Coronavirus – Svizzera – Ai tempi dl Coronavirus se ne sentono di tutti i colori ed è difficile districarsi tra notizie reali e fake, far comprendere ai meno attenti dove apprendere il vero e dove imbattersi in bugie.
E’ innegabile che i governarti abbiano il compito di abbassare il più possibile lo stress e la tensione, di non aumentare il carico di stress sugli abitanti di un Europa in cui ci sono esempi di altruismo ed interesse pr il bene di tutti e totale mancanza di rispetto per le più elementari regole per la salute comune.
In usto caos, in gran parte dovuto all’incapacità di mostrare il pugno duro da parte di buona parte di governanti, in nome di una democrazia sempre più fittizia che permette a chi va contro leggi e/o regole di buon senso di fare il proprio comodo di essere libero di farlo senza subire restrizioni o punizioni reali.
Chiarito (doverosamente) ciò, oggi vi racconto una storia che giunge dalla Svizzera.
Attraversare il confine tra Italia e Svizzera è diventato più difficile a causa delle misure per frenare la diffusione del nuovo coronavirus. In Ticino molte persone hanno messo gratuitamente a disposizione alloggi al personale sanitario frontaliere.
Questo tipo di annunci si è moltiplicato in pochi giorni su Facebook.
“La Lombardia è ‘zona rossa’. Non si entra e non si esce”, martellavano alcuni media prima ancora che la notizia fosse ufficiale.
La preoccupazione, in questo periodo di incertezza epidemica, si è propagata nel giro di pochi minuti anche nel cantone Ticino. Una delle prime domande che ci si è posti è stata: “Come faremo, ora, a far funzionare i nostri ospedali?”
Si passa oppure no?Le frontiere non sono sbarrate per i frontalieri, ma attraversare il confine è diventato più difficile.Al momento della pubblicazione di questo articolo, i valichi minori del cantone sono chiusi e, anche a causa dei controlli più severi, alle dogane rimaste aperte si formano code chilometriche.
La situazione inoltre muta velocemente e non è escluso che gli spostamenti possano diventare ancora più problematici.
Dei quasi 70’000 lavoratori frontalieri che quotidianamente si recano in Ticino per lavoro, più di 4’000 sono infatti impiegati nel settore sanitario.
È risaputo che lo scopo delle misure imposte dall’autorità per arginare la diffusione del nuovo coronavirus è quello di ridurre la pressione sulle strutture di cura e proteggere i più vulnerabili, anziani e malati. Sarebbe stata un’amara ironia se, proprio a causa di queste misure, molti medici e infermieri fossero impossibilitati a recarsi al lavoro.
Fin da subito, su Facebook, dove ultimamente sembra che la gente passi il tempo a puntare il dito contro le decisioni dell’autorità (“tardive”, “esagerate” o “sbagliate”) o contro presunti “untori”, c’è stato chi ha deciso di tendere una mano (disinfettata).
“Metto a disposizione alloggio gratuito per personale medico/infermieristico frontaliere che deve fermarsi nel nostro cantone”. Questo è solo uno dei moltissimi post che dei residenti in Ticino hanno pubblicato sul social network a partire dallo scorso fine settimana.
Tra di loro troviamo Nevia Elezovic, che ha creato il gruppo Facebook “C’è posto per teLink esterno”, una delle pagine dove vengono raccolte queste offerte di alloggio.
“Comunque si sviluppi questa situazione, io sento che voglio far parte della soluzione e non del problema”, ha detto a tvsvizzera.it, “e se io ho questa esigenza, chissà che non ci siano altre persone come me. Mi sono confrontata con un amico e, soprattutto, con mia mamma -che è pure infermiera in una casa per anziani- e la decisione è stata semplice: offriamo quello che abbiamo. E quello che abbiamo è una casa”.
La creazione di un gruppo su Facebook, ci spiega, permette di risolvere in parte il problema della dispersività. “Ora dobbiamo solo far sì che il messaggio arrivi dove deve arrivare”, aggiunge.
L’iniziativa sembra essere efficace. Il gruppo è stato creato e in meno di 24 ore vi sono state pubblicate circa 50 offerte d’alloggio.
Tra queste anche quelle di chi, normalmente, dall’ospitare persone trae profitto.
“Io sono veneziana e mi sono domandata se non era forse il caso, in questa mia seconda casa d’adozione, la Svizzera, di dare una mano nel mio piccolo”, ci dice Carla Giusto, titolare del B&B Villa Artè di Locarno, dove ha messo a disposizione tre stanze.
“Vedendo quello che sta succedendo in Veneto ho l’impressione che in Svizzera siamo un po’ in ritardo. Spero che si diano una ‘sbrigata’ perché non è proprio una passeggiata questa storia. Ma credo che se ognuno farà la propria parte, comportandosi con attenzione in maniera corretta, ce la faremo. Tutto qua.”
Un segnale di gratitudine nei confronti dei frontalieri che danno il loro prezioso contributo alla sanità del cantone, soprattutto in un momento come questo, quando al personale sanitario è richiesto un ancor maggior impegno di tempo ed energie.
Ma andiamo ad analizzare i dati sul Coronavirus anche in Svizzera.
Ieri i dati segnalavamo 2.200 casi, 291 soltanto in Canton Ticino – Tende da campo e ambulanze militari per i pazienti – A Lugano il Moncucco riservato alle malattie respiratorie.
Uno dopo l’altro, quasi tutti i Cantoni stanno adottando il “modello Ticino”, che a sua volta da sabato ha preso a prestito un altro “modello”, quelle delle restrizioni che la Lombardia e il resto dell’Italia stanno sperimentando rispettivamente dall’8 e dall’11 marzo, con aperti unicamente i servizi essenziali e le industrie.
Questo perché da domenica scorsa, si è registrato un aumento esponenziale dei casi di coronavirus in Svizzera, ben 800 in più rispetto al dato precedente, che hanno portato il totale a 2200.
Di questi 291 sono in Canton Ticino, che conta già 6 decessi. Una situazione di massima allerta che ieri ha richiesto un nuovo intervento da parte della presidente della Confederazione, Simonetta Sommaruga, che in due distinte interviste ha posto l’accento sul fatto che la Svizzera è in grado di affrontare questa crisi sia dal punto di vista medico che finanziario. Per superarla – ha aggiunto – tutti devono rispettare le norme.
Per dare un segnale di fiducia ai cittadini e alle imprese, il Governo di Berna ha subito definito uno stanziamento di 10 miliardi di franchi. «Un aiuto immediato che sicuramente necessiterà di un nuovo intervento», ha detto la presidente della Confederazione. La situazione più complessa è quella che si sta vivendo in Canton Ticino.
Da sabato è ufficialmente operativo a Lugano e Bellinzona l’esercito svizzero, che attraverso il profilo social istituzionale ha confermato la piena operatività, finalizzata «ad alleggerire la pressione sui Pronto soccorso ticinesi».
«Ulteriori posti letto sono stati allestiti nelle tende d’ospedale dell’esercito – si legge in una nota del primo pomeriggio -.
Anche il trasporto dei pazienti con ambulanze militari è iniziato senza intoppi». Sempre sul fronte sanitario, anche la clinica “Moncucco” di Lugano – che ha ospitato il primo paziente ricoverato per coronavirus in Ticino (un settantenne, poi guarito e dimesso) – diventerà un presidio interamente dedicato al Covid-19. «Il Pronto soccorso della clinica – spiegano da Lugano – accoglierà solamente pazienti con problemi alle vie respiratorie».
Sui social network sono numerose le fotografie di scaffali svuotati dai prodotti in supermercati di Zurigo e Basilea, ma anche della Svizzera romanda. Un portavoce di Migros ha confermato all’agenzia ats che alcuni negozi hanno terminato determinati prodotti.
I collaboratori sono comunque al lavoro 24 ore su 24 per rifornire tutte le filiali della merce necessaria. I centri di distribuzione stanno lavorando con personale supplementare, ha precisato il portavoce.
Aldi ha dal canto suo riscontrato alcuni problemi di rifornimenti per prodotti provenienti dall’Italia. Nonostante questo e nonostante le persone che tendono a fare scorta, al momento i negozi sono riforniti del ventaglio completo dei prodotti.
Secondo le catene di grande distribuzione, i clienti fanno soprattutto scorte di alimenti a lunga conservazione, prodotti surgelati, carta igienica, farina, zucchero e prodotti per lavarsi le mani.
In generale, tutti i rappresentanti del settore rassicurano che non sussiste alcun rischio di penuria generale e che stanno lavorando a pieno regime per garantire le forniture e per riempire gli scaffali dei negozi. I magazzini sono ben riforniti.
La presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga aveva dal canto suo messo in guardia contro il panico, nonostante le nuove misure più restrittive. Chiusure generalizzate dei supermercati non sono previste.