Cinema – Film – La Donna elettrica e le sfide di Halla

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“La Donna Elettrica” è una commedia di 101 minuti diretto da Benedikt Erlingsson con Halldóra Geirharðsdóttir, Jóhann Sigurðarson, Davíð Þór Jónsson, Magnu´s Trygvason Eliasen.

“Kona fer í stríð” questo il titolo originale della pellicola è una commedia travolgente e fuori dagli schemi, capace di unire emozione, impegno e divertimento. La protagonista, Halla, sembra una donna come le altre, ma dietro la routine di ogni giorno nasconde una vita segreta: armata di tutto punto compie spericolate azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua terra, la splendida Islanda. Quando però una sua vecchia richiesta d’adozione va a buon fine e una bambina si affaccia a sorpresa nella sua vita, Halla dovrà affrontare la sua sfida più grande.

Già regista dell’acclamato Storie di cavalli e di uomini, Benedikt Erlingsson colpisce al cuore con un ritratto di donna memorabile e un omaggio al paesaggio islandese di struggente bellezza.

Il regista Benedikt Erlingsson parla con soddisfazione del suo film: c’é una connessione forte tra i miei due film, Storie di cavalli e di uomini e La donna elettrica. Si tratta di qualcosa di cui sono diventato davvero consapevole solo dopo aver ultimato quest’ultimo, ossia l’idea fondamentale che i “diritti della Natura” dovrebbero essere di fatto considerati allo stesso livello dei “diritti umani”. I diritti della Natura dovrebbero essere protetti con forza in ogni costituzione e difesi da leggi internazionali. Tutti noi dobbiamo capire che la natura incontaminata ha un diritto intrinseco a esistere, una necessità che va al di là dei bisogni dell’uomo e del nostro sistema economico. A volte succede invece che lo stesso Stato, che nei paesi democratici si dà per scontato che sia uno strumento creato dal popolo per il popolo, possa essere facilmente manipolato da interessi particolari contro il bene comune. Quando guardiamo alle grandi sfide che dobbiamo affrontare sulle questioni ambientali, questo ci appare perfettamente chiaro. Ne La donna elettrica questo tema diventa terreno fertile per una commedia, ma nella realtà, in alcuni paesi, è piuttosto l’argomento per una tragedia. Vorrei citare a proposito due donne che considero delle eroine: Berta Cáceres in Honduras e Yolanda Maturana in Colombia. Entrambe attiviste per l’ambiente, sono state assassinate da chi aveva grandi interessi nelle terre che esse provavano e difendere.

Sul personaggio principale ci svela: “Trovare Halla è stato un processo lungo e complicato e come spesso succede la scelta giusta ce l’avevo in realtà sotto il naso. La protagonista, Halldóra Geirharðsdóttir, è una mia amica d’infanzia e professionalmente siamo cresciuti insieme fin da ragazzi: lei era un po’ la mia sorella grande. Abbiamo iniziato a lavorare insieme come attori a teatro quando avevamo 10 e 11 anni. All’inizio della stesura del copione de La donna elettrica avevo avuto una specie di visione di Halldóra nei panni di Halla ma per qualche motivo ho iniziato a pensare anche a altri interpreti possibili. Poi il destino mi ha riportato finalmente a lei, facendomi capire che non solo era la scelta più ovvia ma anche quella giusta. Halldóra è una forza della natura e, nel teatro islandese, è davvero “l’attrice” della nostra generazione, la Sarah Bernhardt nazionale. Lo spettro del suo talento è talmente ampio che è quasi riduttivo considerarla semplicemente un’attrice: al teatro di Reykjavík interpreta i maggiori ruoli drammatici ogni stagione, ma è anche uno dei clown più famosi del paese. Oltre questo, sa interpretare con successo anche personaggi maschili, come è successo con Vladimir in Aspettando Godot o addirittura Don Chisciotte, ruolo che in fondo ha più di una somiglianza con quello che di Halla.

Halla è un nome molto comune in Islanda, ma ha anche dei riferimenti storici e culturali precisi. Halla e il marito Eyvindur sono stati gli ultimi fuorilegge nella storia del paese, sopravvivendo in fuga per oltre vent’anni nel diciassettesimo secolo. Erano ladri di pecore e ribelli e molte storie su di loro sono state raccontate e fanno parte del patrimonio culturale tradizionale degli islandesi. Nel 1918, esattamente 100 anni fa, il padre del cinema svedese Victor Sjöström ha dedicato ai due uno dei suoi film più famosi, I proscritti.
Non penso mai al genere di un film durante il processo creativo, sia in fase di scrittura che di riprese. Il genere è qualcosa su cui ragionare dopo il “parto”: per capirsi, non pensi a che tipo di essere umano sarà tuo figlio mentre lo stai facendo (o almeno, io non lo faccio…). Diverse persone hanno definito La donna elettrica una commedia, un dramma o addirittura un eco-thriller…! Insieme allo sceneggiatore Ólafur Egill Egilsson, volendo a tutti i costi trovare una definizione del film, siamo stati d’accordo nel considerarlo piuttosto una fiaba. È una parola molto seducente e anche d’aiuto quando si costruisce una storia.

La musica è stata la prima visione originale che mi ha condotto al film. Stavo fantasticando e sognando a occhi aperti sul mio prossimo film e all’improvviso ho visto una donna correre in una strada vuota, sotto la pioggia, verso di me. Quando si è fermata l’ho guardata da vicino e ho visto che a fianco a lei c’era un complesso di tre musicisti: ascoltando la musica con attenzione ho capito che si trattava della colonna sonora della vita di quella donna. La musica è diventata così un aspetto chiave del film, con una grande rilevanza drammatica. Gli antichi greci credevano che le persone creative fossero accompagnate da un daimon che ispirava delle buone idee e dava loro potere e coraggio: questo è anche il compito dei nostri musicisti e del coro delle tre donne ucraine nei riguardi di Halla, ma anche del pubblico. Per non avere problemi in sede di montaggio ho preso tutte le precauzioni possibili, registrando la musica sia in studio che dal vivo sul set durante le riprese: è stata una sfida per tutta la troupe e ancora di più per Davíð Þór Jónsson, compositore e pianista e fisarmonicista nel film, a fianco di Magnús Trygvason Eliasen e Ómar Guðjónsson.
La mia formazione e gran parte della mia carriera sono state in veste di attore e ancora mi sto adattando a quello di regista. Essere stato soprattutto un interprete mi è comunque molto d’aiuto nel dirigere un film. Come regista vedo me stesso come un narratore, ma un narratore che vuole anche essere un poeta: così mi ritrovo da qualche parte in mezzo a questi due approcci diversi, un po’ come qualcuno che vuole cavalcare due cavalli al tempo stesso. Cosa che comunque è possibile fare: si ha solo bisogno del giusto allenamento e di un po’ di talento, come i migliori artisti del circo.
Da segnalare che Benedikt Erlingsson è considerato uno dei maggiori uomini di spettacolo islandesi, nella sua carriera ha lavorato per il teatro, la televisione e il cinema riscuotendo in ogni campo un grande successo. Formatosi come attore inizia a calcare le scene giovanissimo e manterrà con il teatro un rapporto privilegiato: i suoi monologhi in particolare sono celebri a tal punto che rimangono in cartellone per anni. Negli anni 2000 comincia a lavorare per alcune serie televisive, poi per il cinema (recitando tra gli altri ne Il grande capo di Lars von Trier) e già nel 2007 passa dietro la cinepresa dirigendo il suo primo cortometraggio, Thanks, a cui segue Naglinn (2008). L’esordio nel lungometraggio avviene nel 2013 con Storie di cavalli e di uomini, che ottiene oltre 20 premi nei festival internazionali e lo consacra come autore di punta del cinema europeo. La donna elettrica, sua opera seconda, viene presentata in anteprima alla Semaine de la critique a Cannes, dove ottiene grandi consensi e il premio SACD (Société des Auteurs e Compositeurs Dramatiques). Il film, come già il precedente, è il candidato islandese agli Oscar.

  • Halldora Geirhardsdottir è l’ interprete di Halla/Ása .
    Inizia a lavorare come attrice per il teatro e il cinema a soli 11 anni, costruendo una carriera straordinaria che la renderà l’attrice islandese più importante della sua generazione. Attiva anche come regista e musicista, ha conquistato in patria una grande popolarità negli ultimi anni anche grazie alla televisione, con la serie poliziesca Case. Al cinema lavora con Benedikt Erlingsson in Storie di cavalli e di uomini e La donna elettrica, che la fanno conoscere anche all’estero, ma anche in film acclamati come The Seagull’s Laughter di Ágúst Guðmundsson e Metalhead di Ragnar Bragason, che le fa ottenere un Edda Award, il premio maggiore del cinema islandese. Nel 2015 ha vinto anche il prestigioso riconoscimento teatrale Griman per il suo ruolo della maestra di danza nella versione per il palcoscenico di Billy Elliot.
    “È molto importante che le nostre figlie e le nostre nipoti vedano che gli eroi non sono solo uomini” dice Halldóra, attrice che il pubblico italiano ha potuto conoscere nel film del 2015 Storie di cavalli e di uomini, diretto sempre dall’islandese Erlingsson. “Il fatto è che il cinema e la letteratura hanno scelto di raccontare quasi sempre eroi maschili, ma nella vita reale le donne forti sono tante. Quando ero ragazza mia mamma lavorava a teatro: all’epoca le registe più famose erano tutte donne. Dopo le rivolte del 1968, in Islanda, le donne erano riuscite ad ottenere posizioni importanti nella società. Poi però la mia generazione si è addormentata – continua l’attrice nata proprio cinquant’anni fa – pensavamo di avere ottenuto l’uguaglianza e il massimo dei diritti e abbiamo smesso di combattere. A poco a poco gli uomini si sono ripresi i nostri spazi, i nostri lavori. Se la mia generazione è caduta in un sonno profondo, adesso è importante che le donne siano viste nuovamente come eroine, in politica, nelle università e in qualunque posto dove si prendono decisioni. Le loro opinioni sono importanti tanto quanto quelle dei loro fratelli”.
    Quindi lo ‘spottone’ contro la famiglia naturale: “Ora però in Islanda la situazione è di nuovo migliore, da questo punto di vista, rispetto a tanti altri Paesi: “Abbiamo già parecchie eroine, ecologiste o attiviste in altri ambiti” per non parlare del fatto che Halla adotterà e crescerà una bambina da madre single perché in quel Paese può farlo e, soprattutto, perché lei non ha nessuna preoccupazione o interesse a trovare un compagno con il quale dividere questo compito. “In una società patriarcale c’è qualcuno che stabilisce chi può o non può essere genitore o come deve essere un buon genitore – dice Halldóra – siamo tutti d’accordo che un buon genitore è quello che si prende cura del benessere del figlio e per questo a volte è meglio crescere un bambino da soli piuttosto che all’interno di una pessima relazione”.
    Se Halla porterà avanti le proprie battaglie anche da mamma, il regista sceglie di non dircelo, lasciando il finale aperto…. e questo è già un traguardo!




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