La bomba atomica in Giappone, il Vaticano e l'invito a Papa Francesco

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Il governatore di Hiroshima Hidehiko Yuzaki ha invitato pubblicamente Papa Francesco a visitare la città colpita dalla bomba atomica oltre 70 anni fa e inoltrare un messaggio di pace alla comunità mondiale.
“Hiroshima è il simbolo della ricostruzione, della speranza e della pace – ha detto Yuzaki – una visita di Papa Francesco potrebbe convogliare l’attenzione del mondo e aprire un dibattito a livello globale per l’eliminazione delle armi nucleari”.
L’invito è giunto durante una visita in Vaticano, e in seguito all’incontro con il segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, ed è stato ampiamente ripreso dalla stampa nipponica. Francesco ha più volte sollevato la questione del disarmo nucleare e l’eventuale trasferta a Hiroshima sarebbe il primo viaggio di un pontefice in Giappone dalla visita di Giovanni Paolo II nel 1981.
Il Pontefice non ha mai lesinato di scagliarsi contro la guerra e la sua violenza irresponsabile: “Maledetti!”. Ricorre a questa «parola brutta» Papa Francesco per accusare coloro che “operano per la guerra e fanno le guerre: sono maledetti, sono delinquenti. Una guerra si può ‘giustificare, sia detto fra virgolette, con tante ragioni. Ma quando tutto il mondo, come è oggi, è in guerra, una guerra mondiale a pezzi, dappertutto, non c’è giustificazione. Il mondo continua a fare la guerra, a fare le guerre. Il mondo non ha compreso la strada della pace. Noi abbiamo preferito la strada delle guerre, la strada dell’odio, la strada delle inimicizie. Ricordando poi le commemorazioni sulla seconda Guerra mondiale e sulle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki e richiamando il giudizio già espresso da Papa Benedetto nel definirle «stragi inutili», Francesco si chiede: “Cosa rimane di una guerra, di questa guerra che noi stiamo vivendo adesso?”. Rimangono, sottolinea il Papa, “rovine, migliaia di bambini senza istruzione, tanti morti innocenti e tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi. Una volta, Gesù ha detto che non si possono servire due padroni, Dio e le ricchezze. La guerra è propria la scelta per le ricchezze. Facciamo armi, così l’economia si bilancia un pò e andiamo avanti con il nostro interesse. Ma chi opera questa scelta è maledetto”.
A proposito delle bombe atomiche scagliate sul Giappone come non ricordare i possibili perché di quella terribile scelta. Va infatti ricordato che laa città giapponese distrutta dall’atomica dopo Hiroshima era la più cattolica del Paese. E gli Alleati non amavano Pio XII. Ufficialmente si narra di una scelta dovuta a condizioni meteo buone ma la realtà potrebbe essere un’altra.
Già, non tutti sanno che Nagasaki era l’unica città a maggioranza cattolica del Giappone (e peraltro Hiroshima era la seconda). Gli americani vollero punire così Pio XII per non essersi schierato, almeno dopo l’8 settembre, dalla parte degli Alleati? Anzi l’allora pontefice aveva protestato contro la distruzione dell’abbazia di Montecassino. In Vaticano era già stato recapitato un piccolo, odioso avviso di garanzia: cinque bombe di piccolo calibro cadute nei giardini a pochi metri dalla sua abitazione, a un passo da piazza San Pietro, sfiorando l’appartamento del suo massimo collaboratore, monsignor Domenico Tardini, la sera del 5 novembre del 1943; e poi ancora il 1° marzo del 1944 (un morto).
Su Asia-News scrive uno storico: “Secondo il comando militare alleato, la bomba atomica era una necessità, perché non si trattava di piegare una resistenza armata, ma l’idea molto viva tra i giapponesi che Dio era dalla loro parte…. L’atomica avrebbe dovuto scalfire questa certezza perché infliggeva un colpo mortale allo shintoismo artificialmente trasformato in ideologia militarista. Invece la bomba più che il cuore della religione giapponese colpì in pieno il quartiere cattolico di Nagasaki, il più importante e numeroso centro della Chiesa in Estremo Oriente. Perirono quasi tutti. L’epicentro dell’esplosione era stata proprio la loro cattedrale che, tra l’altro, in quel momento era affollata di fedeli in coda davanti al confessionale per prepararsi alla festa dell’Assunta”.
Prove concrete non ce ne sono ma il compianto scrisse nella sua autobiografia (Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Siena, Cantagalli, 2010). “A Nagasaki fin dal secolo XVI era sorta la prima consistente comunità cattolica del Giappone. A Nagasaki il 5 febbraio 1597 avevano dato la vita per Cristo trentasei martiri (sei missionari francescani, tre gesuiti giapponesi, ventisette laici), canonizzati da Pio IX nel 1862. Quando riprende la persecuzione nel 1637 vengono uccisi addirittura trentacinquemila cristiani. Poi la giovane comunità vive, per così dire, nelle catacombe,
separata dal resto della cattolicità e senza sacerdoti; ma non si estingue. Nel 1865 il padre Petitjean scopre questa “Chiesa clandestina”, che si fa da lui riconoscere dopo essersi accertata che egli è celibe, che è devoto di Maria e obbedisce al Papa di Roma; e così la vita sacramentale può riprendere regolarmente. Nel 1889 è proclamata in Giappone la piena libertà religiosa, e tutto rifiorisce. Nel 1929, di 94.096 cattolici nipponici ben 63.698 sono di Nagasaki. Possiamo ben supporre che le bombe atomiche non siano state buttate a casaccio. La domanda è quindi inevitabile: come mai per la seconda ecatombe è stata scelta, tra tutte, proprio la città del Giappone dove il cattolicesimo, oltre ad avere la storia più gloriosa, era anche più diffuso e affermato?
Quei tempi non sono poi così lontani. L’atomica resta una grave minaccia e le tensioni in Corea del Nord ne sono l’esempio più lampante. Il Giappone non può dimenticare quelle immani catastrofi e si rivolge al Papa della pace, della comunione, del riavvicinamento. Il viaggio? Di ufficiale non vi è nulla ma se fossimo scommettitori punteremmo tutto sul fatto che papa Francesco si recherà in Giappone per ricordare il male che vi si è abbattuto dallo sconcertante attacco alle Hawaii ai due devastanti ordigni nucleari. Il Giappone, un paese in cui i samurai erano l’esempio di morale, etica e disciplina e che oggi cerca di riavvicinarsi ai suoi gloriosi avi e a quelle origini che mai lo avrebbero portato al secondo conflitto mondiale (con un attacco fuori da ogni elemento di lealtà) ed al suo tragico epilogo.




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