Storie – SALVATE LE BOTTEGAIE DAL GREMBIULE AZZURRO di Fabio Annovazzi

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Storie – Ogni volta che sbuco dal porticato appena adiacente mi riscalda il cuore vedere la sua macchina parcheggiata, costipata all’inverosimile di merce da rivendere. La nostra negoziante, il cui nome terrò celato in quanto non ha bisogno di grandi presentazioni (la Santa corrispondente è protettrice dei minatori comunque), è una garanzia di presenza e costanza e, pur coi suoi orari particolari, svolge un servizio determinante per la nostra piccola comunità locale. All’apparenza ieratica e spiccia nei modi di fare, non ama troppo i convenevoli come tutta la gente di montagna,  è capace di soddisfare qualsiasi tua richiesta, fosse anche la più bizzarra in ambito commerciale. Per le persone avanti negli anni, e non dotate di mezzo a quattro o a due ruote, è stata (ed è) un’ancora di salvezza incredibile, svolgendo negli anni, silenziosamente, un servizio salvifico troppo spesso misconosciuto. Avrà anche i sui difetti, come tutti (io ne ho il doppio di lei), ma sono semplicemente terrorizzato dall’appurare che l’età avanzante, e il feroce calo di clientela, presto potrebbero farci perdere anche quest’ultima residua esercente locale. Una sciagura immane, solo menti sciocche possono fare spallucce dinnanzi a vuoti simili. Che ci volete fare, amo l’Italia delle piccole botteghe, dei negozi a misura d’uomo, capaci di riempirti di calore accendendoti l’anima, e preferisco, per quanto mi è possibile, venire incontro alla filiera locale piuttosto che forgiare i vari, iper protetti, Bezos di turno. So benissimo che la grande distribuzione, grazie a prezzi inevitabilmente calmierati, sta strangolando questi gioielli di umanità, ma il risparmio nel portafoglio non mitiga affatto la freddezza enorme che ti lasciano in corpo questi grandi centri commerciali, dove sei solo un numero tra i tanti e non una persona. In questo piccolo bugigattolo nel cuore del paesello, magari anche un po’ scabroso per i fricchettoni con la puzza sotto il naso, trovi tutto il necessario e anche di più. Sono sicuro nell’affermare, per esperienza, che la negoziante non ti rifilerà merce di seconda scelta o avariata, menche meno porcherie contenenti farina di grillo o di scarafaggio (come vorrebbero imporci quale dogma della nuova alimentazione corretta), ma solo prodotti genuini e fragranti, qualità e non solo quantità. Attenta e meticolosa sino all’inverosimile a tutti gli ingredienti dei prodotti, si illumina in viso quando vede un bimbo appresso, e questi non uscirà mai e poi mai dallo stanzino/negozio senza aver in mano un piccolo dolcetto. L’ho sempre vista con un camice blu cielo addosso quando è in servizio, perciò ho deciso di ribattezzarla come “la bottegaia dal grembiule azzurro” e difendere a spada tratta la categoria di cui fa parte. Voglio più umanità e meno virtualità e propongo una petizione per salvare dall’estinzione tutte le bottegaie e bottegai d’Italia. Un ennesimo buco nell’acqua, altra utopia, mi rinfaccerà subito qualcuno; oramai la maggior parte compra persino i fazzoletti su internet, e fa la ressa ai market per i prodotti scontati. Tutto vero, tentazione immane da cui pochi sono scevri. Però, c’è un “però” di sottofondo che mi fa venire l’acquolina in bocca. Gli affettati tagliati amabilmente dalla nostra sono buonissimi, vari intenditori a cui li ho fatti assaporare li hanno reputati eccezionali, e sono rimasti di stucco nel sapere a posteriori che provenivano da un piccolo negozio di montagna. E il formaggio di monte signori miei, che bontà. Potete girare ovunque ma buono come qui solo direttamente in alpeggio, o dal mandriano, potete trovarlo. Vi confido un segreto, non so come facesse: il defunto papà della bottegaia del grembiule azzurro riusciva sempre a mantenere le forme, fresche o stagionate, in perfetto ordine. Le girava a tempo opportuno, le ungeva, le metteva in posti particolari non perdendole mai d’occhio, sembrava quasi che le accarezzasse a volte; insomma, fatto sta che grazie alle sue amabili cure il formaggio era sempre bellissimo e gustoso. La sapienza immensa dei nostri vecchi, tutte cose che perdiamo calpestando i pavimenti dei supermercati. E allora proviamo a salvarli questi tesori o li seppelliamo col prendi tre paghi due? I critici mi ricorderanno che va bene fare i sognatori, ma a fine mese i conti bisogna poi farli. Giusto, ma un sano equilibrio può essere la salvezza per tutti. Mi levo ora un piccolo, fastidioso, macigno dalle scarpe. Permettetemi di scrivere che è in atto una concorrenza sleale, per certi versi vigliacca: chi tiene un’attività o un negozio nelle nostre periferie esistenziali montane è quasi un eroe e andrebbe trattato con un occhio di riguardo, non strangolato da normative/burocrazia/imposte capestro. Non è vero che è un’impresa impossibile, come sostiene qualche renitente, è che non è mai stato fatto un tentativo serio e corposo. Tanti bla bla blain campagna elettorale e stop, ma di detassazione alle attività commerciali familiari di montagna manco l’ombra. Vorremmo (non me ne voglia l’amico Daniel) vedere aumentare il lavoro alle ostetriche non alle pompe funebri. Le bottegaie dal grembiule azzurro mica le porta la cicogna.

 




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