L’atmosfera è incantevole e ci troviamo a Roma nel verde del centro della capitale per una mostra tutta da ammirare.
La mostra VIVID MEISEN, tra gli eventi celebrativi del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, presenta kimono, puntando i riflettori su quelli più colorati e liberi d’espressione. Il kimono meisen è nato con la modernizzazione del Giappone. Sebbene fin dall’antichità la seta fosse prodotta in molte località del Giappone, è a partire dal 1854, anno di apertura delle relazioni diplomatiche con l’estero, che la produzione registra un impulso decisivo. La seta grezza diviene il principale bene di esportazione verso l’Europa e gli Stati Uniti. La grande quantità di bozzoli prodotti era inversamente proporzionale alla qualità, spesso inferiore o fuori standard; perciò, la merce non esportabile viene utilizzata dai sericoltori in tessuti ad uso familiare.
Inizia così la storia del kimono meisen. In parallelo all’esportazione della seta grezza, la vita dei giapponesi subisce un repentino e variegato stravolgimento a seguito dell’introduzione di novità di provenienza occidentale come cinema e caffetterie, ballo e moda. Al cambio dello stile di vita corrispondono motivi e colori dei kimono nuovi, frutto dell’influenza dell’arte europea d’avanguardia; il design originale del kimono meisen può essere interpretato come la risposta tessile alle correnti artistiche dell’epoca, ovvero impressionismo, cubismo, fauve e futurismo italiano.
Con tale impianto culturale, il panno di seta economico con motivi dirompenti, inizia ad essere prodotto in quantità nella pianura del Kanto, alias Tokyo e vicinanze, in particolare a Hachioji, Ome, Chichibu, Isesaki, Kiryu, Ashikaga e Sano, dove le novità della moda arrivano rapidamente e la distribuzione di nuovi prodotti è frequente.
Nello stesso momento, l’educazione scolastica femminile conosce più ampia diffusione, nasce la figura sociale della donna lavoratrice. Nella prima metà del Novecento il kimono meisen riscuote un enorme successo in tutto il Giappone. Il meisen, abito dal design moderno a un prezzo abbordabile, incarna un’idea popolare di estetica attiva e vigorosa. La mostra VIVID MEISEN intende presentare il brio società giapponese dell’epoca, attraverso gli splendidi colori dei kimono.
Un kimono prêt-à-porter, che iniziò a far bella mostra nelle vetrine dei grandi magazzini per una donna moderna che non aveva più paura di osare indossando colori e motivi dirompenti in auge fino agli anni Cinquanta e oggi oggetto di rinnovato interesse. Le visite possono essere effettuate presso l’Istituto Giapponese di Cultura, via Antonio Gramsci 74, info: 06.3224754, www.jfroma.it, orari: lunedì-venerdì 9-12.30 e 13.30-18.30, mercoledì fino alle 17.30, sabato 9.30-13.00. Ingresso libero e visite guidate gratuite) si inserisce tra gli eventi celebrativi del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, e presenta una selezione di questi kimono testimoni di uno stile raffinatosi in anni di repentini cambiamenti sociali, rappresentativi di epoche e aree del distretto tessile dell’area centrosettentrionale del Paese: Ashikaga, Chichibu e Isesaki. Gli abiti sono stati suddivisi in sezioni tematiche: fiori, arti grafiche, motivi tradizionali, fauna, motivi di macchine e macchinari, poster di bellezze d’epoca.
In origine il termine kimono veniva usato per ogni tipo di abito; in seguito è passato a indicare specificamente l’abito lungo portato ancor oggi da persone di entrambi i sessi e di tutte le età. Il kimono è molto simile agli abiti in uso durante la dinastia cinese Tang.
Il kimono è una veste a forma di T, dalle linee dritte, che arriva fino alle caviglie, con colletto e maniche lunghe. Le maniche solitamente sono molto ampie all’altezza dei polsi, fino a mezzo metro. Tradizionalmente le donne nubili indossano kimono con maniche estremamente lunghe che arrivano fin quasi a terra, chiamato furisode. La veste è avvolta attorno al corpo, sempre con il lembo sinistro sopra quello destro (tranne che ai funerali dove avviene il contrario) e fissato da un’ampia cintura annodata sul retro chiamata obi.
Molti credono che il kimono sia l’uniforme utilizzata nella pratica delle arti marziali giapponesi, dovuto spesso all’errata credenza diffusa nei film del genere; in realtà si usa il termine keikogi per identificare l’abbigliamento per la pratica delle discipline marziali.
Il kimono viene generalmente abbinato a delle calzature tradizionali giapponesi (simili alle infradito): i sandali zori e i geta con lo yukata e a dei calzini che dividono l’alluce dalle altre dita chiamati tabi. Solitamente quest’ultimi non utilizzati con lo yukata, dove di solito si tengono i piedi scoperti con i soli geta, ma c’è una versione di tabi leggeri ed elastici che può venire utilizzata.
Al giorno d’oggi, al contrario di quello che spesso si crede, il kimono è un capo d’abbigliamento non necessariamente costoso. Normalmente i kimono nuovi, essendo un abito pregiato, possono costare molto, soprattutto se d’autore, ma si riescono a trovare anche a prezzi bassi. Infatti in Giappone si usa ormai spesso acquistare i kimono e alcuni accessori come ad esempio l’obi, nel mercato dell’usato, tramite i vari negozi o siti internet dedicati che offrono una vastissima scelta e dove c’è molta richiesta anche dagli stranieri, siccome il prezzo dei kimono usati scende vertiginosamente, arrivando a costare anche pochissimo e sono tenuti come nuovi.