Francia – A poche ore dall’inizio del coprifuoco in Francia, un uomo è stato decapitato vicino a una scuola media del comune di Conflans-Sainte-Honorine, a nordovest di Parigi. La vittima è un professore di storia che, all’inizio di ottobre, aveva fatto una lezione ai suoi alunni a proposito del dibattito che si è aperto dopo la ripubblicazione delle vignette di Maometto qualche settimana fa sul giornale Charlie Hebdo.
L’attacco è avvenuto poco prima delle 17, in concomitanza con la fine delle lezioni. L’aggressore, ucciso dalla polizia municipale allertata da alcuni testimoni, ha urlato “Allah Akbar” prima di compiere il suo massacro. Le immagini dell’insegnante decapitato sono poi state postate sul profilo Twitter dell’aggressore con un messaggio di rivendicazione: “Allah, ho ucciso un cane dell’Inferno che ha osato infangare il tuo nome”. Il giovane è stato ucciso, dopo un inseguimento, con dieci colpi di arma da fuoco.
Il 5 ottobre, alcuni genitori di studenti del professore, si erano lamentati con la scuola per la lezione tenuta in classe, con l’insegnante che – parlando della libertà d’espressione – aveva mostrato le caricature di Maometto all’origine di tutte le minacce della jihad contro la Francia dai tempi della strage alla redazione di Charlie Hebdo, nel gennaio 2015. Tre settimane fa, prima dell’attacco davanti alla ex redazione del settimanale (due i feriti per mano di un ragazzo pachistano), il giornale satirico aveva ripubblicato le vignette per celebrare l’apertura del maxiprocesso ai fiancheggiatori dei killer del 2015.
Su Youtube un genitore ha anche pubblicato un video con il racconto di una ragazzina allieva del professore, che racconta la lezione incriminata. Secondo le sue parole, l’insegnante ha chiesto agli studenti musulmani se volevano uscire prima di mostrare le caricature di Maometto.
In attesa di conferme definitive sulla matrice dell’aggressione, si può osservare che la Francia continua a essere il paese più esposto al rischio terrorismo, non soltanto in Europa, ma in tutto l’Occidente.
Innanzitutto, è nettamente la nazione che ha subito più atti terroristici di matrice jihadista, quantomeno dall’ascesa dell’auto-proclamato Stato Islamico (IS) nel giugno del 2014 (oltre 30 attacchi, secondo dati dell’autore). Soltanto quest’anno si contano già quattro episodi che appaiono riconducibili a questa causa estremistica, nonostante le misure di restrizione al movimento e i controlli dovuti alla pandemia di COVID-19. Alla fine di agosto, il ministro dell’Interno Gerald Darmanin aveva peraltro dichiarato che la minaccia terroristica rimaneva “estremamente elevata nel paese”, confermando altresì che la matrice jihadista continuava a essere la più preoccupante.
La Francia è anche il paese occidentale da cui sono partiti più foreign fighters jihadisti diretti in Siria e Iraq, circa 2.000 persone (in Italia, per avere un confronto, risultano essere soltanto 144). Su questo fronte, nonostante le sollecitazioni dell’amministrazione Trump, Parigi, come molte altre capitali europee, non ha mostrato di essere attivamente impegnata a rimpatriare jihadisti con passaporto nazionale detenuti nelle carceri irachene o in custodia nei campi curdi in Siria. Tale riluttanza si deve a varie ragioni, legate tra loro, di carattere politico, giuridico, economico e, soprattutto, di sicurezza.
La scena jihadista francese è presumibilmente la più ampia in Europa. Per esempio, secondo le recenti dichiarazioni del ministro dell’Interno, il database nazionale dei presunti radicali islamisti considerati pericolosi per la sicurezza nazionale include oltre 8.000 individui.
Parigi, ben consapevole della minaccia, è da anni particolarmente impegnata nella repressione dell’estremismo violento. Per esempio, secondo dati ufficiali, nel 2019 sono state emesse ben 87 sentenze relative a casi di terrorismo jihadista. Nelle carceri sono già presenti oltre 500 individui condannati per reati di terrorismo, in aggiunta a circa 900 detenuti valutati come radicalizzati; è utile ricordare, oltretutto, che alcuni attacchi terroristici hanno avuto luogo addirittura all’interno di istituti penitenziari, anche negli ultimi mesi.
L’esposizione della Francia è aumentata ulteriormente nelle ultime settimane, per una combinazione di circostanze. In primo luogo, all’inizio di questo mese, dopo un rinvio dovuto alla pandemia, si è finalmente aperto, con grande visibilità mediatica, il processo ai presunti complici degli attacchi jihadisti eseguiti proprio contro Charlie Hebdo ed altri bersagli di Parigi tra il 7 e il 9 gennaio 2015. In occasione dell’avvio di questo processo, la redazione del giornale satirico (che ora lavora in una località non nota al pubblico, per ragioni di sicurezza) ha deciso di ripubblicare alcune delle controverse caricature al Profeta dell’Islam che indussero i fratelli Kouachi a realizzare l’attacco nel 2015.
La ripubblicazione di queste caricature ha scatenato l’ira e il desiderio di rivalsa di militanti e simpatizzanti jihadisti a livello transnazionale. Per esempio, il 10 settembre Al-Qaida nella Penisola Arabica, con base nello Yemen, ha diffuso un comunicato ufficiale in arabo che invitava esplicitamente “tutti i musulmani” a vendicarsi contro Charlie Hebdo e sosteneva che la Francia fosse in cima alla lista dei nemici. Il giorno successivo, in occasione dell’anniversario dell’11 settembre, anche l’organizzazione centrale di Al-Qaida ha rivolto minacce contro il giornale satirico all’interno di una pubblicazione in inglese.
Si aggiunga infine che i militari francesi sono attivamente impegnati in Sahel in una complessa attività di contrasto a gruppi armati jihadisti. Da ultimo, il 17 settembre, nel suo bollettino settimanale in arabo al-Naba’, il cosiddetto Stato Islamico ha rivendicato l’uccisione di sei cooperanti francesi in Niger.
Negli ultimi mesi, il crollo del cosiddetto “califfato” e la morte dello stesso “califfo” (27 ottobre 2019) nel Levante e, in aggiunta, la flessione nel numero e nella letalità degli attacchi terroristici in Occidente hanno sensibilmente ridotto l’attenzione rivolta la causa transnazionale dello jihadismo. Nondimeno, episodi come quello avvenuto oggi a Parigi ci ricordano che la minaccia non è affatto venuta meno.