I cartoni animati sono da sempre i più amati dai bambini. Con la chiusura delle scuole l’interesse cresce a dismisura e le televisioni fanno a gara per trasmettere animazioni di tutti i generi naturalmente condite da passaggi pubblicitari assillanti . Ma mettendo la parte le polemiche sulla pubblicità sui bambini quello che vogliamo analizzare oggi è il successo di alcune di queste serie. A sorpresa in Italia si sta rafforzando l’interesse per l’animazione russa. La concorrenza è tanta ma alcuni risultano essere più accattivanti e seguitissimi. La serie tv “Masha e Orso” è riuscita nell’impresa: l’animazione russa è entrata nel cuore degli italiani.
Masha è una bambina piccola e bionda, irrequieta e testarda, che si caccia in situazioni divertenti. Di solito veste un abitino tradizionale russo color fucsia. Vive in una casa sperduta nella taiga, vicino a una fermata della ferrovia Mosca-Pechino (Mosca-Alaska nell’adattamento in inglese), ma la sua famiglia non compare mai. Un sentiero oltre la linea ferroviaria conduce alla casa di Orso e lei va spesso a trovarlo. È entusiasta di ogni scoperta e di ogni novità, ma con la sua intraprendenza e la sua vivacità combina spesso dei guai. Ma non lo fa con malanimo: infatti se ne rende conto quando Orso la rimprovera e talvolta cerca di rimediare, a volte con risultati al di sopra delle aspettative. Nonostante si approfitti spesso del carattere bonario di Orso, imponendogli i suoi capricci, gli è comunque molto affezionata. Nell’edizione italiana è doppiata da Luca Tesei nelle prime due stagioni, e da Sara Tesei nelle altre due stagioni, mentre nell’edizione originale russa è doppiata da Alina Kukushkina.
Orso, talvolta chiamato “Mishka”, in russo: Мишка, è l’altro protagonista: è stato un orso da circo, amante della pace e del comfort che con Masha ha conosciuto l’esaurimento nervoso; senza di lei, pero’, era molto annoiato. Ha andatura bipede e molti atteggiamenti antropomorfi, sa leggere e scrivere, ma non parla. Si esprime con ruggiti in tonalità diverse, e parla con Masha soprattutto coi gesti. Risulta ben comprensibile e le sue espressioni comunicano lo stato d’animo. Ama cucinare, pescare, curare l’orto ed il giardino, guardare le partite di calcio in TV e bere il tè che prepara con l’acqua calda del suo amato samovar. Appassionato di lettura, ha un’ampia libreria con manuali e romanzi. Mostra diverse abilità: pittura, musica (suona il trombone) e molta manualità. Inoltre sa fare numeri da artista circense: giocoleria e prestidigitazione, che a volte sono di magia vera e propria grazie a un baule (il cui nome è la formula magica Hocus Pocus) contenente oggetti da prestigiatore ma che sembrano funzionare veramente. Vive in una casa ricavata da un albero, con molte testimonianze della sua vita circense: foto, manifesti e trofei. Tiene molto alle sue coppe e alle sue medaglie e lo infastidisce che Masha le tocchi. Ama molto il miele, e difatti nel suo giardino sono presenti molte arnie, che a volte cadono con effetto domino. Orso è molto affezionato alla bambina, sebbene cerchi spesso di evitarla o tenerla impegnata per avere un po’ di tranquillità. Nei confronti di Masha è una figura quasi paterna: si prende cura di lei e ne sopporta i capricci con rassegnazione e, nonostante spesso ne sia esasperato, tiene i suoi digrigni per sé. Qualche volta, in preda all’esasperazione, ulula come un lupo. Quando però Masha combina guai che possono nuocere alla salute di entrambi, la mette in castigo confinandola faccia al muro (come negli episodi Orso, giochi con me?, Attenti a Masha!, Orso imbianchino, Non è facile essere piccoli e SuperMasha). Un grande successo che però è soltanto l’ultimo in ordine di tempo!
Qualcosa del genere era accaduto qualche decennio fa, quando il mondo era completamente diverso, c’era la guerra fredda e Disney era il riferimento assoluto per l’animazione popolare. Allora il lungometraggio “La Regina delle Nevi”, uscito nel 1957 e diretto da Lev Atamanov, aveva ricevuto un’ottima accoglienza sulla prima rete Rai (in bianco e nero, ovviamente). Prodotto all’interno del Soyuzmult film, lo Studio d’animazione fondato a Mosca nel 1936, il film ricevette il Primo premio di categoria al Festival del Cinema di Venezia. Qualcuno, non più giovanissimo, se lo ricorda ancora. Ovviamente ispirato alla celebre fiaba di Hans Christian Andersen, “La Regina delle Nevi” contiene scene di grande bellezza, con un’animazione ricca ed effetti spettacolari. Il maestro giapponese Hayao Miyazaki ha dichiarato che è stata la gioia di vedere questo film ad averlo convinto a dedicare la propria vita ai cartoni animati.
Ma “La regina delle nevi” è stata un’eccezione. Prima della fine degli anni Settanta, che ha visto l’arrivo dei cartoon di matrice giapponese, ci sono state due serie provenienti dall’est che hanno avuto una certa popolarità in Italia: l’ungherese “Gustavo” e il “Professor Baltazar” della Scuola di Zagabria.
Invece, per conoscere l’animazione russa era necessario andare nei cineclub, dove si potevano ammirare le splendide storie di insetti realizzate con la tecnica del passouno da Ladislas Starevitch, uno dei pionieri del cinema (oggi basta andare su Youtube). Ammirare la poesia, la raffinatezza e la sperimentazione della scuola russa contemporanea era impresa più difficile e spesso l’unica possibilità era quella dei festival internazionali (quando in queste manifestazioni si vedevano solo i cortometraggi e non le serie televisive).
Uno degli animatori de “La Regina delle Nevi” si chiamava Fyodor Khitruk, ed era nato il 1° maggio del 1917 (una data simbolica). Dal 1962 nello Studio Soyuzmultfilm, Khitruk avrebbe assunto il ruolo di regista dando una svolta non disneyana allo stile sovietico. In seguito è stato anche l’ambasciatore dell’animazione del proprio Paese, cercando di garantire la maggiore libertà ai registi sovietici e favorendo la visione dei film nei festival stranieri, grazie anche al lavoro che portava avanti nell’Asifa, l’Associazione internazionale degli autori di cinema d’animazione. E poi Khitruk ha messo in discussione quella che sembrava una verità assoluta: che il cinema d’animazione fosse destinato solo ai bambini e dunque alla loro educazione. Così gli autori ebbero la libertà di sperimentare tecniche e linguaggi, e i russi diventarono maestri nell’animazione dei pupazzi, della carta ritagliata, degli oggetti, cercando di limitare l’uso della parola per raccontare attraverso il movimento, gli effetti sonori e la musica.
Così nacquero grandi registi come Eduard Nazarov, Garri Bardin e Yurij Norshtejn, il più grande di tutti. Qualche anno fa la Terminal Video ha distribuito in Italia una collezione di 4 dvd, con il commento audio di Giannalberto Bendazzi, che ha permesso di vedere anche in casa e in alta qualità i film dei maestri di cui ho parlato. A Norshtejn, e non a caso, è dedicato un intero dvd. Una particolarità: nel 1993, due anni dopo la dissoluzione della Russia sovietica, alcuni grandi dell’animazione fondarono lo Studio “Shar” e qui, quattro anni dopo, Andrej Khrzhanovskij (uno dei fondatori) ha realizzato un film di 20 minuti animando i disegni di Federico Fellini. La voce fuori campo che tiene il filo del racconto è quella di Tonino Guerra, che fu sceneggiatore di Fellini e anche di Andrej Tarkovskij: un segno dei forti legami stretti, pure tra tante difficoltà, tra gli autori di cinema italiani e russi. Oggi, ecco il successo internazionale di “Masha e Orso”. Potrebbe sembrare casuale: non lo è. La qualità dell’animazione, il dosaggio dei tempi di dialogo, la cura dei personaggi e dei particolari: tutto questo non poteva che nascere all’interno di una grande scuola e tradizione.