BRASILE: 1.295 casi, 61 omicidi. Queste le sconceetanti cifre emerse dal rapporto “Conflitti nella campagna del Brasile 2016”, redatto dalla Commissione Pastorale della Terra (CPT), presso la sede della Conferenza Episcopale (CNBB), a Brasilia. Nel 2016 in Brasile sono stati registrati 1.295 casi di conflitti per la terra e sono stati commessi anche 61 omicidi, con una crescita del 22% rispetto al numero di omicidi dell’anno precedente.
Secondo le informazioni provenienti dal CIMI (Consiglio indigenista missionario), la media stimata è di quattro atti violenti al giorno: 74 tentativi di omicidi, 200 minacce di morte, 571 aggressioni e 228 arresti ai quali vanno aggiunti i 172 conflitti per l’acqua e le 69 violazioni del lavoro. I dati del rapporto sottolineano non solo le violazioni registrate nella campagna, ma anche il loro aumento da quando il CPT ha iniziato l’indagine, nel 1985.
Nella presentazione, avvenuta il 17 aprile, dopo qualche testimonianza, il Segretario Generale della CNBB, Monsignor Leonardo Ulrich Steiner, ha voluto sottolineare l’importanza della relazione, e ha ricordato quegli uomini e quelle donne le cui denunce hanno fatto storia: “Questo rapporto non è solo un libro. Sono storie di vita. Sono storie di persone. Non possiamo dimenticarlo”.
“I conflitti nella campagna del Brasile 2016” fornisce dati sulla violenza subita da lavoratori rurali, tra i quali indigeni, quilombo e popolazioni native.
D’altronde chi ha avuto la possibilità di viaggiare in Brasile ha avuto modo di toccare con mano la difficile situazione. Alcune aree vanno considerate of limits perchè in mano alla malavita ed alla violenza.
Quante volte ci si sente dire: “bandido bom é bandido morto”, ovvero il deliquente buono è solo quello morto. In pratica non esisterebbe rieducazione possibile ed espiazione della pena per chi commette un crimine. L’unica redenzione è l’eliminazione. La frase, che fa rabbrividire, però trova d’accordo il 50% che non sa cosa rispondere ad un così grave ma importante interrogativo.
Secondo lo studio del sociologo José de Souza Martins, che sul’argomento ha pubblicato un interessantissimo libro intitolato “Linchamento: a justiça popular no Brasil“, ogni giorno, in media, in Brasile, una persona è vittima di linciaggio.
“ C’è la tendenza a risolvere tutto con il linciaggio. Negli Stati Uniti, il paese che ha avuto il maggior numero di linciaggi, è stata la risposta della società civile a mettere fine alla pratica. In Brasile, le persone telefonano alla polizia e nel 90% dei casi, sono i poliziotti a salvare la vittima del linciaggio” ha spiegato il sociologo in un’intervista a El País.
Uno dei casi più clamorosi riguarda Fabiane Maria de Jesus, 33 anni e madre di due figli,che è stata presa a sassate e bastonate dalla folla inferocita. La polizia ha trovato il suo corpo con i piedi legati e la faccia sfigurata dalle botte. In quei giorni si era diffusa sul web la voce che Fabiane sequestrasse bambini nella città di Guarujá, nello stato di São Paulo, e strappasse loro gli occhi e il cuore da usare in riti di magia nera. Non importa che alla polizia non risultassero sparizioni di bambini nella regione e che non ci fosse nessuna prova concreta su Fabiane. Un rumor fu sufficiente perché decine di persone cercassero vendetta nei confronti della donna.
Nel suo libro, Martins mostra che i 3/4 dei linciaggi sono motivati da crimini commessi contro le persone e che negli ultimi 60 anni, un milione di brasiliani ha preso parte a violenze di gruppo.
Tra le cause per tale rabbia popolare vi è la grande sensazione di insicurezza e gli alti indici di criminalità alle quali problematiche va aggiunta la mancanza di fiducia nelle istituzioni. Lo studio “Índice de confiança na justiça no Brasil”, rivela che solo il 31% della popolazione ha fiducia nella polizia e il 29% nel sistema giudiziario.
Il risultato è l’identificazione di un capro espiatorio e la voglia di farsi giustizia con le proprie mani. La sensazione è che, dato che viene fatto in gruppo e alla luce del sole, il linciaggio non è un crimine. “Un crimine è qualcosa che si fa di nascosto, in maniera infida. Per questo il linciaggio è pubblico, sotto gli occhi di tutti e con la complicità, volontaria o no, di tutti. È ciò che impedisce di accertare le responsabilità e il proseguo delle indagini” spiega Martins.
Anche nelle carceri la situazione non è certo migliore. Quasi cento detenuti sono morti solo nella prima settimana di quest’anno, uccisi mentre le guardie erano apparentemente incapaci di fermare lo spargimento di sangue.
Tra le cause di tali violenze il sovraffollamento ( che però abbiamo anche in altri paesi e non per questo ci si massacra in cella). Un giro di vite nei confronti dei reati violenti e legati alla droga ha visto negli ultimi quindici anni la popolazione carceraria del Brasile aumentare. La prigione nello stato di Roraima, dove il 6 gennaio sono stati uccisi 33 detenuti, ospita 1.400 persone, il doppio della sua capacità. Il sovraffollamento rende difficile per le autorità carcerarie mantenere separate le fazioni rivali. E causa l’aumento della tensione all’interno delle celle, con i detenuti che si disputano le limitate risorse, come materassi e cibo.
Altra grave problematica la guerra tra bande rivali. Le uccisioni sono comuni tra le mura delle prigioni brasiliane – 372 detenuti sono morti in questo modo nel 2016, secondo la Folha de São Paulo – ma questo aumento è da collegarsi alla rottura di una tregua che vigeva da quasi vent’anni tra due delle più potenti bande del paese. Fino a poco tempo, il Primeiro comando da capital, di São Paulo, e Comando vermelho, di Rio de Janeiro, avevano un rapporto di collaborazione, presumibilmente per garantire il commercio di marijuana, cocaina e armi nelle città e oltre i confini del Brasile.
Altra grave probematica è quella che concerne la mancanza di risorse. Molte carceri brasiliane sono sottofinanziate. In seguito alle ultime rivolte il governatore dello stato ha chiesto al governo federale attrezzature come metal detector, braccialetti elettronici e dispositivi per bloccare il segnale telefonico dentro le carceri. La sua richiesta mostra la mancanza di attrezzature di base anche in carceri molto affollate. Il governatore ha anche chiesto l’invio di forze federali. Male addestrate e mal pagate, le guardie carcerarie devono affrontare spesso detenuti che non solo sono più numerosi, ma inoltre sentono di avere poco da perdere visto che già devono affrontare condanne lunghe.
Già il Brasile e la violenza! Come non ricordare quello che accadde dopo al sconfitta del Brasile nei mondiali di calcio organizzati in casa. Dopo al cocente sconfitta con la Germania ci furono devastazioni e razzie.
Come uscire da tutto questo? Si chiedono più soldi, ma le casse sono vuote. Quella che manca veramente è la volontà di cambiare.