Edhel la ragazza che mette in scena bullismo e disabilità al cinema

410

Il cinema torna a parlare di bullismo e persone diversamente abili con il film #Edhel.
Edhel è un racconto intimo, il viaggio tra sogno e realtà di una ragazzina nata con una “malformazione”: le orecchie a punta. La sua condizione le crea non pochi disagi, a scuola come a casa. Con sua madre, infatti, il rapporto è difficile. L’amore tra le due è eguagliato solo dalla loro distanza. Un padre morto prematuramente, a causa di un incidente a cavallo, ha complicato non poco la situazione. Edhel si sente sempre più sola, in un mondo che non sembra né capirla né ascoltarla. Nasconde il suo segreto con un cappuccio, la sua barriera contro ogni male. Vittima di bullismo, affronta i suoi giorni con grande angoscia e solitudine. L’incontro con Silvano, il bidello nerd, sarà l’inizio di un nuovo percorso verso la consapevolezza: forse il suo non è un difetto, ma una straordinaria caratteristica che la definisce come essere magico, un elfo. Tra mille dubbi e paure, Edhel, come il film stesso, altalena tra due ipotesi, tra due piani: quello fisico, di una semplice bambina che vive un’infanzia difficile e quello metafisico e immaginifico, sentito, desiderato, accennato attraverso un bosco, simbolo di un confine che se oltrepassato forse cambierebbe tutto. Nell’illusione che un altro mondo esista alberga la speranza di una nuova vita. Ma alla fine, ciò che conterà realmente saranno i rapporti, gli affetti, l’imparare ad amarsi e ritrovarsi, i sentimenti come unico motore dell’equilibrio di ognuno di noi.

La storia è presto narrata: Edhel è una bambina nata con una malformazione del padiglione auricolare che fa apparire le sue orecchie “a punta”. Affronta il disagio chiudendosi in se stessa e cercando di evitare qualunque rapporto umano che non sia strettamente necessario. La scuola e i compagni, per lei, sono un incubo. L’unico posto in cui si sente felice è il maneggio in cui Caronte, il suo cavallo, la aspetta tutti i pomeriggi così come faceva con suo padre prima che morisse in un incidente di gara. Edhel vive con la madre Ginevra. Il rapporto tra le due è difficile e conflittuale. Ginevra preme perché la figlia si operi, correggendo quel difetto che la separa da una “normalità” convenzionale. Lo desidera per il bene della figlia, affinché possa essere felice come le sue coetanee. L’incontro con Silvano, il bizzarro bidello che inizia Edhel al mondo del fantasy, convince la ragazza della possibilità che quelle orecchie siano il chiaro segno della sua appartenenza alla nobile stirpe degli Elfi. Da quel momento in poi, Edhel inizierà a credere nella magia di poter essere finalmente se stessa.
Si tratta dunque del primo lungometraggio del giovane regista casertano Marco Renda. Edhel racconta il percorso di formazione della piccola protagonista nata con una peculiarità che rappresenta un grosso fardello in un mondo dove l’omologazione detta la regola. Il film è un accorato atto di denuncia contro l’ignoranza di chi discrimina ciò che non riesce a capire. La fragilità di una bambina di 11 anni, devastata da un lutto gravissimo, è un’arma devastante nelle mani di chi non vuole vedere la bellezza di ogni singola individualità. E se la realtà a volte crea dei mostri alimentati dall’intolleranza e dalla paura nei confronti di ogni rivendicazione di autenticità, la fantasia, al contrario, può rappresentare uno spazio di conforto dove ritrovare il coraggio di essere liberi. L’incontro “magico” tra i due protagonisti, Edhel e Silvano, due solitudini diverse ma complementari, è l’occasione per ribaltare i loro destini, ritrovando quel coraggio che la vita impone.

Renda affronta in ‘Edhel’ il tema del bullismo e della diversità, incrociato con il fantasy all’italiana, strada ampiamente aperta da Gabriele Salvatores con ‘Il ragazzo invisibile’ del 2014 e ‘Il ragazzo invisibile 2’ del 2017. Si tratta ovviamente di budget molto diversi, ma ‘Edhel’ è la conferma il fantasy per ragazzi in Italia si può fare a costi contenuti e non senza riconoscimenti: oltre a Giffoni, infatti, la pellicola è stata premiata ai Los Angeles Film Awards 2017 con ben quattro premi come Migliore regia, Miglior film, Miglior cast e Miglior film indipendente.

Complimenti anche alla prova nella difficile parte di Edhel della talentuosa dodicenne Gaia Forte, affiancata da due mostri sacri della recitazione come Mariano Rigillo e Fioretta Mari.
L’attrice Roberta Mattei nel film è Ginevra: “Ho cercato di pensare come una mamma ed entrare nella mente di una bambina di 11 anni. Mi sono appellata a quel senso di protezione che in qualche modo ho sviluppato grazie alla nascita dei miei nipoti. E di immedesimarmi in una donna che perde il compagno di una vita, il suo punto di riferimento”.

Come combattere gli stereotipi? “Cercando di non seguire i canoni stabiliti dalla società e i modelli che ci vengono imposti. Non assecondiamo tutte le richieste che ogni figlio fa perché in qualche modo lo fa sentire parte di altro. Bisogna cercare di dare valore a tutte quelle cose che non passano attraverso i mass media ma piuttosto provare ad avere una maggiore attenzione più all’interno che all’esterno. L’importante è capire quello che ci piace e ci appartiene e soprattutto quello che possiamo sviluppare in noi che è diverso dagli altri. Edhel si sente sola ed è vittima di bullismo, un fenomeno che sta diventando sempre più dilagante. Tutto questo si può fare creando una coscienza nei ragazzi che si forma attraverso l’educazione e l’insegnamento di alcuni valori. Nelle scuole ci sono moltissimi professori che cercano di sensibilizzare gli allievi attraverso il contatto fisico, attraverso l’esplorazione dell’altro, attraverso un’analisi collettiva insieme agli altri ragazzi. Cercando di fare capire che l’altro non è diverso da noi ma è una parte di noi. Quindi se stai facendo del male a qualcuno, in realtà stai insultando te stesso questo è un aspetto che si tende in qualche modo a ignorare, a pensare che non esista”.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *