E’ stato lo stesso presidente Donald Trump ad annunciarlo su Twitter: “Martedì 13 marzo 2018 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rimosso Rex Tillerson dall’incarico di Segretario di Stato. Al posto di Tillerson è stato nominato Mike Pompeo, attuale capo della Cia.
In virtù di questa nomina, alla guida della Central intelligence agency arriverà, per la prima volta nella storia, una donna: si tratta di Gina Haspel”.
Ora la domanda dovrebbe sorgere spontanea: ma Donald Trump non è lo stesso uomo definito sessista ed irrispettoso delle donne? Non è la stessa persona attaccato dalle femministe di tutto il mondo? Non è quel presidente che ha vinto ‘regolarmente’ contro i media ed i poteri forti le elezioni presidenziali? Quante volte vi ho scritto che Trump è e sarà attaccato sempre e comunque? Ed ora che cosa si inventeranno i suoi detrattori dopo la nomina di Gina Haspel? Ne leggeremo e sentiremo delle belle ma per ora ‘The President’ ha stupito tutti con un vero ‘colpo da maestro’.
Proprio per confermare che per i media qualunque cosa faccia il presidente è sbagliato, sono già partite le critiche alla nomina. L’intento è di tirar fuori scheletri nell’armadio della Haspel ed infatti.. Alla domanda chi è Gina Haspel? Ecco cosa scrivono agenzia di stampa e media…
La Haspel, Ha 61 anni, un lungo e decorato passato nei servizi segreti americani per eccellenza, nelle operazioni antiterrorismo e clandestine.
Ma è anche un personaggio controverso per il suo ruolo nel programma di torture negli interrogatori di sospetti terroristi durante la presidenza di George Bush figlio. Già ai primi di febbraio, quando la Haspel era diventata numero due della Cia, la sua nomina era stata criticata dalle organizzazione per la difesa dei diritti umani.
Nel 2002 la Haspel ha diretto uno dei primi ‘black site’ aperti dagli Usa, un compound in Thailandia dal nome in codice ‘Cat’s Eye’, all’interno del quale i sospetti terroristi di Al Qaeda Abu Zubaida e Abd al-Rahim al-Nashiri furono sottoposti a waterboarding ed altre pratiche di tortura.
La Haspel era inoltre capo dello staff di Jose Rodriguez, alla guida del Centro antiterrorismo, quando questi, successivamente, ordinò la distruzione di centinaia di video girati nel centro di detenzione in Thailandia. Nelle sue memorie Rodriguez scrisse che fu la Haspel a impartire l’ordine della distruzione delle registrazioni nel 2005, in un momento in cui il programma era sempre più oggetto di attenzioni critiche. Il Dipartimento alla Giustizia ha indagato per anni sui presunti abusi compiuti nel quadro dei programma di interrogatori e la distruzione dei video, ma nessuna accusa è stata mai formalizzata.
A febbraio 2017, quando la Haspel fu nominata vice direttore della Cia, due senatori democratici della commissione intelligence, Ron Wyden e Martin Heinrich, parlarono di una persona “non adatta all’incarico” a causa del suo passato. “Siamo naturalmente ancora fortemente contrari alla sua nomina – aveva dichiarato Raha Wala, di Human Rights First – Le sue impronte digitali si trovano ovunque nel programma sulla tortura, per non parlare della distruzione delle prove”.
Nel giugno 2017 il centro europeo per i diritti umani e costituzionali chiese al procuratore generale in Germania di emettere un ordine di arresto contro la Haspel per le accuse di aver supervisionato le torture dei sospetti terroristi.
Questa la biografia della Haspel che circola in modo univoco su tutti i media mondiali!
Sarà proprio questo il curriculum vitae di questa donna? Certamente appare scarno per una esponente del gentil sesso che ha raggiunto un ruolo così importante negli Stati Uniti.
A Donald Trump si imputa un po’ di tutto, ma non ci si prodiga ad analizzare nei dettagli il suo programma. Il quale, a ben vedere, sembra in fin dei conti rispettato. Ed è in effetti proprio questo il punto: nel parlare di “tramonto del liberalismo”, ci si ferma sui contenuti del programma e della politica di Trump convinti che il “liberalismo” sia solo una determinata politica, quella che a lui sta a cuore dimenticando di porsi da un punto di vista “metapolitico”, non si coglie il lato “liberale” positivo, fra i vari politici negativi ( in prima istanza il protezionismo), dell’elezione del presidente texano alla Casa Bianca (che comunque, anche da un punto di vista politico, qualche merito pure lo ha, avendo ad esempio rotto l’egemonia assoluta che sulla mente americana aveva il politically correct).
Il problema è che l’élite giornalistico- culturale occidentale è scesa in campo ed è diventata partigiana e faziosa. Il richiamo a separare i fatti dalle opinioni è caduto in disuso e non c’è più. Perché la “ribellione delle masse”, che le menti pigre chiamano genericamente “populismo”, c’è sicuramente stata, e per un liberale si tratta di un male. Ma essa è coincisa, e anzi forse è stata preceduta, da un altrettanto radicale “tradimento delle élites” e questo ha generato ‘fastidi’.
Una cosa è certa: per i media Donald Trump ha sbagliato ancora una volta!
Raffaele Dicembrino