RUSSIA – Mosca riduce gli orizzonti temporali sul fronte del grano: non si opporrà al prolungamento dell’accordo che garantisce la sicurezza delle esportazioni ucraine da tre porti del Mar Nero. E tuttavia l’intesa, mediata da Turchia e Nazioni Unite e in vigore dal luglio scorso, resterà valida per soli 60 giorni. Alla prima scadenza, in novembre, l’accordo tra russi e ucraini era stato prorogato per quattro mesi.
Dall’avvio dell’iniziativa, calcola l’Onu, dal Mar Nero è stato possibile esportare 24,1 milioni di tonnellate di grano e mais. È l’unico ambito in cui in questi mesi di guerra Mosca e Kiev hanno trovato un’intesa, per scongiurare una crisi globale e raffreddare i prezzi. Un accordo parallelo riguarda le esportazioni russe: ma ai colloqui di Ginevra Serghej Vershinin, viceministro russo degli Esteri, ha fatto notare che grano e fertilizzanti russi – sia pure esenti dalle sanzioni occidentali – continuano a imbattersi nelle restrizioni che regolano pagamenti, assicurazioni, trasporti. Mosca ha sempre insistito per vincolare il proprio via libera a un allentamento del regime sanzionatorio: «Le nostre prossime decisioni – ha detto Vershinin a Ginevra – dipenderanno da progressi tangibili nella normalizzazione delle nostre esportazioni agricole: non a parole ma nei fatti».
L’adattamento dell’economia russa a una guerra che un commentatore, Maxim Trudoljubov, ha definito «il nuovo normale» per Vladimir Putin, sarà giovedì al centro del primo “faccia a faccia” tra il presidente e una delle principali espressioni del business nazionale: i dirigenti dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori (RSPP). Il loro precedente incontro risale al 24 febbraio 2022, poche ore dopo l’annuncio dell’intervento in Ucraina.
«Nel corso di quest’anno – diceva qualche settimana fa una fonte riportata dal quotidiano economico Vedomosti – il mondo del business ha visto accumularsi interrogativi che hanno bisogno di un dialogo diretto con il potere». Gli industriali sono un po’ come tra due fuochi: da una parte fanno fronte a sanzioni senza precedenti che limitano i canali finanziari e logistici, le possibilità di rifornimento per componenti e tecnologie, l’accesso ai mercati tradizionali. Dall’altra parte, lo Stato in cerca di risorse per finanziare lo sforzo bellico ha fatto capire che chiederà all’industria un contributo maggiore.
Si ipotizzano imposte “una tantum”, trasferimenti produttivi a sostegno dell’industria militare. In cambio, il Cremlino potrebbe accettare di alleggerire le pene previste per i reati economici. «Le sanzioni le abbiamo affrontate – spiegava su Vedomosti Anatolij Aksakov, membro del board di RSPP e presidente della commissione parlamentare per i mercati finanziari -, ora la questione più importante è come costruire il Paese nelle nuove condizioni».