Editoria – Libro: Francesca Totolo presenta “Inferno SPA”

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Inferno SPA – In un periodo storico in cui le migrazioni sembrano dover divenire sempre più strumento di divisione tra fazioni, oggi vi segnalo una lettura molto interessante sulle migrazioni e sul fenomeno delle ONG. Un argomento certamente divisivo ma che va analizzato cercando di venire a capo di una situazione di contrasto che si è venuta a creare in Italia e sulla quale i perchè sono sconosciuti ai più!

Ho voluto leggere questo libro perchè, nonostante abbia delle idee personali ben precise sull’argomento reputo necessario approfondire quello che appare un mondo ricco di problematiche e contraddizioni, un mondo in cui il bene si collega al male, un mondo in cui aiutare è imporante ma senza speculare.

Tutto questo e molto altro lo troviamo nel libro della giornalista Francesca Totolo dal titolo “Inferno Spa”.

“Benvenuti a bordo della nave che vi porterà a spasso tra i professionisti dell’accoglienza. Un viaggio surreale tra speculatori internazionali, ex mercenari, esponenti governativi e uomini d’affari. Un viaggio, tra i costruttori di quella open society intrisa di colpa, verso le maree umane in arrivo da oltremare, che tutto l’occidente civilizzato dovrebbe espiare attraverso la condivisione e la decrescita felice. Un viaggio tra i fautori dell’abolizione dei confini, delle specificità, delle culture. Un viaggio tra i mondialisti più convinti e feroci, quelli disposti a reclutare un esercito di influencer a tutti livelli: giornalisti, politici, magistrati, avvocati e tanti altri. Quelli disposti a pagare le folli spese di organizzazioni non governative per creare corridoi in grado di azzerare le distanze tra i continenti, ma non i rischi connessi a questo attraversamento. E di nomi, di sigle e, soprattutto di soldi nel corso di questo viaggio, ne incontrerete davvero un mare.

 

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Francesca Totolo, domese di nascita, milanese d’adozione, un passato come responsabile ufficio stampa e comunicazione. È ricercatrice indipendente ed esperta in immigrazione e geopolitica, collaboratrice ed autrice de Il Primato Nazionale e di diverse testate specializzate, italiane ed estere.

Le sue inchieste, riprese da diversi media internazionali, hanno evidenziato le zone d’ombra dei salvataggi di migranti compiuti dalle organizzazioni non governative attive nel Mediterraneo. Inferno SPA è il prodotto di due anni di ricerca e analisi in merito al business dell’accoglienza, celato dai proclami dei sedicenti umanitari

 

Nella prefazione di Gianandrea Gaiani (Analisi Difesa) è subito ben chiaro quali sono i concetti che ritroveremo nel libro.

Non era mai accaduto che un fenomeno criminale godesse di un così vasto supporto internazionale da parte di governi, partiti politici, organizzazioni civili/religiose e movimenti di opinione così come nella Storia non era mai accaduto che uno Stato o un gruppo di Stati rinunciassero ad esercitare il controllo dei propri confini.

L’immigrazione illegale su vasta scala che interessa l’Italia e l’Europa, soprattutto dal 2013, attraverso le rotte del Nord Africa e della Turchia rappresenta un fenomeno di portata storica non solo per l’entità dei flussi migratori illeciti ma anche e forse soprattutto per il supporto che, direttamente o indirettamente, questi traffici ricevono in Occidente da quanti cercano di interpretare come un problema umanitario quello che in realtà è un grave problema di sicurezza e una minaccia alla stabilità della Nazione.

L’accoglienza praticata negli ultimi anni è stata riservata non a popoli o persone oppressi da guerre e persecuzioni ma semplicemente a chiunque paghi trafficanti per raggiungere l’Europa. Non ci sono state iniziative dell’Europa o dei singoli governi a favore di popolazioni perseguitate ma ci si è limitati a lasciare a criminali (che tutti i servizi d’intelligence ritengono finanziatori delle organizzazioni terroristiche jihadiste) il potere di stabilire chi debba essere accolto a casa nostra.

Una scelta sciagurata, adottata in base al principio che i flussi migratori dai Paesi più poveri fossero ineluttabili, addirittura nei nostri interessi (in base a discutibili valutazioni economiche, sociali e demografiche), non arginabili e alla eliminazione, nel nome dell’emergenza umanitaria, della differenza tra immigrazione legale e clandestina.

Principi sui quali si basa, a ben guardare, anche il Global Compact for Migration delle Nazioni Unite, organizzazione che da tempo sostiene che il calo demografico nei Paesi sviluppati debba essere compensato con robuste iniezioni di immigrati dai Paesi in via di sviluppo e dal Terzo Mondo.

Negli ultimi anni in Italia come nel resto d’Europa si è accuratamente evitato di prendere in esame l’adozione di misure pragmatiche, idonee a fermare i flussi illegali e a combattere i trafficanti seguendo modelli vincenti come quello dell’Australia che con la politica del “No way” e l’operazione navale “Sovereign Borders” ha stroncato con i respingimenti assistiti i flussi migratori illegali su spazi marittimi decisamente più ampi di quelli mediterranei.

Anzi, l’Italia e poi l’Unione Europea hanno impiegato gli strumenti militari come “fiancheggiatori” dei trafficanti con le flotte delle operazioni Mare Nostrum, Sophia, Triton e Themis intente a soccorrere in mare i migranti illegali per trasferirli per la stragrande maggioranza in Italia, dove dal 2013 sono ne stati sbarcati oltre 700 mila.

A ben guardare, anche l’impiego così massiccio e prolungato di navi da guerra nella funzione di “traghetti” non ha precedenti nella Storia come non ne ha la rinuncia totale alla difesa dei propri confini, a stabilire chi sia autorizzato o meno ad attraversarli: da sempre prerogativa degli Stati.

Nonostante la potenza di fuoco mediatica, politica e culturale dell’ampio fronte “immigrazionista”, che include quegli ambienti legati al mondo cattolico e della sinistra (che grazie all’accoglienza degli immigrati illegali hanno incassato gran parte degli oltre 17 miliardi di euro stanziati negli ultimi anni dall’Italia per “l’emergenza immigrazione”), le rilevazioni demoscopiche e i risultati delle ultime tornate elettorali hanno dimostrato come l’opinione pubblica abbia invece ben colto la minaccia rappresentata dai flussi migratori incontrollati.

Il governo guidato da Giuseppe Conte e soprattutto la politica dei “porti chiusi” adottata dal vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, hanno dimostrato non solo l’inadeguatezza della Ue a far fronte a tale minaccia ma soprattutto che i flussi dal Nord Africa possono essere fermati e non solo rallentati come aveva già fatto il precedente ministro dell’Interno, Marco Minniti, che dovette affrontare un durissimo fuoco incrociato proveniente dalle forze che sostenevano lo stesso governo di centro-sinistra di cui faceva parte.

Nel 2018 sono sbarcati in Italia 23.370 migranti, l’80,42% in meno rispetto al 2017 (quando furono 119.369) e l’87,12% in meno rispetto al 2016 (181.436). Decremento ancora più elevato se si prende in considerazione il solo numero di quelli provenienti dalla Libia: 12.977, l’87,90% in meno rispetto al 2017 e il 92,85% in meno rispetto al 2016.

Se si aggiunge che nel 2018 gli sbarcati da quando è entrato in carica il governo Lega-M5S sono stati poco più di 9mila e che sono aumentate anche le espulsioni, appare ancora più evidente il successo ottenuto dalla politica dei “porti chiusi”, unico elemento in grado di scoraggiare i migranti illegali a rivolgersi ai trafficanti e ad azzerare i flussi.

Un successo riconosciuto implicitamente anche dall’agenzia Ue per le frontiere Frontex che nel 2018 ha registrato “solo” 150mila immigrati illegali nel Mediterraneo (il livello più basso degli ultimi 5 anni con un – 92% rispetto al 2015) che per lo più hanno raggiunto la Grecia dalla vicinissima Turchia e la Spagna (che non ha chiuso i suoi porti) attraverso la rotta marocchina.

La chiusura dei porti quindi “paga” anche in termini di vite umane salvate poiché l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha reso noto a fine anno che il numero di migranti morti cercando di attraversare il Mar Mediterraneo è sceso del 28% nel 2018 rispetto all’anno precedente: 2.262 contro 3.139.

La chiusura dei porti unita al potenziamento della Guardia Costiera libica, che oggi soccorre e riporta indietro la gran parte dei migranti illegali salpati su barconi e gommoni, costituiscono la risposta più efficace per fermare il fenomeno criminale, insieme all’aumento delle espulsioni dall’Europa e al potenziamento dei rimpatri già da tempo attuati dalla Libia dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) anche grazie ai fondi stanziati dall’Italia.

In questa fase in cui appare finalmente possibile stroncare i traffici di esseri umani il ruolo della lobby dei soccorsi e dell’accoglienza è di tutta evidenza anche sul mare, dove qualche Ong cerca di tenere aperta la “rotta libica” facendo trovare le proprie navi “casualmente” proprio di fronte al tratto di cista libica in cui i trafficanti fanno salpare i barconi.

La convergenza di interessi tra i trafficanti da una parte e Ong e lobby politico-affaristica dell’accoglienza dall’altra costituirà anche in futuro la sfida più importante per governi che vogliano ripristinare il controllo dei confini e stroncare i traffici di esseri umani.

Per questo è sempre più marcata la necessità che gli Stati europei taglino fuori i soggetti privati quali sono le Ong (che obbediscono a interessi economici e politici diversi e spesso opposti a quelli nazionali) dalla gestione dei flussi migratori illegali ribadendo il principio che i problemi di sicurezza sono di esclusiva competenza degli strumenti messi in campo dagli Stati.

Importanti anche le dichiarazioni dell’autrice, sull’analisi approfondita delle realtà che gravitano attorno al mondo dell’immigrazione via mare. E’ giunto forse il momento cui si riuscirà a scoperchiare il vaso di Pandora?

«Il vaso di Pandora è già stato scoperchiato nel 2017, quando il video di Luca Donadei, che mostrava le rotte delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo, ha documentato quello che fino a quel momento era solo ipotizzato: le navi delle Ong imbarcavano i migranti a due passi dalle coste della Libia, e non nel Canale di Sicilia come riportato dalla stampa italiana. Da quel momento, grazie ad un lavoro certosino di ricerca, sono riuscita a evidenziare tutte le zone d’ombra delle organizzazioni, dai trasbordi che certamente non potevano essere definiti salvataggi, passando per la stretta collaborazione con la Milizia di Zawiya, i cui membri sono poi stati arrestati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, fino all’opacità dei dati finanziari delle Ong. Lo smalto rosso applicato dalle volontarie di Proactiva Open Arms allo scopo di “rasserenare” la naufraga Josefa, come fosse una normale prassi medica nei casi di grave ipotermia, è stato un ulteriore passaggio per svelare l’ipocrisia dei sedicenti umanitari. Da quel fumoso salvataggio, è nato un cortometraggio trasmesso sul canale Espn, dove ritroviamo la stella Nba, Marc Gasol, nei panni del “salvatore di migranti”. La sua presenza a bordo della nave Open Arms, con una troupe da fare invidia ad una grande produzione hollywoodiana, non era certamente casuale.

Di fatto, nella tua esperienza, che rapporto esiste tra le attività delle organizzazioni non governative di cui parli e i dati relativi a salvataggi e morti?

«Ho pubblicato diversi inchieste al riguardo. I dati, forniti dalle agenzie della Nazioni Unite, Unhcr e Iom, evidenziano chiaramente la relazione tra l’aumento delle morti davanti alle coste libiche e la presenza delle Ong. Ad esempio, nel 2016 con ben otto organizzazioni presenti nelle acque prospicienti alla Libia, si è toccato il record negativo di migranti morti, ben 4.851, mentre nel 2018, grazie al consolidamento degli accordi con il Governo di Tripoli, la chiusura dei porti alle Ong e il ritiro dalle missioni di Medici Senza Frontiere, Moas e Save The Children, il numero dei morti è sceso a 1.314.

I migranti sono vittime, prima di tutto? di chi e cosa?

«Le principali vittime del business dell’accoglienza sono stati purtroppo i migranti, illusi dai “responsabili marketing” assoldati dai trafficanti nei Paesi di origini, che hanno promesso ricchezza e welfare una volta raggiunta l’Italia e l’Europa. I migranti, per potersi pagare la tratta, spesso sono stati costretti a vendere le proprietà di famiglia o, ancor peggio, ad indebitarsi con la malavita locale che poi ha chiesto il conto una volta arrivati in Italia. Molti immigrati infatti, appena sbarcati, sono finiti in strada a spacciare per conto della mafia nigeriana, ormai la monopolista del mercato della droga. Peggiore sorte è toccata alle ragazze, passate direttamente dalle proprie città ai marciapiedi italiani, schiave del sesso e obbligate a vendere il proprio corpo dai loro stessi connazionali. Gli immigrati, in Italia, sono altresì vittime della malagestione dell’accoglienza. Molte cooperative, interessate evidentemente solo all’utile di bilancio, hanno ristretto al minimo i costi connessi al vitto e alloggio destinati agli ospiti, spesso alloggiandoli in strutture non adeguate e fatiscenti, e alimentandoli con cibi non certamente consigliabili ad esseri umani. Evidentemente gli immigrati sono considerati solo come una mera “risorsa” economica, e non certo come persone, soprattutto dalle cooperative più influenti che gestiscono i centri di accoglienza più grandi. Inoltre, i richiedenti asilo non più beneficiari dei 35 euro giornalieri, in seguito al diniego della protezione internazionale (la percentuale si aggirava sul 60 per cento del totale delle richieste), sono stati scaricati immediatamente dai centri di accoglienza, ritrovandosi quindi in strada senza nessuna possibilità di sopravvivenza nella legalità.




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