Ancora nessuna certezza sul movente e i mandanti del brutale assalto di ieri nei pressi di Aden in Yemen, nella casa di assistenza gestita dalle Missionarie della Carità. Quattro le religiose assassinate insieme ad altre 12 persone e un salesiano rapito mentre pregava in cappella.
Si chiamavano invece Anselm, Marguerite, Judit e Reginette le suore che dal Rwanda, dall’India e dal Kenya da anni su richiesta del governo accoglievano e curavano gli ultimi di Aden nella casa dove uomini armati e in uniforme le hanno cercate e uccise. Già nel “98 due di loro erano morte così, poi la distruzione della chiesa della Sacra Famiglia a Aden. Infine, la guerra civile che da oltre un anno, per mano dei ribelli Houthi, ha richiamato in Yemen, Iran e Arabia Saudita e ha reso il Paese un caos: 14 milioni di persone sono a rischio malnutrizione, seimila sono i civili morti.
“Più la Chiesa è vicina a Gesù Cristo, più partecipa della sua passione”. Per questo la strage compiuta da un commando armato nella residenza per anziani e disabili affidata alle cure delle suore di Madre Teresa è anche “un segno che questa Congregazione è molto vicina è Gesù Cristo, perché chi si avvicina a Gesù Cristo si avvicina anche alla sua croce. Nessun cristiano che resta lontano da Cristo sarà mai sfiorato da persecuzione, ma chi si avvicina a Cristo è coinvolto nella sua passione e nella sua morte, per esserlo anche nella gloria della sua vittoria”.
Così il Vescovo Camillo Ballin MCCJ, Vicario apostolico per l’Arabia Settentrionale, invita a guardare il massacro di Aden alla luce dell’esperienza martiriale che accompagna tutta la vicenda della Chiesa nel suo camminare nella storia. I massacratori hanno mirato a colpire persone inermi, che non avevano nulla a che vedere con i conflitti che devastano la regione, e che non facevano male a nessuno. “Le suore trucidate stavano dando la loro vita per servire anziani e disabili. Già nel 1998 tre Missionarie della Carità erano state massacrate a bastonate. Ho potuto vedere i loro volti sfigurati dai colpi di bastone. Vuol dire che davvero questa Congregazione segue Gesù da vicino, e può essere un monito anche per noi che apparteniamo a altre famiglie religiose”.
“Questi colpi di violenza” aggiunge il Vescovo comboniano “vanno anche collegati allo squilibrio prodotto nella zona con la cancellazione di sanzioni all’Iran, che ora è diventato più potente e aperto. C’entra anche la corsa a abbassare il prezzo del petrolio e la lotta per l’egemonia nella regione, tra l’Arabia che vuole conservare il suo impero wahabita e l’Iran che vuole ripristinare l’impero persiano”.
Papa Francesco ha definito la strage di Aden come un “atto di violenza insensata e diabolica”, e in un messaggio diffuso attraverso il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin ha pregato che il sacrificio delle suore e dei loro amici e collaboratori “svegli le coscienze, guidi a un cambiamento dei cuori e ispiri tutte le parti a deporre le armi e a intraprendere un cammino di dialogo”.
Sgomento per quanto accaduto c’è anche nel cuore del vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Paul Hinder, che più volte ha visitato la comunità di Aden e le suore.
“Si rivolta il cuore quando si vede gente capace di uccidere queste suore, e forse anche nel nome di Dio: come ha detto il Papa è un atto, diciamo, diabolico! Io le ho visitate parecchie volte e ho visto con quanta dedizione, con quanto amore si siano prese cura di queste persone. Veramente una testimonianza di carità e di vicinanza a tutti coloro che sono lasciati sulla strada. Tanta gente, anche in Yemen, è ferita veramente nel profondo, vedendo cosa capita. Perché è poi la povera gente che ne soffre. Loro mi hanno detto – sin dall’inizio, un anno fa – quando è cominciata la guerra: “Noi dobbiamo rimanere con il popolo, con i nostri poveri, qualunque cosa succeda”. Veramente un sacrificio di vita, veramente una positiva contro testimonianza rispetto all’atto che hanno fatto questi criminali.