Il disastro aereo di Tenerife

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Tenerife – l disastro aereo di Tenerife avvenne il 27 marzo 1977 alle ore 17:06:56 CET a seguito della collisione tra due aerei passeggeri Boeing 747 sulla pista dell’aeroporto di Los Rodeos dell’isola spagnola di Tenerife, nell’arcipelago delle Canarie, causando 583 vittime.
Ad oggi è risultato essere il più grave incidente nella storia dell’aviazione: vi persero infatti la vita tutti i 248 passeggeri a bordo del volo KLM 4805 e buona parte di quelli imbarcati sul volo Pan Am 1736 (335 deceduti e 61 superstiti). L’aereo olandese colpì in fase di decollo il dorso del Jumbo statunitense che stava rullando in direzione opposta; entrambi i velivoli presero fuoco e andarono completamente distrutti.
La particolarità del disastro avvenuto a Tenerife consiste nel fatto che non si è verificata un’anomalia tecnica, ad esempio un guasto al motore di un aereo, né l’incidente è avvenuto a causa del maltempo. La responsabilità dell’incidente è completamente attribuibile a comportamenti sbagliati attuati dalle persone coinvolte e dall’organizzazione di cui facevano parte.


L’incidente fu causato dal concatenarsi di molti fattori: il volo Pan Am 1736 (operato col Boeing 747 battezzato Clipper Victor, comandato dal capitano Victor Grubbs) stava rullando verso una posizione d’attesa accodato al volo KLM 4805 (operato da un analogo aeromobile battezzato Rijn, Reno in olandese, comandato dal capitano Jacob Louis Veldhuyzen van Zanten), che invece era in procinto di decollare.
Non essendo possibile utilizzare allo scopo i raccordi, quel giorno eccezionalmente sovraffollati di velivoli in sosta, i due 747 stavano entrambi manovrando sulla pista di volo dell’aeroporto di Tenerife, secondo le istruzioni impartite dai controllori del traffico a terra. La scarsa visibilità causata dalle avverse condizioni meteorologiche impediva tuttavia il contatto visivo tra i due Boeing ed egualmente alla torre di controllo; la posizione dei velivoli poteva quindi essere determinata solo in base alle comunicazioni radio, che quel giorno risultavano particolarmente disturbate e di difficile comprensione, complice la non perfetta padronanza dei fonemi della lingua inglese da parte del personale della torre.
Fu proprio a seguito di una comunicazione radio ricevuta incompleta e fraintesa che il capitano olandese, credendo che il Pan Am avesse liberato la pista e che gli fosse stata data l’autorizzazione a decollare (entrambe le cose non erano avvenute), si allineò a fondo pista e lanciò l’aereo a tutta velocità, innescando il tragico epilogo degli eventi.
Il numero delle vittime venne aggravato dalla disorganizzazione dei soccorritori; allertati con ritardo dopo lo schianto, complice la scarsa visibilità e la distanza tra i due relitti, non si accorsero per oltre 20 minuti dell’aereo Pan Am (su cui vi erano diversi superstiti) e concentrarono i loro sforzi sul solo incendio scatenato dal KLM (i cui occupanti morirono tutti.
La sera di sabato 26 marzo 1977 il volo charter Pan Am 1736 decollò dall’aeroporto di Los Angeles; dopo aver effettuato uno scalo intermedio all’aeroporto internazionale J. F. Kennedy di New York, esso ripartì alla volta dell’aeroporto Internazionale Gran Canaria,
Alle ore 09:31 di domenica 27 marzo 1977 dall’aeroporto di Amsterdam-Schiphol decollò invece il volo KLM 4805, anch’esso un volo charter, commissionato dall’agenzia viaggi olandese Holland International Travel Group e diretto a Las Palmas, senza scali intermedi.
Nessuno dei due voli aveva dunque in programma uno scalo a Tenerife, che divenne una tappa obbligata a seguito delle contingenze.
Alle ore 13:15 del 27 marzo, esplose una bomba in un negozio di fiori nel terminal dell’aeroporto di Las Palmas causando 8 feriti. L’attentato non fu particolarmente grave in quanto le autorità, avvertite telefonicamente quindici minuti prima dell’esplosione, erano riuscite a evacuare le aree circostanti dell’aerostazione.
Pochi minuti dopo giunse una nuova telefonata alle Forze dell’Ordine, nella quale l’attentato venne rivendicato da un portavoce del Movimento per l’Autodeterminazione e l’Indipendenza dell’Arcipelago Canario (MPAIAC), un movimento separatista armato ubicato nelle isole Canarie. Il gruppo terroristico inoltre avvertì le autorità della presenza di un secondo ordigno, nascosto stavolta nella zona dei banchi del check-in. La minaccia venne ritenuta credibile, anche alla luce del fatto che nel gennaio 1977 il suddetto gruppo terroristico aveva già portato a termine un attentato contro la sede della South African Airways nella capitale delle Canarie, Las Palmas le forze di sicurezza decisero allora di chiudere completamente l’aeroporto per far intervenire gli artificieri.
Questa decisione ebbe i suoi effetti sia sui passeggeri in attesa di decollare che sui numerosi aerei in arrivo, molti dei quali erano a meno di un’ora di distanza da Gran Canaria. Le autorità optarono quindi per dirottare tutto il traffico aereo in arrivo verso l’aeroporto di Los Rodeos della vicina isola di Tenerife, distante 70 km a ovest da Las Palmas.
Gli artificieri tuttavia non trovarono traccia di una seconda bomba; quella esplosa nel chiosco dei fiori fu effettivamente l’ultima ascrivibile al MPAIAC, che negli anni a seguire non compì altri attentati.
Nelle ore dell’allarme bomba, sia il Pan Am che il KLM erano già in fase di avvicinamento all’aeroporto di Las Palmas; la torre di controllo comunicò quindi a entrambi, senza menzionare il motivo, che lo scalo era stato temporaneamente chiuso per motivi di forza maggiore e che tutto il traffico aereo in entrata era stato dirottato a Tenerife-Los Rodeos.
L’annuncio della notizia fu accolto a bordo del Pan Am con un certo disappunto, poiché il dirottamento avrebbe prolungato ulteriormente un volo già di per sé molto lungo; il Clipper Victor era, infatti, decollato da Los Angeles in ritardo di un’ora e mezza rispetto al previsto, per poi impiegare cinque ore per arrivare a New York, dove la sosta era anch’essa andata per le lunghe per consentire il rabbocco di carburante, e poi aveva volato per otto ore sull’Atlantico. Alcuni passeggeri erano quindi a bordo del velivolo da circa 15 ore.
Grubbs, comandante del velivolo americano, disponendo ancora di una buona riserva di carburante nei serbatoi, chiese via radio alla torre di controllo di Las Palmas se fosse invece possibile attendere volando sul circuito di attesa fino alla riapertura dell’aeroporto; ciò avrebbe evitato la deviazione e ridotto i tempi d’attesa per sbarcare a Gran Canaria.
La richiesta venne però respinta dai controllori del traffico aereo, che ingiunsero al Pan Am di dirigersi a Los Rodeos. Il co-pilota Robert Bragg allora insistette affinché gli fosse comunicata la motivazione della chiusura dello scalo, riuscendo infine a farsi dare notizia dell’attentato e della minaccia di una seconda bomba. La deviazione a Tenerife si rivelò quindi inevitabile.
L’aeroporto di Tenerife-Los Rodeos, era uno scalo regionale, con infrastrutture vetuste e limitate; sebbene fosse predisposto e legalmente abilitato per accogliere anche aerei di grandi dimensioni, non era preparato ad accogliere grandi volumi di traffico. L’aeroporto disponeva infatti di una sola pista di volo, un piccolo piazzale di parcheggio e di un’unica pista di rullaggio principale, parallela alla pista di decollo e connessa ad essa da piccole bretelle. Il volo della KLM atterrò a Los Rodeos alle 13:38, seguito dal Pan Am alle 14:15; di lì a poco giunsero allo scalo anche altri aerei ingombranti, quali un Douglas DC-8 e un Boeing 727. Il traffico dirottato da Las Palmas si sommò a quello proprio dell’aeroporto, portando in pochi minuti il totale di aerei a terra a 11. In queste condizioni, date le scarse dimensioni del piazzale, fu necessario usare come parcheggio anche la pista di rullaggio principale, sulla quale gli aerei vennero via via incolonnati.
Tale situazione rallentò e complicò di molto le operazioni di volo. Non potendo usufruire della taxiway, gli aerei in partenza dovevano infatti rullare lungo la pista di volo, per poi compiere un’inversione a U alla testata abilitata (manovra definita in gergo aeronautico backtrack) e così allinearsi per il decollo. L’aereo della KLM venne fatto parcheggiare nel piccolo piazzale accessorio situato all’altezza della testata 12 della pista di volo, accanto a un Boeing 737 della norvegese Braathens. Nello stesso piazzale furono via via fatti parcheggiare un Boeing 727 della Sterling Airlines e un Douglas DC-8 della SATA Air Açores. Il 747 della Pan Am venne inviato per ultimo alla piazzola già occupata dagli altri quattro aerei, collocandosi poco alle spalle del KLM.
Victor Grubbs, comandante del Pan Am, decise di non permettere ai passeggeri di accedere al terminal, per poter decollare appena fosse stato possibile, evitando di accumulare ulteriori ritardi con le operazioni di sbarco e reimbarco. Diede pertanto ordine di aprire tutte le porte d’accesso e fece arrivare alcune autoscale, in modo tale da rinnovare l’aria in cabina e permettere eventualmente ai passeggeri (ormai al limite della sopportazione dopo il lungo viaggio) di scendere e sgranchirsi le gambe sul piazzale.
Inizialmente anche Jakob van Zanten, comandante del KLM, era intenzionato a non far sbarcare i passeggeri, nella speranza di poter ripartire in fretta; la sua preoccupazione era infatti che, qualora l’aeroporto di Las Palmas non fosse stato riaperto in tempi ragionevoli, tutti gli occupanti dell’aereo avrebbero dovuto pernottare a Tenerife e la compagnia aerea, per suo tramite, sarebbe stata chiamata a organizzare a proprie spese la sistemazione in albergo. Ciò derivava dalla rigida applicazione dei limiti di ore di servizio dei piloti (da rispettare anche a costo di sospendere il volo, per ragioni di sicurezza) imposta dalla KLM, che qualche anno prima aveva espressamente proibito di estendere il servizio oltre i limiti prescritti, anche nel caso in cui si fossero verificati imprevisti di forza maggiore.
Un comandante trasgressore di tali limiti poteva essere colpito da seri provvedimenti disciplinari, variabili da una semplice multa fino al ritiro della licenza di pilota. Con il passare dei minuti, preso atto che la situazione andava per le lunghe e che l’aeroporto di Las Palmas non veniva riaperto, il comandante van Zanten contattò telefonicamente la sede centrale della KLM per avere un conteggio preciso delle ore di servizio e conoscere il suo orario limite per il decollo; dall’Olanda gli venne comunicato che l’orario limite da regolamento per ripartire da Las Palmas alla volta di Amsterdam risultava essere le ore 18:30.
Il comandante calcolò allora che avrebbe potuto recuperare tempo effettuando il rifornimento di carburante a Los Rodeos, in modo tale che, una volta atterrato a Las Palmas, avrebbe dovuto solo sbarcare i passeggeri in arrivo e imbarcare i partenti, ripartendo infine verso Amsterdam entro il limite orario.] Decise pertanto di lasciare che i passeggeri scendessero al terminal e chiese alla torre di mandare le autobotti per rabboccare i serbatoi.
Alle ore 15:00 l’allarme bomba rientrò e l’aeroporto di Las Palmas fu riaperto; l’equipaggio del Pan Am, non avendo fatto sbarcare i propri passeggeri, li richiamò velocemente a bordo e si predispose immediatamente a decollare, ma si trovò la via sbarrata dal KLM, che stava terminando il rifornimento. Il comandante Grubbs chiamò quindi via radio il Boeing olandese e chiese quanto tempo gli occorresse per terminare l’operazione e la risposta 35 minuti non piacque all’equipaggio:
Allora il comandante e l’ingegnere di volo del Pan Am scesero allora a terra per valutare se lo spazio fosse sufficiente a consentire ugualmente il passaggio dell’aereo, constatando che con l’aiuto di due wingwalkers (addetti che, camminando in corrispondenza delle estremità alari durante un rullaggio a bassissima velocità, forniscono indicazioni via radio al pilota su eventuali ostacoli e sul modo di evitarli) il loro velivolo avrebbe potuto sorpassare a sinistra il KLM ed entrare in pista; ciononostante decisero di non impegnarsi in tale operazione e di attendere che l’aereo olandese si spostasse.
Contrariamente a quanto inizialmente asserito dai piloti olandesi, il rifornimento si protrasse ancora per oltre un’ora, venendo concluso solamente alle ore 16:26. Dopo che le autobotti di carburante si furono allontanate, i passeggeri del KLM in attesa nell’aeroporto vennero richiamati a bordo. In tale frangente una guida turistica olandese di nome Robina van Lanschot, che viveva sull’isola a Puerto de la Cruz e aveva deciso, a seguito del cambio di rotta, di passare la serata con il suo fidanzato, non risalì a bordo, diminuendo il totale effettivo dei passeggeri imbarcati a 234.
L’operazione di reimbarco sul KLM venne rallentata dal ritardo di alcuni passeggeri che si erano trattenuti nel terminal, i quali vennero recuperati e riaccompagnati a bordo in extremis da un operatore aeroportuale. Una volta chiusi i portelloni, alle ore 16:58 il PH-BUF contattò la torre di controllo di Los Rodeos per chiedere l’autorizzazione al rullaggio.
Poiché la taxiway e tutti i raccordi erano ostruiti da altri aerei in attesa, il 747 olandese venne istruito a immettersi sulla pista di volo in corrispondenza della testata 12, a rullarvi percorrendola per tutta la sua lunghezza ed a compiere un backtrack (ovvero una rotazione di 180 gradi) in modo da allinearsi in posizione di decollo alla testata 30.
Alle ore 17:02, mentre le condizioni atmosferiche andavano peggiorando e la visibilità stava diminuendo a causa della nebbia (fenomeno frequente a Los Rodeos), anche il Pan Am venne autorizzato al rullaggio e ricevette l’ordine di immettersi a sua volta sulla pista accodandosi al KLM, rullare fino all’uscita numero 3, imboccarla e arrestarsi sulla taxiway parallela in attesa di ulteriori istruzioni.
Ascoltando la comunicazione, i piloti del Pan Am non capirono chiaramente se gli fosse stato detto di uscire dall’uscita numero 1 o dalla numero 3; l’imperfetta pronuncia inglese del controllore spagnolo e i disturbi alla radio non avevano permesso loro di capire se l’ordine riguardasse la first (prima) o la third (terza).
L’equipaggio chiese allora chiarimenti e la torre di controllo rispose perentoria”La terza, signore. Uno, due, tre, terza, la terza”,
In tali frangenti le azioni degli addetti della torre di Tenerife andarono ad aggiungersi agli elementi di criticità già evidenziati. Essi erano infatti sotto pressione, in quanto chiamati a gestire un volume di traffico del tutto insolito per l’aeroporto che controllavano, ed erano incapaci di padroneggiare fluentemente la lingua inglese. In aggiunta, le istruzioni date al Boeing KLM provenivano dal controllore di avvicinamento, mentre il colloquio con il jet Pan Am veniva condotto dal controllore dei movimenti a terra, ed i due operatori avevano a disposizione una sola frequenza radio, sicché finivano per intralciarsi a vicenda e rendere le istruzioni ancora più confuse.
Giunti in vista dell’uscita 3, i piloti del Pan Am constatarono che per imboccarla sarebbe stato necessario girare l’aereo di 135 gradi a sinistra e poco dopo nuovamente di 135 gradi a destra per immettersi sulla taxiway; essi temettero che nel corso dell’operazione le ruote dei carrelli avrebbero sconfinato nell’erba al di fuori dell’asfalto della pista, ove il terreno nudo non avrebbe verosimilmente retto il peso del Jumbo Jet. La fattibilità delle due svolte richieste è controversa. Uno studio della Air Line Pilots Association (associazione statunitense dei piloti commerciali) definì la manovra “praticamente impossibile”, mentre gli investigatori olandesi la indicarono nei loro rapporti “ragionevolmente eseguibile”. Né questi né il terzo rapporto, redatto dalle autorità spagnole, indagano tuttavia il motivo per cui il controllore di volo avesse ordinato di usare quell’uscita a un aereo così grande.
Come emerse dall’esame della registrazione del cockpit voice recorder i piloti statunitensi (peraltro disorientati dalla nebbia e dalla segnaletica poco visibile, a maggior ragione dall’alto della cabina del 747) si convinsero che la torre avesse indicato come “terza” l’uscita numero 4, che appariva molto più comoda da imboccare (richiedendo una svolta di soli 45 gradi).
Senza comunicare le proprie azioni e senza chiedere ulteriori chiarimenti, il Clipper Victor superò quindi la bretella 3 e puntò verso la successiva. Nel frattempo, il KLM era arrivato alla testata 30, aveva effettuato la rotazione di 180 gradi ed era pronto per decollare. Il comandante van Zanten avanzò e abbassò lentamente le manette della potenza dei propulsori (una procedura standard da effettuare prima del decollo chiamata “spin-up”, atta a verificare che tutti i motori rispondano contemporaneamente). Meurs contattò quindi la torre di controllo per ottenere l’autorizzazione ATC (che fornisce le indicazioni sulla rotta da seguire dopo il decollo, ma non dà ancora diritto a decollare); i controllori gli fornirono le istruzioni di uscita e la rotta per l’aeroporto di Las Palmas.
La nebbia sempre più fitta impediva il contatto visivo tra KLM, Pan Am e torre di controllo. Complice l’assenza nello scalo di un radar di terra per il controllo dei velivoli in rullaggio l’unico modo per determinare la posizione degli aerei era l’ascolto delle comunicazioni radio.
Il copilota del KLM ripeté le istruzioni ATC appena ricevute e soggiunse: «Adesso stiamo decollando.». La torre di controllo, probabilmente non avendo compreso se tale frase significasse che l’aereo fosse fermo e pronto a decollare oppure che si fosse già lanciato lungo la pista, gli intimò di attendere: «Ok, aspettate per il decollo. Vi chiamerò io.»
L’equipaggio del Pan Am, udendo l’annuncio di decollo del KLM, chiamò contemporaneamente la torre sulla stessa frequenza: «Stiamo ancora rullando sulla pista, Clipper 1736.» La sovrapposizione delle voci che ne derivò generò un’interferenza, a seguito della quale il KLM non ricevette la chiamata del Pan Am e al contempo sentì il messaggio della torre in modo frammentario: «Ok […] per il decollo […].»
Lo scambio di comunicazioni riportato sopra, abbastanza abituale per i canoni dell’epoca, è considerato molto pericoloso per gli standard moderni. L’uso dell’espressione take off (decollo) prima del decollo vero e proprio, abbinata ad un’espressione di accettazione informale e non standard (okay), è infatti potenzialmente foriero di fraintendimenti che possono condurre ad azioni errate e pericolose.
Questo fu esattamente ciò che accadde: convinto di aver ricevuto l’autorizzazione al decollo, il comandante del KLM non diede ulteriori comunicazioni alla torre, rilasciò i freni e diede piena potenza ai propulsori. Nel mentre il Pan Am era ancora in pista e si stava predisponendo a voltare nel raccordo 4, a 1400 metri di distanza dalla testata 30.
Il copilota olandese, probabilmente intuendo di non aver ricevuto correttamente tutti i messaggi, chiese chiarimenti al comandante, che si disse certo di avere pista libera: «Si è tolto da lì?» «Come dici?» «Si è tolto da lì il Pan American?» «Certamente»
Nel frattempo la visibilità era scesa a meno di 150 metri e sull’aeroporto stava cadendo una pioggia leggera. Secondo le registrazioni del cockpit voice recorder, il comandante del Pan Am fu il primo a veder emergere dalla nebbia le luci del KLM in corsa per il decollo, nel momento in cui stava per imboccare l’uscita numero 4.
Istintivamente Grubbs spinse i motori alla massima potenza e sterzò violentemente a sinistra nel tentativo di evitare la collisione. La mole del Boeing 747 non consentiva tuttavia movimenti repentini, sicché l’aereo statunitense non fu in grado di scostarsi più di tanto dalla pista.
Van Zanten, poco dopo aver annunciato alla radio il raggiungimento della V1 (o velocità di decisione, una volta toccata la quale non è più possibile annullare il decollo), si accorse della presenza del Clipper Victor in mezzo alla pista.
Non potendo arrestare il velivolo, tirò bruscamente a sé il volantino e cercò di sollevarlo. Tuttavia la velocità, appena inferiore ai 300 km/h, non era ancora pienamente sufficiente a sostentare il KLM (a pieno carico e ulteriormente appesantito dai serbatoi appena rabboccati), sicché nella cabrata il cono di coda del velivolo olandese toccò l’asfalto e strisciò sulla pista per venti metri, sollevando una nuvola di scintille.
La brusca manovra riuscì a sollevare il KLM solo di pochi metri, non potendo evitare che i carrelli e la parte inferiore della fusoliera colpissero il Pan Am, che venne scoperchiato all’altezza del ponte superiore e prese immediatamente fuoco. Il KLM riuscì a restare sospeso ancora per qualche istante, ma i danni subiti e i rottami ingeriti dai motori lo mandarono in stallo facendolo ricadere sulla pista a circa trecento metri di distanza. Anche il velivolo olandese venne immediatamente avvolto da un rovinoso rogo al momento dello schianto.
Nel giro di pochi istanti, un aereo della Sterling Airlines, in attesa di atterrare, chiamò i controllori avvisandoli della presenza di bagliori sulla pista e venne dato l’allarme.iSul momento dunque nessuno riuscì a intuire l’esatta dinamica del disastro e il numero di aerei coinvolti.e questo aggravò la tragedia.n




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