Movienerd – Cinema – Film: Captive State

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Captive State – Nel 2025, in America, la libertà non è più un lusso!
Captive State è un film scritto dal cineasta Rupert Wyatt (L’Alba del Pianeta delle
Scimmie, The Gambler, The Escapist) e da Erica Beeney (La Battaglia di Shaker Heights).
La loro singolare e originale sceneggiatura descrive una Chicago irriconoscibile, ed è
ambientata dieci anni dopo che la città è stata occupata da alcune forze extraterrestri.
Questo espediente fantascientifico serve per raccontare i pericoli che corrono oggigiorno
le libertà civili e il ruolo del dissenso all’interno di una società autoritaria. Il tutto viene
visto attraverso gli occhi di due Fratelli, che dopo l’invasione aliena rimarranno separati
per molto tempo, e si riuniranno solo quando il maggiore dei due guiderà un piccolo
gruppo di rivoluzionari intenzionati a mettere fuori uso il sistema di tracciamento alieno
che si trova in cima alla Sears Tower. Se avrà successo, la missione potrebbe significare
non solo la sconfitta degli alieni, ma anche la liberazione della razza umana.
Nel cast del film ci sono, John Goodman (10 Cloverfield Lane, Boston-Caccia all’Uomo,
Kong: Skull Island) nel ruolo di William Mulligan, un veterano poliziotto di Chicago che
per anni ha tenacemente indagato su un gruppo di ribelli impegnati a porre fine
all’occupazione aliena, sia per il rispetto che nutre nei confronti della legge che per lealtà
verso il suo ex-collega, morto durante l’invasione aliena, e i cui figli pensa facciano parte
del gruppo; Ashton Sanders (Moonlight, Straight Outta Compton, The Equalizer 2-Senza
Perdono) in quello di Gabriel, il più giovane dei due fratelli, che continua a cercare il
fratello scomparso ritenuto da tutti morto, ma che ora gira voce sia vivo e faccia parte
del gruppo di dissidenti che tramano la rivolta; Jonathan Majors (When We Rise, Hostiles,
Cocaine – La vera Storia di White Boy Rick) intrepreta Rafe, il fratello di Gabriel, il fuggitivo
chiamato ‘La Fenice’, colui che guida le forze intenzionate a porre fine alla dittatura degli
alieni facendo esplodere la Sears Tower e distruggendo lo strumento di controllo degli
alieni in cima al grattacielo; e l’attrice candidata agli Oscar®, Vera Farmiga (Tra Le
Nuvole, L’Evocazione-The Conjuring, Godzilla: King of Monsters) nel ruolo di Jane Doe,
una vecchia conoscenza di Mulligan, che ora per nascondersi ha assunto l’identità di una
escort, e nel cui misterioso passato potrebbe aver preordinato il futuro della razza umana.

Captive State è stato girato interamente in vere location di Chicago, in nove settimane.
Le riprese sono cominciate nell’inverno del 2017. Gran parte del film si svolge nel
quartiere etnico di Pilsen, a sudovest di Chicago.

LA STORIA
“Più che di una storia d’invasione aliena è una storia di occupazione aliena”, spiega il
regista Rupert Wyatt. “Le storie fantascientifiche di maggior successo sono sempre quelle
che, in un modo o nell’altro, rispecchiano la nostra società. Secondo me, Philip K. Dick è
uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi perché è sempre stato capace
di raccontare delle storie nelle quali noi come società riusciamo a immedesimarci”.
“Essendo questa una storia di fantascienza, o meglio una storia di fantascienza in stile
retrò, volevo riuscire a creare un intero mondo e una mitologia completa”, racconta Wyatt
riguardo il modo in cui ha sviluppato la storia. “Il film è ambientato nel futuro, e più
precisamente nel 2025, e cioè nove anni dopo l’invasione aliena. Ho preso ispirazione da
quello che sta accadendo nel nostro mondo oggi dal punto di vista sociale, politico e
ambientale, e l’ho esasperarto. Volevo creare un mondo che fosse ancora riconoscibile,
ma nel quale le libertà civili vengono negate e la tecnologia è regredita. La mia idea era
di creare qualcosa in cui potessimo ancora rispecchiarci, ma in un’ottica fantascientifica”.
Il produttore David Crockett racconta la storia del film, “Captive State è ambientato nove
anni dopo che gli alieni hanno invaso la Terra. Non è un film di fantascienza ambientato
in un altro mondo, ha un’ambientazione molto realistica”. Anche l’attore esordiente
Jonathan Majors, che interpreta il ruolo di un militante che si ribella contro l’occupazione,
ribadisce questo concetto: “Questo non è Star Trek. Non è Star Wars. È un mondo che
somiglia molto al nostro mondo attuale”.
Crocket interviene spiegando che: “Il film racconta la storia di un piccolo gruppo di ribelli
di Chicago, provenienti da ambienti e da realtà diversi. Io non la considero una storia
distopica o Orwelliana, anche se indubbiamente alcuni di quegli aspetti sono presenti nel
film. La storia è ambientata in un mondo non dissimile dal nostro. Se dovessi trovare delle
analogie tra Captive State e il nostro mondo, credo che il parallelo più simile sarebbe la
Germania Nazista, o l’Unione Sovietica di Stalin. In pratica è un regime totalitario che
controlla le libertà civili fondamentali e l’esistenza stessa delle persone”.
Nel breve prologo ricco d’azione Wyatt fa partire il suo racconto ammonitore nell’anno
2016, con un’invasione da parte degli alieni, e lo ambienta nel cuore stesso dell’America,
a Chicago; subito dopo introduce una famiglia Afro-Americana di quattro persone che
cerca di sfuggire al massacro: un agente di polizia, sua moglie insegnante e i loro due
figli, di 11 e 15 anni.
L’invasione prende una svolta drammatica quando gli alieni rendono inutilizzabili tutte le
apparecchiature elettroniche e digitali (veicoli, cellulari, computer), ossia TUTTO ciò da
cui l’umanità dipende per le sue comunicazioni quotidiane e la sua stessa esistenza.
Mentre tentano di fuggire l’uomo e la donna muoiono tragicamente… ma questi colossali
umanoidi mascherati, che intravediamo attraverso il parabrezza della loro auto,
risparmiano Rafe e suo fratello più piccolo, Gabriel.

Prima di compiere un salto in avanti di nove anni, vediamo comparire un messaggio
misterioso proveniente da un’organizzazione sconosciuta, che mette in guardia su quello
a cui la città e la razza umana stanno andando in contro, e spiega cosa fare per rovesciare
questo “stato di prigionia”.
Nove anni dopo, nell’anno 2025, un fascio di luce scintilla dalla Sears Tower, il grattacielo
simbolo della città, un tempo l’edificio più alto d’America e ora situato in una parte della
città inaccessibile, chiamata “La zona chiusa”. Simile alla Green Zone irachena o al muro
di Berlino, la “zona chiusa” è un’area immensa. È stata costruita dagli invasori alieni nel
centro della città ed è la loro fortezza. Qui essi si nascondono sottoterra dagli abitanti
della città, molti dei quali non hanno mai visto un extraterrestre. Questa cittadella serve
anche a proteggere il grattacielo dagli attacchi esterni.
Il faro in cima alla Sears Tower risplende ogni giorno sulla città ridotta in rovine. Il suo
scopo è sorvegliare e monitorare ogni singolo essere umano (ciascuno di loro ha un
microchip istallato chirurgicamente nel collo), e ha riportato la società umana, fino a poco
tempo prima completamente dipendente dalla tecnologia, al medioevo. Nove anni dopo
l’invasione, ogni strumento elettronico è diventato completamente obsoleto e non ci sono
più contatti tra la città e il mondo esterno.
Chicago ormai è una città in rovine e sospesa nel tempo. La popolazione vive sotto la
legge marziale ed è governata dall’oscurità da due diversi ranghi di esseri alieni: i
Legislatori, che comandano, e i Cacciatori, dei mercenari alti due metri che hanno il
compito di far rispettare la legge.
Wyatt racconta la storia attraverso gli occhi dei due fratelli sopravvissuti. Quelli di Gabriel,
ormai ventenne, che durante il giorno lavora in una noiosa fabbrica e di notte insieme a
un suo amico vende i chip di dati al mercato nero, e ruba e rivende illegalmente ogni
sorta di file digitale (foto, musica) risalente a prima dell’invasione. E quelli di suo fratello
più grande Rafe, che è diventato una figura misteriosa. I due non si vedono da quattro
anni, e si vocifera che Rafe sia morto. Dopo la morte dei loro genitori, Rafe si era occupato
di crescere suo fratello minore, fino al giorno in cui lo ha abbandonato per un bene
maggiore ed è entrato a far parte del gruppo di ribelli determinati a combattere
l’occupazione.
Ma un giorno i due fratelli si ritrovano e Gabriel scopre che Rafe ha vissuto sottoterra ed
ha assunto l’identità di un fuggitivo chiamato “La Fenice”. Rafe ora fa parte di un piccolo
Gruppo di dissidenti che guidano la rivolta per sovvertire il potere alieno e che vogliono
fare esplodere la Sears Tower per distruggere il sistema di sorveglianza in cima al
grattacielo, a quasi 500 metri di altezza dal suolo. E se avranno successo, la città potrà
finalmente riallacciare i contatti con il mondo esterno.

Oltre a dover sfuggire alle forze degli invasori, i rivoluzionari devono anche stare alla larga
dagli agenti delle forze di polizia locali che hanno scelto di collaborare con gli invasori
alieni. Uno di essi un tempo era un agente di nome William Mulligan, ed oggi è uno stoico
professionista che vive un profondo conflitto tra la lealtà verso il dovere e quella nei
confronti del suo ex-collega, il padre dei fratelli rimasto ucciso durante l’invasione.
Diviso tra la compassione verso i due giovani e l’obbligo di sgominare il piano ordito dai
ribelli, Mulligan monitora costantemente i movimenti di Gabriel, sperando
inconsapevolmente di riuscire a condurlo da suo fratello, che ora ha abbracciato una
dottrina per lui inaccettabile.
Esistere è resistere!
Wyatt ha tratto ispirazione per la sceneggiatura di questa storia così originale (scritta
insieme alla moglie, la sceneggiatrice Beeney) dall’opera di due stimati cineasti europei:
il francese Jean-Pierre Melville (Frank Costello Faccia D’Angelo del 1967, L’Armata degli
Eroi del 1969) e il regista italiano Gillo Pontecorvo (La Battaglia di Algeri candidato agli
Oscar® nel 1967).
“Uno dei miei cineasti preferiti è il regista francese Jean-Pierre Melville”, dice Wyatt. “Ha
lavorato principalmente negli anni ‘60 e ‘70. È stato un membro della Resistenza Francese
durante la guerra, e nel corso di tutta la sua carriera ha voluto raccontare delle storie
sulla lotta contro le forze di occupazione.
“Melville alla fine della sua carriera ha diretto un film intitolato L’Armata degli Eroi,
un’opera straordinaria, epica, incentrata sui dei personaggi”, prosegue. “È una pellicola
francese per antonomasia, ma è girata come un film noir. Mi ha ispirato molto per questo
film, come anche La Battaglia di Algeri. Ho voluto inserire alcuni elementi di entrambi
questi due film, ma in un contesto fantascientifico ambientato negli Stati Uniti”.
John Goodman racconta: “Rupert ha paragonato la sua storia alla Resistenza Francese
della Seconda Guerra Mondiale; mi piaceva questo suo approccio. Ho sempre ammirato
quelle persone perché rischiavano continuamente la loro vita per la libertà. Il tema di
questa storia è: Cosa saremmo pronti a sacrificare per la pace interiore e per la libertà?”.
Goodman aveva già lavorato insieme a Wyatt nel 2014 nel film drammatico, The Gambler.
Majors, al suo secondo ruolo cinematografico dopo il debutto nel western di Scott Cooper,
Hostiles, approfondisce la trama del film: “Gli Stati Uniti d’America sono sotto
occupazione. Probabilmente siamo uno dei pochi paesi che hanno avuto la fortuna di non
aver mai subito un’occupazione. E siamo in una situazione di grande vulnerabilità perché
siamo stati occupati da qualcosa che è infinitamente più potente di noi. Com’è possibile
che l’America sia stata occupata? Eppure è successo, siamo stati invasi dagli alieni. Hanno
preso il commando del nostro governo. Ora sono loro che comandano le nostre vite e le
nostre menti. Gli orologi digitali sono scomparsi. Così come qualsiasi altro dispositivo

tecnologico. Rafe, il mio personaggio, a un certo punto dice: ‘Il tempo sta scorrendo
all’indietro, stiamo tornando al Medioevo. Stiamo andando verso l’estinzione”.
“Viviamo in un luogo che è tenuto sotto stretta sorveglianza”, prosegue Majors. “Gli alieni
ci comandano a loro piacimento. Non c’è modo di comunicare con le altre persone né con
gli alieni. Ormai non possiamo far altro che esistere… e nel frattempo loro ci osservano.
Non è certo questa l’esistenza che vorremmo avere. Non abbiamo più internet. Le
connessioni viaggiano a 56k. La stampa è stata abolita, è persino vietato viaggiare. Solo
alcuni individui sono autorizzati a farlo”.
Il Produttore Crockett, che come Goodman aveva già collaborato insieme al regista in The
Gambler, aggiunge: “Rupert ama la Storia e le storie d’insurrezioni e di rivoluzioni. Credo
che avesse questa storia in testa da parecchio tempo. Ha avuto bisogno di un po’ di
tempo per capire chi potessero essere gli invasori, ma quando ha deciso che sarebbero
stati gli alieni, il film ha letteralmente spiccato il volo. E a mio avviso, una delle cose più
interessanti e appassionanti riguardo la storia era il tema, ‘Cosa sareste pronti a fare per
la libertà?’
“Che succederebbe se i vostri diritti fossero letteralmente spazzati via da degli invasori
dotati di una forza immensa?” Chiede Crockett. “Ve ne stareste seduti a non fare niente,
o vi ribellereste? Credo sia questo il fulcro tematico della storia, che però non fornisce
alcun giudizio al riguardo. Secondo me nessuno sa come reagirebbe in una situazione del
genere finché non accade realmente”.
“Ritengo che Captive State si inserisca perfettamente nel filone delle opere realizzate dalla
Participant Media, perché non solo racconta una grande storia, ma affronta anche delle
tematiche attinenti al nostro mondo attuale”.
Participant Media è la maggiore società media dedicata all’entertainment. Ha realizzato
numerosi film che incoraggiano gli spettatori a riflettere su diverse tematiche sociali, tra
cui le pellicole vincitrici dell’Oscar® come Miglior Film, Il Caso Spotlight e Green Book;
ROMA e Una Donna Fantastica (vincitori dell’Academy Award® come Miglior Film
Straniero); e Una Scomoda Verità e CITIZENFOUR (vincitori dell’Oscar® per il Miglior
Documentario).
“La nostra storia è ambientata nel 2025. Gli alieni stanno minando le nostre risorse,
saccheggiano il nostro pianeta, stanno cominciando ad avere un effetto negativo sul
nostro mondo”, prosegue Crockett, descrivendo l’attualità della sceneggiatura. “Anche se
il film è ambientato in estate, il paesaggio sembra quasi invernale. Questo è un chiaro
riferimento al cambiamento climatico. È un film con una coscienza sociale perché pone
degli interrogativi come, ‘Quali sono le nostre responsabilità verso la razza umana? Quali
sono le nostre responsabilità nei confronti del pianeta?’”.

 




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