Papa e religiose: il vero significato senza strumentalizzazioni

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L’ennesima notizia o meglio una nuova possibile apertura nel pontificato di Papa Francesco scuote il mondo cattolico e non solo. Nuovi orizzonti sembrano aprirsi per le donne nella Chiesa cattolica.
Papa Francesco ha infatti annunciato (o forse meglio si dovrebbe scrivere ha pensato a voce alta) che istituirà una commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa poiché le donne diacone sono “una possibilità per oggi” ed una risorsa importante per una Chiesa aperta a tutti. Se, ma ribadiamo siamo nel campo delle ipotesi e per ora è inutile lanciarsi in futili proclami, all’intenzione manifestata dal Pontefice seguirà una decisione per la prima volta in questo millennio si riaprirà una prospettiva che appariva chiusa dopo la decisione di Giovanni Paolo II. Il diaconato infatti è il primo grado dell’ordine sacro, seguito dal sacerdozio e dall’episcopato. I diaconi possono amministrare alcuni sacramenti, tra i quali il battesimo e il matrimonio, e in alcuni paesi ci sono intere regioni nelle quali sostituiscono ormai i sacerdoti nella guida delle comunità parrocchiali.
San Giovanni Paolo II nell’Ecclesia in Europa si era così pronunciato a proposito della vita consacrata delle donne: “La Chiesa è consapevole dell’apporto specifico della donna nel servire il Vangelo della speranza. Le vicende della comunità cristiana attestano come le donne abbiano sempre avuto un posto di rilievo nella testimonianza del Vangelo. Va ricordato quanto esse hanno fatto, spesso nel silenzio e nel nascondimento, nell’accogliere e nel trasmettere il dono di Dio, sia attraverso la maternità fisica e spirituale, l’opera educativa, la catechesi, la realizzazione di grandi opere di carità, sia attraverso la vita di preghiera e di contemplazione, le esperienze mistiche e la redazione di scritti ricchi di sapienza evangelica.(75)
Alla luce delle ricchissime testimonianze del passato, la Chiesa esprime la propria fiducia in ciò che le donne possono fare oggi per la crescita della speranza a tutti i livelli. Vi sono aspetti della società europea contemporanea che costituiscono una sfida per la capacità che le donne hanno di accogliere, condividere e generare nell’amore, con tenacia e gratuità. Si pensi, ad esempio, alla diffusa mentalità scientifico-tecnica che pone in ombra la dimensione affettiva e la funzione dei sentimenti, alla carenza di gratuità, al timore diffuso di dare la vita a nuove creature, alla difficoltà a porsi in reciprocità con l’altro e ad accogliere chi è diverso da sé. È in questo contesto che la Chiesa s’attende dalle donne l’apporto vivificante di una nuova ondata di speranza.
Perché ciò possa verificarsi, tuttavia, è necessario che, anzitutto nella Chiesa, venga promossa la dignità della donna, poiché identica è la dignità della donna e dell’uomo, ambedue creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 27) e ricolmati ciascuno di doni propri e particolari.
È auspicabile, come è stato sottolineato nel Sinodo, che, per favorire la piena partecipazione della donna alla vita e alla missione della Chiesa, le sue doti vengano maggiormente valorizzate, anche mediante l’assunzione delle funzioni ecclesiali riservate dal diritto ai laici. Va pure adeguatamente valorizzata la missione della donna come sposa e madre e la sua dedizione alla vita familiare.(76)
La Chiesa non manca di alzare la sua voce per denunciare le ingiustizie e le violenze perpetrate contro le donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvengano. Essa chiede che siano realmente applicate le leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure efficaci contro l’uso umiliante di immagini femminili nella propaganda commerciale e contro il flagello della prostituzione; auspica che il servizio reso dalla madre, allo stesso modo di quello reso dal padre, nella vita domestica sia considerato come contributo al bene comune, anche mediante forme di riconoscimento economico.
Ma Papa Bergoglio ha voluto imprimere una nuova svolta al cammino della chiesa cattolica nell’ Aula Nervi nel corso dell’incontro con 900 superiori generali degli istituti religiosi femminili di tutto il mondo. «La Chiesa – ha aggiunto ha bisogno che le donne entrino nel processo decisionale, anche che possano guidare un ufficio in Vaticano. La Chiesa deve coinvolgere consacrate e laiche nella consultazione ma anche nelle decisioni, perché ha bisogno del loro punto di vista. E questo crescente ruolo delle donne nella Chiesa non è femminismo: la corresponsabilità è un diritto di tutti i battezzati, maschi e femmine. Ttroppe donne consacrate sono “donnette” piuttosto che persone coinvolte nel ministero del servizio. La vita consacrata è un cammino di povertà, non un suicidio.
Dunque l’apertura prefigurata da Francesco avvicinerebbe la Chiesa cattolica a quella anglicana, dove ci sono donne preti e vescovi. Al Sinodo si era discusso di questo «tema audace» con l’intervento del reverendo Jeremias Schroder, arciabate e presidente della Congregazione benedettina di Sant’Ottiliain. «Sul diaconato femminile la Chiesa non ha detto no», aveva spiegato già nel 1994 il cardinale Carlo Maria Martini, commentando lo stop di Giovanni Paolo II alle donne prete: una dichiarazione solenne, a un passo dai crismi dell’infallibilità pontificia e alla quale Papa Francesco ha ripetuto più volte di volersi attenere. Malgrado quel «no» per il porporato c’erano ancora «spazi aperti», perché il discorso sul ruolo della donna avrebbe potuto continuare a partire dal diaconato, «che il documento non menziona, quindi non esclude».
Il diaconato è il primo grado di consacrazione «ufficiale», che precede l’ ammissione al sacerdozio e nelle prime comunità cristiane era anche femminile. Per Martini, dunque, non sarebbe stato male riaprire alle donne, pur riconoscendo che sul sacerdozio femminile «il documento papale è decisivo, non ammette replica, né riformabilità». «Tuttavia credo che il vero compito di fronte a questa lettera – aveva osservato il cardinale – non è l’ esegesi puntigliosa dal punto di vista dogmatico, ma è vedere come è ancora possibile sia un cammino di dialogo ecumenico, sia soprattutto un cammino in cui mostrare presenza e missione della donna a tutto campo. Rispetto a un documento di questo tipo, che sembra chiudere una via, come già altri in passato, mentre in realtà hanno favorito un ripensamento teologico e pratico che ha fatto superare certi scogli e ha fatto comprender meglio la natura e la forza della presenza della donna nella Chiesa, io penso che uno spazio rimanga aperto».
È significativo che il Pontefice abbia scelto l’incontro con le suore per affrontare un tema così delicato. Nel corso della sessione di sei domande e risposte le religiose gli hanno chiesto perché la Chiesa escluda le donne dal diaconato. E una ha aggiunto: Perchè non costituire una commissione ufficiale che potrebbe studiare la domanda? Francesco ha risposto che aveva discusso la questione qualche anno fa con un ”buon, saggio professore”, studioso dell’uso delle diacone nei primi secoli della Chiesa, e che il docente gli aveva spiegato che ancora non è del tutto chiaro quale funzione avessero. E soprattutto se avevano l’ordinazione o no “È rimasto un po’ oscuro quale fossero ruolo e statuto in quel momento”, ha precisato il vescovo di Roma. E sull’ipotesi di costituire una commissione? “Credo di sì – ha annunciato il Papa -. Sarebbe fare il bene della Chiesa chiarire questo punto. Accetto la proposta”.
Ma si tratta di una proposta enfatizzata dai media di sinistra e quasi taciuta da quelli cattolici.
E’ importante capire il contesto della risposta, e ricordare le parole del Papa di poco tempo fa.
Ricorderete il discorso e l’appello di Papa Francesco ai religiosi in Ecuador: «Fate quello che Lui vi dirà». Maria non ha mai voluto essere protagonista. È stata discepola per tutta la vita. La prima discepola di suo Figlio. Ed era cosciente che tutto ciò che lei aveva portato era pura gratuità di Dio. Coscienza di gratuità. Per questo «si faccia», «fate» che si manifesti la gratuità di Dio. Religiose, religiosi, sacerdoti, seminaristi, tutti i giorni ritornate, fate questo cammino di ritorno alla gratuità con cui Dio vi ha scelti. Voi non avete pagato l’ingresso per entrare in seminario, per entrare nella vita religiosa. Non ve lo siete meritato. Se qualche religioso, sacerdote o seminarista o suora che c’è qui crede di esserselo meritato, alzi la mano! Tutto gratuito. E tutta la vita di un religioso, di una religiosa, di un sacerdote e di un seminarista che va per questa strada – e già che ci siamo diciamo: e dei vescovi – deve andare per questa strada della gratuità, ritornare tutti i giorni: «Signore, oggi ho fatto questo, mi è andato bene questo, ho avuto questa difficoltà… Ma tutto questo, tutto viene da Te, tutto è gratis». La gratuità. Siamo oggetto della gratuità di Dio. Se dimentichiamo questo, lentamente ci andiamo facendo importanti. «E guardate questo, che opere sta facendo…»; «guardate, questo lo hanno fatto vescovo del tal posto importante…»; «questo lo hanno fatto monsignore»; «questo…». E così lentamente ci allontaniamo da ciò che è la base, e da cui Maria non si allontanò mai: la gratuità di Dio.
Un consiglio da fratello: tutti i giorni, magari alla sera è meglio, prima di andare a dormire, uno sguardo a Gesù e dirgli: Mi hai dato tutto gratis. E rimettersi a posto. Allora quando mi cambiano di destinazione o quando c’è una difficoltà, non protesto, perché tutto è gratis, non merito nulla! Questo ha fatto Maria.
San Giovanni Paolo II, nella Redemptoris Mater – che vi raccomando di leggere. Sì, prendetela, leggetela. Certo, san Giovanni Paolo II aveva uno stile di pensiero circolare, era professore, ma era un uomo di Dio, e dunque bisogna leggerla più volte per tirar fuori tutto il succo che contiene – dice che forse Maria – non ricordo bene la frase, sto citando, ma voglio citare il fatto – nel momento della croce, della sua fedeltà, avrebbe avuto voglia di dire: «E questo mi avevano detto che avrebbe salvato Israele! Mi hanno ingannato». Non lo disse. Non si permise nemmeno di pensarlo, perché era la donna che sapeva che aveva ricevuto tutto gratuitamente. Consiglio di fratello e di padre: tutte le sere ricollocatevi nella gratuità. E dite: «Si faccia, grazie perché ogni cosa me l’hai data Tu».
Una seconda cosa che vorrei dirvi è di conservare la salute, ma soprattutto aver cura di non cadere in una malattia, una malattia che è abbastanza pericolosa, o molto pericolosa per quelli che il Signore ha chiamato gratuitamente a seguirlo e a servirlo. Non cadete nell’«alzheimer spirituale», non perdete la memoria, soprattutto la memoria del posto da cui siete stati tratti. Quella scena del profeta Samuele, quando viene mandato a ungere il re di Israele. Va a Betlemme, alla casa di un signore che si chiama Jesse, che ha sette o otto figli, non so, e Dio gli dice che tra quei figli si trova il re. E chiaramente, li vede e dice: «Deve essere questo», perché il maggiore era grande, alto, prestante, sembrava coraggioso… E Dio gli dice: «No, non è lui». Lo sguardo di Dio è diverso da quello degli uomini. E così fa passare tutti i figli e Dio gli dice: «No, non è». Il profeta si trova a non saper che fare, e allora domanda al padre: «Non ne hai altri?». E gli risponde: «Sì, c’è il più piccolo, là, a pascolare le capre e le pecore». «Fallo chiamare». E arriva il ragazzino, che poteva avere 17, 18 anni, non so, e Dio gli dice: “È lui”. Lo hanno preso da dietro il gregge. E un altro profeta, quando Dio gli dice di fare certe cose come profeta: «Ma chi sono io se mi hanno preso da dietro il gregge?». Non dimenticatevi da dove siete stati tratti. Non rinnegate le radici!
San Paolo si vede che intuiva questo pericolo di perdere la memoria e al suo figlio più amato, il vescovo Timoteo, che aveva ordinato, dà consigli pastorali, ma ce n’è uno che tocca il cuore: «Non dimenticarti della fede che avevano tua nonna e tua madre!», cioè: «Non dimenticarti da dove sei stato tratto, non dimenticarti delle tue radici, non sentirti promosso!». La gratuità è una grazia che non può convivere con la promozione, e quando un sacerdote, un seminarista, un religioso, una religiosa entra «in carriera» – intendo in carriera umana –, incomincia ad ammalarsi di alzheimer spirituale e comincia a perdere la memoria del posto da cui è stato tratto.
Due principi per voi sacerdoti, consacrati e consacrate: tutti i giorni rinnovate il sentimento che tutto è gratis, il sentimento di gratuità della elezione di ognuno di voi – nessuno di noi la merita – e chiedete la grazia di non perdere la memoria, di non sentirsi più importante. È molto triste quando si vede un sacerdote o un consacrato, una consacrata, che a casa sua parlava in dialetto, o parlava un’altra lingua, una di queste nobili lingue antiche che hanno i popoli – quante ne ha l’Ecuador! – ed è molto triste quando si dimenticano della lingua, è molto triste quando non la vogliono parlare. Questo significa che si sono dimenticati del posto da dove sono stati tratti. Non dimenticate questo. Chiedete la grazia della memoria. E questi sono i due principi che volevo sottolineare. E questi due principi, se li vivete – ma tutti i giorni, è un lavoro di tutti i giorni, tutte le sere ricordare quei due principi e chiedere la grazia – questi due principi, se li vivete, vi daranno, nella vita, vi faranno vivere con due atteggiamenti.
Primo, il servizio. Dio mi ha scelto, mi ha tratto, perché? Per servire. È il servizio che è peculiare a me. Non che: «ho il mio tempo», «ho le mie cose», «ho questo…», «no, ormai chiudo il negozio», «sì, dovrei andare a benedire le case ma… sono stanco… oggi c’è una bella telenovela alla televisione, e allora…» – per le suore! –. Dunque: servizio, servire, servire. E non fare altre cose, e servire quando siamo stanchi e servire quando la gente ci dà fastidio.
Mi diceva un vecchio prete, che fu per tutta la vita professore in scuole e università, insegnava letteratura, lettere – un genio –, quando andò in pensione chiede al provinciale che lo mandasse in un quartiere povero, di quei quartieri che si formano con la gente che viene, che emigrano cercando lavoro, gente molto semplice. E questo religioso una volta alla settimana andava nella sua comunità e parlava, era molto intelligente; e la comunità era una comunità di facoltà di teologia; parlava con gli altri preti di teologia allo stesso livello, ma un giorno dice a uno: «Voi che siete… Chi insegna il trattato sulla Chiesa qui?». Il professore alza la mano: «Io». «Ti mancano due tesi». «Quali?» «Il santo Popolo fedele di Dio è essenzialmente olimpico – cioè fa quello che vuole – e ontologicamente molesto». E questo contiene molta sapienza, perché chi prende la strada del servizio deve lasciarsi molestare senza perdere la pazienza, perché è al servizio, nessun momento gli appartiene, nessun momento gli appartiene. Sono qui per servire: servire in ciò che devo fare, servire davanti al Tabernacolo, pregando per il mio popolo, pregando per il mio lavoro, per la gente che Dio mi ha affidato.
Mescolalo con la gratuità, e allora… ciò che dice Gesù: «Quello che hai ricevuto gratis, dallo gratis». Per favore, per favore! Non commerciate la grazia! Per favore, la nostra pastorale sia gratuita. Ed è così brutto quando uno perde questo senso di gratuità e diventa… Sì, fa cose buone, però ha perso questo.
E il secondo, il secondo atteggiamento che si vede in un consacrato, una consacrata, un sacerdote che vive questa gratuità e questa memoria – questi due principi che ho detto all’inizio, gratuità e memoria – è la gioia, l’allegria. È un regalo di Gesù, questo, ed è un regalo che Lui dà se glielo chiediamo, e se non ci dimentichiamo di queste due colonne della nostra vita sacerdotale o religiosa, che sono appunto il senso di gratuità, rinnovato tutti i giorni, e il non perdere la memoria del posto da cui siamo stati tratti.
Questo io vi auguro. «Sì, Padre, Lei ci ha detto che forse la ricetta del nostro popolo era quella: siamo così grazie al Sacro Cuore». Sì, certo, ma io vi propongo un’altra ricetta nella stessa linea, nella direzione del Cuore di Gesù: senso di gratuità. Lui si fece nulla, si abbassò, si umiliò, si fece povero per arricchirci con la sua povertà. Pura gratuità. E senso della memoria: facciamo memoria delle meraviglie che il Signore ha compiuto nella nostra vita.
Che il Signore conceda questa grazia a tutti voi, la conceda a tutti noi qui presenti, e che continui – stavo per dire «a premiare» –, continui a benedire questo popolo ecuadoriano, che voi dovete servire, che voi siete chiamati a servire, lo continui a benedire con questa peculiarità così speciale che ho notato da subito quando sono arrivato qui. Che Gesù vi benedica, e che la Vergine vi protegga.
E per favore, per favore, vi chiedo di pregare per me, perché anch’io sento tante volte la tentazione di dimenticarmi della gratuità con la quale Dio mi ha scelto e di dimenticarmi del posto da cui sono stato tratto”.




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