Savona risponde a Boeri su immigrati e pensioni

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Savona -Lettera aperta di Paolo Savona a Tito Boeri (Presidente INPS)

Caro Boeri,
avevo letto le tue dichiarazioni sul ruolo degli immigrati nel sistema pensionistico italiano e le avevo cercate inutilmente nella Relazione annuale dell’INPS, ma le ho trovate solo negli estratti stampa di un tuo intervento in uno dei tanti inutili e confusionari incontri che si tengono in Italia.

Conclusi che la lettura delle tue dichiarazioni poteva essere oggetto di interpretazioni positive e ho lasciato perdere. Sei tornato sul tema e ho sentito ripetere nuovamente i concetti nel corso di una trasmissione radio nella quale sostieni che il tuo ruolo all’INPS è di fornire informazioni statistiche sullo stato del sistema pensionistico; sarebbe cosa meritevole, perché quelle che fornisci non sono sufficienti e sono devianti perché le accompagni con interpretazioni che inducono a una valutazione distorta della realtà.

Tu dici che gli immigrati che hanno trovato un lavoro hanno versato oneri sociali di rilevante entità che servono per pagare le pensioni degli italiani e concludi che sono perciò indispensabili. Così presentata l’informazione induce a ritenere che ogni opposizione all’accoglienza di immigrati che non tiene conto di questo vantaggio è errata, accreditando la politica fallimentare finora seguita in materia.

La prima obiezione, che conferma la natura di interpretazione delle statistiche che rendi pubbliche, è che, se al posto degli immigrati ci fossero stati italiani, il gettito contributivo sarebbe stato lo stesso perché il sistema pensionistico italiano è basato sul metodo distributivo: i giovani lavoratori pagano per gli anziani andati in pensione e se tra essi vi sono immigrati non è la loro nazionalità a dare un carattere particolare al contributo che essi danno al sistema.

Potresti tutt’al più obiettare che le nuove assunzioni avvengono sovente in deroga al versamento degli oneri sociali e, quindi, in prospettiva il sistema pensionistico peggiora. Questo sarebbe assolvere al proprio dovere.

Non so se i giornali abbiano riferito una tua frase dove sostieni che non tutti gli immigrati finiranno con beneficiare di una pensione, ma questa è stata l’interpretazione. Se l’andazzo del bilancio e del debito pubblico continua, probabilmente tutti gli immigrati, non solo gli italiani, non beneficeranno della pensione attesa.

Mi indigna il solo pensare alla possibilità di un’espoliazione o decurtazione di valore della pensione che gli immigrati attendono. Se l’affermazione fosse tua, ha tutti i tratti del colonialismo d’antan. Sono favorevole all’inclusione di immigrati regolari nel mondo del lavoro, ma sono contrario che essi provengano dall’immigrazione irregolare, la cui numerosità è enormemente sproporzionata rispetto a quella del suo assorbimento da parte dell’attività produttiva, creando ben altri problemi sociali.

Trovo inoltre giuridicamente devastante che, se l’immigrato trova lavoro regolare, il suo illecito diventi lecito, perché induce scontento nel migliore dei casi e scarso rispetto della legge da parte di chi quotidianamente lotta per adempiere alle incombenze di cittadino; esse sono piene di scadenze che, se solo vengono saltate di un giorno, generano ammende. Anche all’INPS. Si introduce nel corpo delle leggi il concetto di violazioni sanabili e non sanabili.

Ritengo inoltre socialmente ingiusto che un immigrante illecito venga preferito a un giovane italiano perché disposto a lavorare a un salario inferiore; ancor più considero economicamente errato che si assista l’immigrante illecito a condizione che non lavori. I giovani italiani costretti a emigrare pur essendo preparati, di cui parli nelle tue dichiarazioni, sono il risultato di questo stesso modo di intendere la cittadinanza ed essendo tu equiparato a un funzionario dello Stato devi rispettare il dettato costituzionale e le leggi ordinarie, non “interpretarle” come fanno in troppi.

Se vuoi combattere per un’idea che ritieni giusta, devi lasciare l’INPS ed entrare nella tenzone politica o metterti a predicare come faccio io, rifiutandomi di conformarmi alla volontà dei gruppi dirigenti.
Credo che il risanamento del sistema pensionistico passi attraverso la trasformazione del metodo per ripartizione in metodo per accumulazione. Il primo passo è il ricalcolo del valore della pensione sulla base dei contributi versati, per poter comunicare a ciascun cittadino quale sia la quota di cui ha diritto e quale l’assistenza pubblica che riceve. Non per tagliare l’assistenza, ma per chiarire i rapporti tra cittadino e Stato.

Il secondo passo è una buona legge di tutela del risparmio pensionistico, che oggi manca. Spero che lo farai, risparmiandoci in futuro altri giudizi equivoci.
Grato per l’attenzione.
Paolo Savona




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