Polanski – Dopo Carnage (2011) e Venere in pelliccia (2013), Roman Polanski torna a esplorare i più oscuri lidi della psiche con Quello che non so di lei (D’après une histoire vraie / Based on a True Story), adattamento dal romanzo omonimo di Delphine de Vigan incentrato su una scrittrice in crisi, incarnata da Emmanuelle Seigner, che viene avvicinata da un’affascinante e tenebrosa ammiratrice impersonata da Eva Green.
Polansky si concentra su una conturbante narrazione dai risvolti psicologici, freudiani, declinandoli stavolta però all’inquietante tema del doppio. Protagonista è Delphine (come l’autrice dell’originale cartaceo), la quale ha avuto un notevole successo con il suo primo romanzo autobiografico, che racconta la controversa storia della sua famiglia e il tragico suicidio della madre. La donna è però in profonda crisi da ‘blocco dello scrittore’, combattuta tra il senso di colpa per aver affrontato tematiche così personali (numerose lettere anonime la accusano di aver svenduto gli aspetti più intimi e privati relativi ai suoi cari) e l’ansia di eguagliare il riscontro ottenuto con il best seller con il suo successivo lavoro. Inoltre, sin da principio ne è sottolineata l’estrema solitudine, i figli sono già grandi e hanno abbandonato i lidi domestici da tempo, mentre il compagno, François (Vincent Perez), un presentatore televisivo e critico letterario molto importante, è spesso assente per lavoro. Durante una sessione di autografi, tuttavia, Delphine viene avvicinata da una sua fan il cui nome è, evocativamente, Lei / Elle ‘come Elizabeth’ (ma che rimanda anche naturalmente all’Id freudiano, sebbene in italiano diventi ‘Leila’); poco dopo, ad una festa, le due casualmente si rincontrano e tra di loro si crea immediatamente una grande sintonia. Sembra quindi che la scrittrice abbia finalmente trovato una confidente, ma la conturbante nuova amica – che fa la ghost writer – ha atteggiamenti sempre più singolari e inquietanti, pare ossessionata da Delphine e continua a spronarla alla scrittura del suo fantomatico “libro segreto”. Lentamente il rapporto tra le due donne diviene sempre più morboso ed Elle inizia a gestire personalmente sempre più la vita dell’autrice, curandone le e-mail, le relazioni con amici e contatti professionali, arrivando addirittura a volersi sostituire a lei a un evento pubblico. Tuttavia, la sconosciuta che è così rapidamente entrata nella vita della romanziera serba un oscuro segreto, che man mano che la trama si dipana viene alla luce, fino alla rivelazione finale.
Da una parte Emmanuelle Seigner in una parabola degenerativa, mentre perde sempre più il dominio sulla realtà, sempre più passiva e remissiva, fino a non avere più nemmeno padronanza sul proprio corpo, su sé stessa. Dall’altra, in un moto opposto, Eva Green rende con conturbante e misteriosa spavalderia il proprio ruolo in un crescendo fino a prendere il controllo sulla vita della scrittrice ed assumerne l’identità. il medesimo soggetto, trasmettendo così subito una sensazione di spaesamento e confusione.
Sul film Eva Green è chiara: “Il mio personaggio nel film è piuttosto estremo… Non sto dicendo di non sapere cos’è l’ossessione, io stessa sono una persona abbastanza ossessiva ma Elle è quasi come un vampiro, non è del tutto a posto. Quindi decisamente no, non mi identifico con il personaggio!”.
“Polanski all’inizio mi ha lasciato molto libera, ci siamo ritrovati a leggere insieme qualche scena e a camminare su quelli che sarebbero stati i set, ma in quei contesti Roman è molto alla mano, si fida dei suoi attori. Quando sale sul set cambia radicalmente, all’improvviso diventa estremamente esigente e interessato ai dettagli, vuole girare ogni scena esattamente come ce l’ha in testa. È molto diretto, non è il genere di regista che ti riempie di complimenti prima di criticarti. È pieno di passione per il cinema, è sempre presente quando c’è da girare, e mi ci è voluto qualche giorno a capire cosa volesse di preciso da me. Non è stato facile perché Elle è una figura astratta, ambigua, fino alla fine non sai nemmeno se sia reale o meno. A dire la verità, io stessa non ho ancora capito se il mio personaggio esiste oppure no”.
Polanski racconta: “”È stata Emmanuelle, mia moglie, a suggerirmi il romanzo di Delphine de Vigan – spiega il regista – e sono stato subito folgorato dalle situazioni inquietanti che si susseguono in un gioco di specchi tra realtà e finzione. Che è poi quello che succede in ‘Venere in pelliccia’ in cui i piani di vero, falso e sogno sono intercambiabili.
Ciò che mi affascinava prima di tutto erano i personaggi e questi particolari e inquietanti
situazioni in cui si trovano.
Eva? Non ci eravamo mai incontrati, ma conoscevo il suo modo di lavorare. Ero rimasto stupefatto dalla sua esibizione in “SIN CITY: A DAME TO KILL FOR” di Robert Rodriguez. E’ stata un’esperienza meravigliosa lavorare con Eva, ma ancora di più lavorare con Eva e Emmanuelle insieme.
Sin dall’inizio, Eva ed Emmanuelle sono andate molto d’accordo – il che non è sempre scontato tra attrici. La loro amicizia è stata importante per la riuscita del film.
Abbiamo girato il film in 12 settimane e l’impegno di tutti è stato tanto”.