Comandante Natale De Grazia – A 25 anni dalla sua morte, un libro ricorda le sue indagini

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Comandante Natale De Grazia – Sono le prime ore del 13 dicembre 1995, qualche giorno prima del suo trentanovesimo compleanno, quando, all’altezza di Nocera Inferiore, il Comandante Natale De Grazia muore in circostanze che già allora appaiono sospette. De Grazia era un ufficiale della Guardia Costiera, in servizio presso la Capitaneria di porto di Reggio Calabria. Al momento della sua morte faceva parte del pool investigativo coordinato dal sostituto procuratore Francesco Neri, costituito per effettuare le indagini sulle “navi a perdere”, sospettate di essere state affondate, deliberatamente, con il loro carico di rifiuti radioattivi. Più di vent’anni di depistaggi, falsità e una verità – quella giudiziaria – che ancora non è stata scritta.

A 25 anni dalla morte di De Grazia, un’iniziativa editoriale ne ripercorre la vita e la carriera professionale.

Nel libro Navi Mute, con l’introduzione del Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, Sergio Costa e la prefazione del Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, Ammiraglio Giovanni Pettorino, gli autori Giampiero Cazzato e Marco Di Milla, partendo dal prezioso lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, raccontano non solo le indagini di De Grazia e i misteri intorno alla sua morte, ma anche l’uomo, attraverso i ricordi della moglie Anna Vespia e la voce delle persone – amici e colleghi – che lo hanno conosciuto da vicino.

Ne esce il ritratto di un uomo perbene, un ufficiale con un profondo senso della giustizia e dello Stato. Un eroe, nel senso più vero e profondo della parola.

«La sua è una straordinaria testimonianza di coraggio, di umiltà e volontà scrive l’Ammiraglio Pettorino nella sua prefazione – Una testimonianza che silenziosamente continua a ispirare il nostro pensare e, soprattutto, il nostro agire, sempre più rivolto a proteggere gli interessi del mare e dell’ambiente. Interessi di cui l’Italia, non va dimenticato, ne fa la sua ragione di vita, economica e sociale».

De Grazia era uno dei pochi capace di muoversi lungo il Mediterraneo per seguire le piste di quelle imbarcazioni. L’unico capace di leggere i registri navali e le carte dei Lloyd di Londra.

Già nel 2004 l’allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, insignì De Grazia della medaglia d’oro al Merito di Marina, perché  la sua opera «è stata contraddistinta da un altissimo senso del dovere che lo ha portato, a prezzo di un costante sacrificio personale e nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili», a svolgere complesse investigazioni nel settore dei traffici clandestini e illeciti operati da navi mercantili.

“Navi mute” è la prima pubblicazione all’interno di una collana intitolata “Storie di mare”, curata dal Comando Generale della Guardia costiera in collaborazione con le Edizioni All Around e rivolta a sostenere l’impegno di istituzioni e cittadini in difesa del mare e dell’ambiente, patrimonio comune da preservare per le generazioni future.

Così il Ministro Costa nell’introduzione al libro: «Il lascito di De Grazia deve essere vivo nelle nostre azioni quotidiane. Solo così potremmo onorarne la memoria concretamente»

Natale De Grazia era un ufficiale di 38 anni, capitano di fregata, lavorava nel pool investigativo della Procura di Reggio per un’inchiesta sul traffico di rifiuti tossici con il magistrato Francesco Neri.

Storie non solo di smaltimenti illegali di rifiuti ma anche di morte, come quella di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, troupe giornalistica del TG3 in Somalia, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 in circostanze mai chiarite.

Un certo progetto DODOS – Deep Ocean Data Operating System prevedeva il lancio sui fondali marini di “penetratori”, una sorta di siluri, di scorie radioattive. Una pratica realizzata in certe zone africane e nel Nord Europa in violazione della “Convenzione di Londra”.

La documentazione relativa a questa procedura veniva trovata in alcun cartelle durante una peruisizione da Natale De Grazia. E costituivano una controprova rispetto alle indagini svolte dal Corpo forestale di Brescia relative al possibile affondamento di una nave a Capo Spartivento.

Natale De Grazia infatti durante la perquisizione aveva trovato un’agenda del 1987 che il 21 settembre, giorno dell’affondamento della “Rigel”, recava la scritta “Lost the Ship.

Non è tutto. Per comprendere la situazione, o meglio il delicato contesto in cui si muove lo stesso capitano, occorre fare un passo indietro e tornare al 2 marzo 1994, quando una denuncia a carico di ignoti di Legambiente dà il via all’indagine di Neri.

Si ipotizzava l’esistenza di discariche abusive in Aspromonte – zona geo-morfologicamente assai adatta ai traffici illegali – contenenti materiale tossico e o radioattivo, arrivato nei porti calabresi e poi trasportato in montagna con gli automezzi pesanti.

Venivano poi perquisita la motonave “Korby”, battente bandiera albanese e sospettata di trasportare scorie radioattive (il cui carico tuttavia si suppose poi essere stato smaltito durante il tragitto Palermo – Reggio Calabria), e ritrovati 6 mila fusti di materiale tossico a Savona, probabilmente prossimi ad essere imbarcati per il Sud Italia.

Il collega Francesco Trott che da anni segue gli sviluppi di usta indagine scrive: “Nel marzo del ’95 l’indagine si arricchisce con le dichiarazioni di “Billy”, un teste segreto che chiamò in causa l’ENEA – Ente nazionale per l’Energia e l’Ambiente. “Billy” era l’ingegnere Carlo Giglio, dipendente dell’ente, che dichiarò di aver scoperto che la registrazione degli scarti nucleari era falsata per rendere incontrollabile il movimento in entrata e in uscita del materiale radioattivo.

A seguito delle sue relazioni ispettive nei centri ENEA di Rotondella (Matera) e Saluggia (Vercelli), era stato oggetto di ritorsioni diffamatorie. Ma le dichiarazioni di Giglio riguardavano anche il presunto coinvolgimento dell’ENEA in attività clandestine finalizzate a fornire tecnologia, materiale nucleare e armi da guerra all’Iraq.

Riferì anche dello smaltimento di rifiuti nucleari dell’ENEL – Ente nazionale Energia Elettrica – sotto la supervisione dell’ENEA, la cui destinazione sarebbe stata ignota.

E del ruolo strategico del porto di Palermo, poiché solo la mafia avrebbe potuto garantire la copertura ai traffici illeciti. Altre fonti confidenziali confermarono che Giorgio Comerio avesse avuto rapporti con l’ENEA proprio per lo smaltimento in mare dei rifiuti e che l’ente stava cercando di cancellare le prove di questi rapporti.

Anche l’Italia infatti aveva disperso in mare le scorie radioattive. Che sempre Comerio avesse proposto il progetto DODOS ad altri Stati con la possibilità di far inabissare le scorie a largo dei Paesi Baltici, che il porto di Reggio Calabria era snodo chiave per l’imbarco di containers verso Malta e Medio-Oriente.

Ecco lo scenario in cui si muove il capitano Natale De Grazia. Dalle carte sequestrate ai primi di maggio (e di cui Natale De Grazia trasmetterà un’informativa, avvalendosi anche del contributo del Sismi, al Procuratore Neri, il 25 dello stesso mese) emergeva un quadro ancor più agghiacciante.

Vi erano progettazioni riguardanti le telemine, contatti con paesi arabi e indiani, documenti di transizioni bancarie in dollari su banche svizzere, disegni di navi, dallo scarso valore commerciale e in degrado, da riparare e modificare per i traffici illeciti, con tanto di preventivi di spesa.

Erano le cosiddette “navi a perdere”. I progetti di modifica riguardavano la Jolly Rosso e la Acrux, denominata poi Queen Sea.

La prima si spiaggiò per un errore il 14 dicembre 1990 ad Amantea in località Formiciche (Cosenza). Si seppe in seguito che il comandante Bellantone della capitaneria di porto di Vibo Valentia avesse chiesto ai Vigili del fuoco accertamenti radiometrici sulla Jolly Rosso e sulla spiaggia circostante, in quanto a bordo della nave erano stati recuperati documenti con “strani cenni a materiale radioattivo” e altri simili a “un piano di battaglia navale”.

Nel 1991 la dogana di Paola dette il via libera alla Ignazio Messina & C. S.p.a., proprietaria della Jolly Rosso, a interrare i rifiuti nella locale discarica di Grassullo. Sarebbero stati registrati in via ufficiosa scarichi notturni e in luoghi non autorizzati nel bacino fluviale del fiume Olvia – dove sono state riscontrate sostanze tossiche (tra cui cesio 137, berillo, cobalto).

A partire dal 1994 le indagini non hanno saputo accertare né le cause dell’incidente né il materiale che era trasportato.

Il capitano Natale De Grazia stava compiendo ulteriori accertamenti in merito agli affondamenti sospetti, circa 180, stilando un elenco, consultando le carte assicurative registrate presso la compagnia Lloyd di Londra. In questo mare – è proprio il caso di dirlo – di casi, De Grazia si imbatté sulla motonave “Latvia”, ormeggiata presso il porto di La Spezia, ritenuta appartenente al KGB, i servizi segreti sovietici.

Esiste un’annotazione della polizia giudiziaria datata 10 novembre 1995 in cui si scrive: “Attualmente è ormeggiata alla diga di La Spezia, è stata messa in vendita (forse dal tribunale) ed acquistata da una società Liberiana con sede in Monrovia, tramite un ufficio legale di La Spezia.

Da fonte attendibile risulta che il prezzo pagato è superiore di quello del valore reale, e questo fa supporre che potrebbe essere utilizzata come “bagnarola” per traffici illegali di varia natura, in particolare di rifiuti nucleari e o tossico-nocivi”.

E si riportano alcune dichiarazioni di fonti confidenziali secondo cui la Latvia, come già successo per la Rigel e la Jolly Rosso, sarebbe stata allestita in quattro giorni con un carico non ben definito per poi seguire la rotta Napoli-Stretto di Messina-Malta. E del coinvolgimento di famiglie camorristiche e della massoneria.

Un mese dopo Natale De Grazia, che aveva ufficialmente la delega per indagare sulla Rigel, parte alla volta di La Spezia (con tappa a Massa Carrara), per incontrare una non meglio specificata fonte confidenziale.

Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1995. Sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, all’altezza di Nocera, dopo aver sostato e mangiato all’autogrill, il capitano muore. Il medico legale, la dottoressa Simona Del Vecchio, firma il referto in cui è scritto: “Morte improvvisa dell’adulto”.

La Procura di Nocera archivia il caso nel 1996. Natale De Grazia è morto per cause naturali. Il 15 dicembre, due giorni dopo la morte del capitano, la nave Latvia parte da La Spezia.

Dopo la scomparsa di De Grazia, il pool che indagava sui rifiuti si scioglie. E solo l’alba del nuovo millennio, con le denunce di associazioni e comitati cittadini, con le dichiarazioni sui rifiuti dei pentiti Carmine Schiavone e Francesco Fonti, ha saputo rilanciare la voglia di ottenere la verità ancor prima della giustizia.

Vorremmo che questa storia, come tutte le storie, avesse una morale. Ma purtroppo non ce l’ha. Ci rimane invece un mare, il Mediterraneo, cimitero di navi tossiche. E poi il ricordo di un ufficiale, del suo impegno, protratto fino alla morte”..

 

Link video “Guardia costiera in difesa dell’ambiente” dedicato alla memoria del Comandante De Grazia:

https://www.youtube.com/watch?v=q7uNcYLVLd8




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