La demolizione di tre piccoli edifici di culto cristiani (due protestati, uno cattolico) nella provincia indonesiana di Aceh, sull’isola di Sumatra, e la fuga di circa 8.000 fedeli, in seguito alla violenze dei radicali islamici, causano “profonda preoccupazione per la sicurezza di migliaia di cristiani che rimangono in pericolo”: lo scrive il rev. Olav Fykse Tveit, leader del Consiglio Mondiale delle Chiese, esprimendo solidarietà e vicinanza ai credenti indonesiani e invocando pace e libertà religiosa. I cristiani sono stati messi in fuga nel distretto di Aceh Singkil, in seguito alla distruzione di piccole chiese, sulla scia di proteste violente contro le pratiche cristiane e contro la presenza cristiana nei villaggi del distretto. La demolizione era autorizzata dai funzionari locali perchè gli edifici sono stati costruiti “senza regolare licenza.
Ad Aceh vige la sharia (legge islamica) e, per fare attività di culto, le chiese devono essere autorizzate e registrate. Per ottenere una licenza di costruzione occorrono almeno 90 firme di fedeli residenti sul posto. Secondo fonti di Fides, le autorità faranno demolire circa dieci aule di culto, aperte senza permesso. Proprio nei giorni scorsi, il 23 ottobre, nella provincia è entrato in vigore il nuovo Codice penale, basato sulla sharia, che prevede punizioni severe come la fustigazione, per una serie di pratiche considerate “reati”, come relazioni omosessuali, consumo di alcol, gioco d’azzardo, adulterio, molestie sessuali e stupro. I provvedimenti si applicano solo ai musulmani e non alle minoranze religiose, ma i cristiani locali sono comunque preoccupati per il crescente clima di intolleranza