Cappato – Ancora un atto di disobbedienza civile da parte di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. Questa volta con l’obiettivo di abbassare ancor di più l’asticella del suicidio legalmente assistito. Cappato è infatti in Svizzera per accompagnare all’eutanasia un uomo affetto da parkinsonismo atipico, ma ancora libero da trattamenti di sostegno vitale. «Mio marito Romano – spiega la moglie – è affetto da una grave forma di Parkinson che gli ha paralizzato completamente gli arti. E che ha prodotto una disfagia molto severa che lo porterà a breve a un’alimentazione forzata». La decisione di far cessare la sofferenza risale a luglio scorso.
Da Cappato ecco un nuovo atto di disobbedienza civile
Da qui la decisione di rivolgersi a Cappato per raggiungere la Svizzera, dove accedere al suicidio legalmente assistito è quasi una mera formalità. «Siamo arrivati dopo un lungo viaggio molto faticoso per mio marito – racconta la moglie – e stiamo aspettando la visita del dottore. Se a lui Romano confermerà la sua decisione consapevole e responsabile già espressa, da domani sarà libero di porre fine alle sue sofferenze». Più o meno dello stesso tenore le parole pronunciate da Cappato al suo arrivo in terra elvetica. «Sono di nuovo in Svizzera – ha dichiarato – per fare valere quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale».
L’uomo non è tenuto in vita artificialmente
Il problema è che Romano non è «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale». Quindi, come la 69enne veneta Elena Altamira, non rientra nei casi previsti dalla sentenza della Corte costituzionale (la 242/2019) sul caso Cappato\Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia. In base a quella decisione, infatti, il suicidio assistito è legale quando la persona malata che ne fa richiesta risulta affetta da patologia irreversibile. Tale malattia dev’essere fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma non deve alterare la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. Quel che più importante, deve trattarsi di una persona sottoposta a trattamenti di sostegno vitale. A verificare la sussistenza di tali condizioni, infine, dev’essere il Servizio sanitario nazionale. Ma come sempre ci sono uomini che si vogliono sostituire a Dio!