Asia Bibi – Buone notizie giungono in queste ore dal Pakistan! La Corte suprema del Paese ha rigettato la richiesta di riapertura del processo di Asia Bibi, scagionata lo scorso ottobre dall’accusa di blasfemia, per cui era stata condannata a morte ed aveva passato 9 anni di carcere. Nessun ostacolo formale ora vieta alla donna di lasciare il Pakistan. Ora va fatta particolare attenzione alla reazione dei fanatici, per questo motivo la speranza è che la donna possa partire al più presto per altra destinazione.
Ma andiamo a rivisitare le ultime frenetiche ore. Secondo il giudice Asif Saeed Khosa, presidente dei tre membri della Corte che dovevano decidere sul caso, “il firmatario del ricorso”, il religioso musulmano Qari Salaam che per primo aveva accusato la donna nel 2009, “non è stato in grado di individuare alcun errore nel verdetto della Corte Suprema che ha assolto Asia Bibi”.
L’avvocato dell’accusa aveva chiesto la riesamina del processo da parte di un tribunale più ampio che comprendesse anche religiosi islamici ulema. “Il verdetto è stato emesso sulla base di testimonianze”, è stata la risposta del presidente, che ha chiesto all’accusa di dimostrare cosa ci fosse di sbagliato nel verdetto precedente ricordando come secondo l’Islam non possa essere punita una persona che non è giudicata colpevole.
Per Asia Bibi si trova ora in una località segreta del Pakistan sotto stretta protezione insieme al marito Ashiq Masih, dopo che l’assoluzione dello scorso ottobre aveva scatenato le proteste dei gruppi islamici radicali. Solo un accordo con il governo sulla possibilità di chiedere la riapertura del processo aveva fatto desistere gli islamisti dalle manifestazioni di protesta durate tre giorni in tutto il Paese. Un clima di tensione che aveva fatto fuggire le figlie della coppia, che hanno ottenuto asilo in Canada e l’avvocato della donna, Saif ul Malook, aveva lasciato il Pakistan ed era rientrato ad Islamabad dall’Olanda proprio per l’udienza di revisione.
La sentenza pone fine al caso più noto a livello internazionale dell’applicazione della cosiddetta “legge sulla blasfemia”, secondo cui il solo sospetto di un’offesa a Maometto o al Corano può portare alla pena di morte. La stessa Asia Bibi era stata accusata pretestuosamente dopo una lite con delle donne musulmane del suo villaggio.
Tra le persone che hanno denunciato da subito il caso di Asia Bibi e l’oppressione subita dai cristiani ricordiamo Shabaz Bhatti, ministro per le minoranze in Pakistan e Salman Taseer, governatore del Punjab, entrambi uccisi dai fondamentalisti islamici. Paul Bhatti, fratello di Shabaz e anche lui ex-ministro pakistano per le minoranze, ha esternato ai media che cosa significa la conferma dell’assoluzione di Asia Bibi per il futuro del Pakistan.
“Per me è stata una notizia bellissima, anche se ne ero certo. Prima di tutto, vorrei applaudire alla giustizia pakistana, perché i giudici sono stati molto coraggiosi e hanno sostenuto anche la giustizia, quella che è la verità del Pakistan. Vorrei anche ricordare mio fratello, insieme con il governatore del Punjab, che hanno perso la vita per mettere in luce questo caso al mondo; un grazie inoltre alla comunità internazionale. È stato grazie a tutto questo che Asia Bibi è stata oggi liberata. Non riesco a trattenere la gioia: questa è una svolta in Pakistan. È una svolta non solo nel senso che Asia Bibi è libera, ma anche per il messaggio che è stato trasmesso dai giudici, dai media pakistani e dall’attuale governo del Pakistan. La giustizia oggi in Pakistan è molto più forte, determinata e vera in un certo senso”.
Si tratta di una sentenza in grado di cambiare la vita ai cristiani del Pakistan…..
“Prima di tutto il cambiamento sta nel fatto che la giustizia di più alto livello ha adottato una decisione molto dettagliata. Quest’ultima ha dimostrato che i cristiani sono persone che vogliono vivere in pace e vogliono rispettare la religione e la fede di tutti. A tanti musulmani è stato detto che i cristiani sono loro nemici, che Asia Bibi e altri cristiani insultano il loro profeta, Muhammad. E invece hanno capito che tutto questo è un’ingiustizia, che avviene nel nome della religione, e che non deve essere accettata. Inoltre, tutti quei cristiani che vivevano sottoposti a pressioni e pensavano di non ricevere giustizia in questo Paese, ora sono sollevati di vedere che questa giustizia invece si può ottenere. Quindi è l’inizio di un cambiamento importante”.
Per chi non lo ricordasse le avversità per Asia Bibi sono iniziate il 14 giugno 2009. Asia Naurīn Bibi è una lavoratrice agricola a giornata. Quel giorno era impegnata nella raccolta di alcune bacche. Avvenne un diverbio con le lavoratrici vicine, di religione musulmana. A lei era stato chiesto di andare a prendere dell’acqua. Ma un gruppo di donne musulmane l’avrebbe respinta sostenendo che Asia, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare il recipiente. Il 19 giugno, le donne hanno denunciato Asia Bibi alle autorità sostenendo che, durante la discussione, avrebbe offeso Maometto. Picchiata, chiusa in uno stanzino, stuprata, è infine stata arrestata pochi giorni dopo nel villaggio di Ittanwalai, nonostante contro di lei non ci sia nessuna prova. Asia Bibi ha sempre negato le accuse e ha replicato di essere perseguitata e discriminata a causa del suo credo religioso. L’11 novembre 2010, oltre un anno dopo l’arresto, il giudice di Nankana Sahib, Naveed Iqbal, emise la sentenza, nella quale esclude «totalmente» la possibilità che Asia Bibi sia accusata ingiustamente, aggiungendo inoltre che «non esistono circostanze attenuanti» per lei. La famiglia ha presentato ricorso contro la sentenza avanti l’Alta Corte di Lahore. Nel dicembre 2011 una delegazione della Masihi Foundation (Mf), ONG che si occupa dell’assistenza legale e materiale di Asia Bibi, ha visitato la donna in carcere. Le sue condizioni di igiene personale erano terribili e le sue condizioni di salute, sia fisica che psichica, sono apparse critiche. Secondo Haroon Barkat Masih, direttore internazionale di Mf, Asia Bibi ha comunque espresso parole di perdono nei confronti dei suoi accusatori: “In primo luogo vivevo frustrazione, rabbia, aggressività. Poi, grazie alla fede, dopo aver digiunato e pregato, le cose sono cambiate in me: ho già perdonato chi mi ha accusato di blasfemia. Questo è un capitolo della mia vita che voglio dimenticare”. Nel 2012, secondo alcune fonti, Qari Salam, l’uomo che ha accusato Asia Bibi di blasfemia avrebbe dichiarato di essersi pentito di aver sporto la denuncia, che sarebbe stata basata su pregiudizi personali ed emozioni religiose esasperate di alcune donne del villaggio. L’uomo starebbe quindi pensando di non portare avanti l’accusa ma sarebbe comunque in difficoltà perché sotto pressione da parte di organizzazioni fondamentaliste islamiche. Nel 2013, per questioni di sicurezza, la donna è stata trasferita dal carcere di Sheikhupura a quello femminile di Multan. Per i familiari è diventato molto più difficile vederla, dato che le due località distano sei ore di auto. Il 16 ottobre 2014, dopo quasi quattro anni dalla presentazione del ricorso avverso alla sentenza di primo grado, si è pronunciata l’Alta Corte di Lahore confermando la pena capitale per la donna. Il caso ha suscitato proteste da parte di gruppi cristiani e di organizzazioni per la difesa dei diritti umani de ha portato molti pakistani a chiedere di cancellare o rivedere la legislazione nazionale sulla blasfemia. Tra questi il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, che si è recato a trovare Asia Bibi in carcere e che proprio per il suo impegno nella revisione delle norme sulla blasfemia è stato ucciso il 4 gennaio 2011 a Islamabad da una delle sue guardie del corpo. In seguito Shahbaz Taseer, figlio di Salmaan, verrà rapito con l’intento, secondo alcuni esperti, di ottenere la liberazione dell’assassino di suo padre. Come Salmaan Taseer, due mesi dopo, anche il ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico, è stato assassinato da estremisti islamici. Scrisse in una lettera Asia Bibi a proposito: “Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza”.
Anche dal Vaticano sono stati lanciati accorati appelli: il 18 novembre 2010 Papa Benedetto XVI ne chiese la liberazione: “Esprimo la mia vicinanza spirituale ad Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà. Inoltre prego per quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”. Papa Francesco ha incontrato i familiari della donna ed ha loro assicurato il suo appoggio. Lo scorso aprile il Santo Padre ha incontrato per la prima volta il marito di Asia Bibi, Ashiq Masih e una delle sue cinque figlie, Eisham Il breve incontro è avvenuto in piazza San Pietro, subito dopo l’udienza generale, a cui hanno potuto assistere in prima fila i familiari della donna cattolica pakistana, condannata ingiustamente a morte per blasfemia e in carcere da oltre 2.000 giorni.
Quindi la decisione delle Corte Suprema di scagionarla, sino alla sentenza di queste ore che deve mettere la parola fine su una vicenda travagliata e profondamente ingiusta.