropodi.
La manipolazione di campioni biologici da pazienti infetti deve essere gestita in condizioni di biocontenimento, in laboratori con livello di biosicurezza (Bls) 3 o 4. Tentativi di replicazione virale possono essere effettuati solo in laboratori Bls 4.
Non è possibile intervenire sul serbatoio naturale della malattia che non è stato identificato con certezza. La prevenzione si affida, quindi, al rispetto delle misure igienico sanitarie, alla capacità di una diagnosi clinica e di laboratorio precoci e all’isolamento dei pazienti.