Zanna Bianca – Nei cinema italiani è nelle sale da pochi giorni uno dei personaggi più amati dai bambini (e non solo) di tutto il mondo, “Zanna Bianca”, per la prima volta in un film di animazione.
Zanna Bianca, per i pochi che non lo ricordassero, è un fiero e coraggioso cane lupo. Dopo essere cresciuto negli spazi innevati e ostili del Grande Nord, viene raccolto da Castoro Grigio e dalla sua tribù indiana. Ma la malvagità degli esseri umani obbliga Castoro Grigio a cedere l’animale a un uomo crudele e malvagio. Zanna Bianca viene salvato da una coppia di brave persone, grazie alle quali imparerà a controllare il suo istinto selvaggio, diventando il loro amico fedele.
Il regista Alexandre Espigares ci ha parlato del film (80 minuti di pellicola tutta sa seguire): “Alla fine del 2014 fui contattato da Lilian Eche, uno dei produttori del film, che voleva propormi la regia di Zanna Bianca. Lessi la sceneggiatura e ne rimasi molto entusiasta. Mi piaceva perché era diversa da tutte le altre cose che siamo abituati a vedere nei film di animazione per famiglie. Il mio primo pensiero è stato quello di farne un western all’italiana. Essendo un grande fan di questo genere, intravedevo l’opportunità di percorrere questa strada. Per una volta tanto gli animali non parlavano e non cantavano. La logica era quella di seguire l’animale nella natura, senza dialoghi; un presupposto che ho voluto preservare a qualsiasi costo. Anche quando si passava vicino agli esseri umani non volevo che ci fossero troppi dialoghi. Un film, secondo me, deve raccontarsi prima di tutto attraverso le immagini, non attraverso le parole. Senza voler criticare nessuno, ritengo che i film di animazione spesso abbiano la tendenza a spiegare eccessivamente la trama, a voler prendere troppo lo spettatore per mano. Soprattutto i bambini, perché spesso si teme che non riescano a capire tutto; cosa su cui io non sono assolutamente d’accordo. In seguito, conobbi Stéphane Gallard e Antoine Poulain, che si stavano occupando della creazione grafica e che avevano già speso molto tempo a lavorare sui personaggi e sul loro look. Il lavoro che avevano realizzato è stato ciò che mi ha definitivamente convinto. Mi piacque molto la direzione che avevano preso. Avevano creato un design realista ed esagerato, nel senso che le proporzioni dei personaggi spesso erano esagerate rispetto alla realtà. Per alcuni di essi si sfiora la caricatura. Io ho un debole per le fisionomie che si vedono nei western italiani, per quei visi al limite della smorfia, come quello di Klaus Kinski, per esempio. Ho immediatamente riconosciuto quel tipo di lineamenti che erano esattamente quello che volevo. Ho continuano a percorrere quella strada, mostrando loro i visi dei personaggi dei film di Sergio Leone e di Sergio Corbucci. E così abbiamo lavorato partendo da lì per creare il resto della fauna umana di Fort Yukon”.
“Ho iniziato a lavorare al film proprio leggendo ‘Zanna Bianca’ per prendere familiarità con il romanzo, prima di iniziare il lavoro sulla sceneggiatura. Avevo solo un’immagine mentale di quel romanzo che conoscevo di nome, ma che non avevo mai letto. Avevo una sorta di immagine dorata del lupo nella sua foresta e di quei grandi spazi, che, però, è molto lontana dal tono vero del romanzo. Mi sono reso conto che anche le persone che hanno letto il romanzo, spesso, non ricordano la violenza, né quei passaggi del libro, per così dire, meno affascinanti. Ci si ricorda più volentieri del lupacchiotto che corre tra i boschi insieme a sua madre, ma quasi mai del resto, come i combattimenti dei cani, o gli uomini che vengono divorati dai lupi… Perciò ho voluto riscrivere la sceneggiatura in modo che la violenza non figurasse nelle immagini, ma altrove. Facendola sentire, ma senza mostrarla. In sintesi, ho cercato di recuperare quello che si perdeva nelle immagini, attraverso il suono e la luce”.
“Volevo rimanere fedele a Zanna Bianca, abbracciare il suo punto di vista e imporlo come l’eroe della storia. Per le scene in esterni volevo ottenere un effetto naturale, da documentario. Ma avevo anche voglia di una certa malinconia, di evitare qualsiasi ovvietà, e di osare cose inaspettate per un film di animazione. Desideravo anche sottolineare che, biologicamente, Zanna Bianca è contemporaneamente lupo e cane. E a seconda delle scene bisognava determinare quale parte della sua natura avrebbe predominato. Questa dualità tra la sua natura profonda e quello che la vita gli insegna ha alimentato fortemente la messa in scena. E sempre questa dualità raggiunge il suo apice in una scena in cui Zanna Bianca sta per attaccare Smith il Bello, e Maggie gli ordina di fermarsi. Zanna Bianca in quel momento si ritrova in equilibrio tra due fuochi: deve scegliere se ascoltare il suo istinto naturale e sbranare il suo aguzzino, oppure se assumere un comportamento da cane domestico e obbedire al suo padrone. Alla fine si ravvede e obbedisce a Maggie. In ogni caso, il mio obiettivo era sempre quello di ritornare al romanzo di Zanna Bianca. In questo film, gli umani non sono altro che dei figuranti. Sono solo di passaggio nella vita di Zanna Bianca. La stessa macchina da presa, ad esempio, spesso è posizionata all’altezza dei fianchi degli esseri umani, e questa altezza corrisponde più o meno a quella della testa di Zanna Bianca. In sintesi, siamo costantemente con lui, ma senza essere all’interno del suo punto di vista. E per questa stessa ragione abbiamo giocato molto con il suono. Come quando, per esempio, Zanna Bianca entra nella città, un ambiente che lui non conosce bene, e che è pieno di rumori che gli sono estranei. La moltitudine di persone, il pianoforte del saloon, le risate e le urla della gente, il rumore delle scarpe sul legno, tutto questo costituisce un sottofondo sonoro che, in un certo senso, lo aggredisce. E differisce totalmente dai rumori della natura, che sono più omogenei ed equilibrati”.
Ha deciso di lavorar e sulla vastità delle scene?
“Era una scelta che mi sembrava imprescindibile per il soggetto che dovevamo affrontare. Ovviamente, volevo dare spazio ai grandi paesaggi e, allo stesso tempo, poiché siamo sempre vicini ai personaggi e l’inquadratura è ristretta, era importante che nelle inquadrature precedenti dessimo allo spettatore abbastanza informazioni sull’ambiente. Volevo che lo spettatore fosse in grado di ricostruire mentalmente ciò che accade al di fuori del suo campo visivo”.
Il lavoro sulla luce ci da la forza narrativa, come ci ha lavorato?
“Le prime decisioni sulla luce – in altre parole sapere se è giorno, notte, se la luce è allo zenit o se è radente – spettavano a me. Semplicemente perché erano inerenti alla messa in scena. E poi, per quelli che chiamerò gli «ambienti luce», abbiamo lavorato con Stéphane perché ha un occhio più esperto del mio in questo campo. In linea generale, il film ha delle tonalità molto naturali, quasi da documentario. Alcune scene di esterni ricordano molto lo stile del National Geographic. Volevamo che ci fosse un contrasto marcato tra la natura e la civilizzazione. Volevamo che il mondo degli esseri umani risultasse più artificiale, come nel caso delle notti americane. Quasi un’aberrazione in un film di animazione, perché bisogna simulare uno stratagemma che viene utilizzato nel cinema live action, che consiste nel filmare di giorno e poi mettere un filtro blu sull’obiettivo per simulare la notte. Di conseguenza, i personaggi hanno le loro ombre proiettate a terra, anche se siamo in piena notte. Per le scene dei combattimenti dei cani abbiamo cercato di ispirarci allo stile espressionista: contrasti forti, ombre lunghe, colori soggettivi. E tutto questo subisce un crescendo man mano che i combattimenti si susseguono. Per esempio, spesso si vedono dei fuochi accessi sullo sfondo della scena, che conferiscono un aspetto da anticamera dell’inferno”.
Per concludere una curiosità su musica e suoni nel film….
“Ho lavorato molto sul suono soggettivo di Zanna Bianca. Noi vediamo attraverso il suo punto di vista. Dietro di lui, fuori campo, cogliamo dei rumori, dei suoni, dei dialoghi, le persone che gridano il suo nome… Alcuni rumori dovevano essere amplificati quasi artificialmente in modo che avessero un impatto abbastanza forte sullo schermo. Come nel caso in cui Smith Il Bello colpisce in testa Weedon con il suo bastone. Avevamo fatto diverse prove e ogni volta, secondo me, non si percepiva abbastanza il rumore del metallo. Nicolas Tran Trong mi ha proposto di aggiungere un suono grave con il suo software. Questo suono passava per un subwoofer, che provocava una vibrazione che risuonava fin dentro il corpo. Ed era esattamente quello di cui avevo bisogno”.