Asia Bibi tra desiderio di libertà e false notizie

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Asia Bibi – Sono state e sono ore caotiche quelle che riguardano Asia Bibi in Pakistan con notizie e smentite che si sono accavallate nelle ultime ore. Il fulcro della vicenda e che interessa l’opinione pubblica versa sulla sua liberazione.
Cerchiamo di fare chiarezza su una vicenda controversa. Sicuramente lo stesso governo pakistano si sta giocando molto in questa vicenda ed è proprio dalle autorita del Pakistan che arrivano le notizie più recenti su questa intricata storia.
Asia Bibi è ancora in Pakistan. Lo riferisce il portavoce del ministero degli Esteri di Islamabad. “E’ ancora in Pakistan”, ha detto Muhammad Faisal. Ieri l’avvocato della donna aveva riferito che aveva lasciato il Paese per destinazione sconosciuta. Se la donna lascerà il Pakistan, ci sarà un “movimento decisivo” contro il governo, è la conseguente minaccia del leader del partito musulmano Tehreek e Labbaik Pakistan (Tlp).
Dopo la doccia fredda del ministero degli Esteri anche il ministro dell’Informazione del Pakistan Fawad Choudhry ha definito ‘fake news’ le notizie sulla liberazione di Asia Bibi.
“È diventata una regola pubblicare notizie false per il gusto di fare un titolo – ha dichiarato il titolare degli esteri -.
Il caso Asia Bibi è un problema delicato, è stato estremamente irresponsabile pubblicare senza conferme notizie sul fatto che abbia lasciato il Paese. Invito caldamente i media ad agire in modo responsabile”.
Le diplomazie europee sembrano comunque (finalmente) accortesi della gravità del caso.
L’Olanda ha, poche ore fa, offerto asilo politico temporaneo all’avvocato di Asia Bibi, Saif ul-Malook: lo ha annunciato su Twitter il ministro degli Esteri del Paese, Stef Blok.
Malook potrà usufruire del programma olandese Shelter City destinato ai difensori dei diritti umani, ha spiegato il ministro sottolineando che “la situazione di Asia Bibi ha la nostra piena attenzione”.
Da parte sua, Malook ha negato al quotidiano Pakistan Today di avere chiesto asilo politico all’Olanda: “Sta a loro decidere”, ha commentato l’avvocato, riferendosi al governo olandese e aggiungendo che attualmente è ospite di un’organizzazione cristiana olandese.
Ma torniamo ad Asia Bibi: la donna dovrebbe essere libera dopo anni di ingiustificate persecuzioni.
Il Pakistan che emerge dopo questa resa è un paese in ostaggio di estremismo, bande violente e religiosi.
Il primo ministro Imran Khan, prima di andare in Cina, aveva assicurato massima severità con gli estremisti, per poi fare marcia indietro invitando i suoi ministri a negoziare con i leader del Tlp. Dopo che lo stato si è arreso e l’avvocato di Asia Bibi, Saiful Malook, ha dovuto lasciare il paese in fretta e furia temendo per la sua incolumità, è facile immaginare cosa succederà ora ad Asia Bibi, anche se la donna è stata prosciolta dal tribunale. In ogni caso lo stato, con quel documento, ha garantito che saranno i mullah e i fondamentalisti a decidere il destino di prigionieri come Asia Bibi e in futuro saranno loro a determinare la mentalità e il livello del dibattito nel paese.
Dal canto suo la diretta interessata appare ottimista e ringrazia tutti: Grazie a Dio. Sia lode al Signore. Sono libera». Sono rivolte all’Altissimo le prime parole pronunciate da Asia Bibi, appena ha rivisto il cielo, fuori dal carcere femminile di Multan, dove è stata reclusa negli ultimi anni. Come Vatican Insider apprende da fonti vicine alla famiglia della donna, Asia ha trascorso il primo giorno da donna libera, dopo oltre nove anni dietro le sbarre, «ringraziando costantemente e ripetutamente Dio, che ha ascoltato le sue preghiere».
La donna cristiana ha rivisto la libertà ieri mattina, 8 novembre, dopo il blitz delle forze di polizia pakistane che hanno reso esecutivo l’ordine di rilascio emesso dalla Corte Suprema di Islamabad, che il 31 ottobre aveva assolto Asia Bibi . La disposizione è transitata per l’Alta Core di Lahore – dove si è svolto il processo di appello – e per il tribunale di Nankana, cittadina del Punjab dove il giudice in primo grado ha emesso la condanna a morte otto anni fa. Asia è stata imbarcata su un volo di stato verso la capitale Islamabad e nella notte è stata trasferita in una località segreta dove, sotto protezione costante, si è finalmente ricongiunta con suo marito Ashiq Masih. In un momento di commozione e di immensa felicità.
A confermare l’avvenuto rilascio è stato Zawar Hussain Warraich, direttore del dipartimento delle carceri nella provincia del Punjab, dove si trova la prigione di Multan, in cui Asia era reclusa: «Nel caso di Asia Bibi, l’ordine è stato emesso con ritardo ed è giunto al penitenziario ieri, 7 novembre», ha dichiarato, riferendo che la cristiana ha ufficialmente lasciato la sua cella.
Mohamed Faisal, portavoce del Ministero degli Esteri, ha poi spiegato che: «Asia Bibi è una cittadina libera», ma che «lascerà il Paese solo se la Corte Suprema respingerà l’istanza di revisione della sentenza, presentata contro la sua assoluzione». Questa dichiarazione potrebbe servire all’esecutivo di Islamabad per tenere a bada i gruppi radicali che si stanno nuovamente organizzando per scendere in piazza.
L’assoluzione di Asia Bibi, infatti, ha generato nella «terra dei puri» massicce proteste a cui hanno preso parte, per tre giorni, oltre 50mnila militanti del partito radicale Tehreek-e-Labbaik Pakistan (Tlp) che continua a chiedere l’impiccagione della donna, sostenendo che ella ha commesso e confessato il peccato (e reato) di blasfemia. A Karachi, città metropolitana nel Sud del Pakistan, movimenti religiosi islamici hanno organizzato nuovi cortei. E si temono nuovi disordini e reazioni degli estremisti, che potrebbero essere aizzati dai sermoni pronunciati da leader religiosi radicali in occasione della preghiera islamica di oggi.
Ma questo non deve portarci ad abbandonare l’attenzione sul paese in cui si è svolta tutta la vicenda, un fedele alleato dell’Occidente nell’area.
“Il paese più pericoloso al mondo” lo definì l’Economist nel 2008 e non molto è cambiato dall’epoca. Anzi, non è cambiato praticamente nulla dalle dinamiche degli anni ’80, quando era la base per i Mujaheddin finanziati dagli Usa in funzione antisovietica in Afghanistan..
Un paese in cui l’estremismo islamico continua a essere un interlocutore necessario della scena politica, che dà ospitalità a organizzazioni come TTP, i talebani del Pakistan, e al Clan Haqqani, protagonisti dell’insorgenza in Afghanistan. Che nel 2011 si è scoperto essere rifugio di Osama bin Laden.
La storia di Asia Bibi ne è un esempio. Durante il processo che portò alla sua condanna, si narra che il suo avvocato venne minacciato con una pistola alla tempia, in udienza, da un cancelliere. Il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, che si spese a suo favore, venne ucciso nel 2011 da una sua guardia del corpo proprio per questa sua posizione. Stessa fine, due settimane dopo, fece il ministro per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti.
l caso ha suscitato proteste da parte di gruppi cristiani e di organizzazioni per la difesa dei diritti umanie ha portato molti pakistani a chiedere di cancellare o rivedere la legislazione nazionale sulla blasfemia Tra questi il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, che si è recato a trovare Asia Bibi in carcere e che proprio per il suo impegno nella revisione delle norme sulla blasfemia è stato ucciso il 4 gennaio 2011 a Islamabad da una delle sue guardie del corpo[16]. In seguito Shahbaz Taseer, figlio di Salmaan, verrà rapito con l’intento, secondo alcuni esperti, di ottenere la liberazione dell’assassino di suo padre.
Come Salmaan Taseer, due mesi dopo, anche il ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico, è stato assassinato da estremisti islamici. Scrisse in una lettera Asia Bibi a proposito:
«Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza.»
Il 18 novembre 2010 papa Benedetto XVI ne chiede la liberazione: da allora sono strascorsi ben otto anni. Ora si spera di essere vicini ad una conclusione positiva di una storia il cui lieto finale è attesa da tempo, troppo tempo.




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