Russia. Attentato a San Pietroburgo il giorno dopo

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È salito a 14 il numero delle vittime dell’attentato di ieri nella metropolitana di San Pietroburgo. Secondo il ministro della Salute Veronika Skvortsova, 11 persone sarebbero morte immediatamente a seguito dell’esplosione, mentre altre tre avrebbero perso la vita per le ferite riportate; 49 persone, secondo Skvortsova, sarebbero ancora ricoverate in ospedale.
Gli inquirenti russi hanno fatto il nome de presunto responsabile della strage nella metro di San Pietroburgo. Si tratterebbe di Akbarzhon Dzhalilov, classe 1995, con molta probabilità originario del Khirgizistan (altre fonti indicano una diversa provenienza). Lo ha riferito la rappresentante del comitato investigativo Svetlana Petrenko.
Sulla borsa che nascondeva l’ordigno inesploso nella stazione “Ploshchad Vosstaniya” sarebbero infatti state trovate tracce genetiche dello stesso Dzhalilov. E dalle riprese delle telecamere di sicurezza si evincerebbe che la borsa sarebbe stata lasciata dallo stesso uomo presumibilmente responsabile dell’esplosione nel vagone.
Come scrive la rivista di Pietroburgo Fontanka, la comunicazione di una borsa abbandonata sulla banchina della fermata “Ploshchad Vosstanija” è arrivata agli organi di sicurezza circa nove minuti prima dello scoppio della bomba alla fermata “Technologicheskij institut”. L’ordigno esplosivo si trovava dentro una borsa, il terrorista aveva posizionato il detonatore all’interno di un estintore da cinque litri.
All’interno della bomba è stato trovato circa un chilogrammo di sostanza esplosiva (equivalente al tritolo, ndr) e due chilogrammi circa di cuscinetti a sfera per aumentare la forza dell’esplosione e dell’impatto, come riferisce una fonte degli organi di sicurezza alla Komsomolskaja pravda.
La bomba al tritolo con il detonatore e le sfere metalliche era tre volte più potente di quella esplosa all’altra fermata della metropolitana. Come sia stata disinnescata non è stato documentato ma alcuni canali anonimi di Telegram parlano di un eroico agente della Rosgvardija (un organo di sicurezza federale da poco costituito con un ampio spettro di poteri e truppe interne a disposizione ) che avrebbe disinnescato da solo l’ordigno. “
I media scrivono che dalle registrazioni delle telecamere di sorveglianza, le due bombe, sembrano essere state portate dentro la metropolitana dalla stessa persona. È curioso però che il terrorista abbia lasciato nell’atrio la bomba più potente, facendo esplodere l’altra nel vagone. Il canale anonimo di Telegram “Karaul’nyj” spiega così l’accaduto: “Nella bomba camuffata da estintore c’era un detonatore con il timer… mentre la bomba nel vagone è esplosa con un innesco automatico. Perciò la bomba più grande è stata lasciata fuori, mentre quella più piccola, nascosta in uno zaino è stata portata nel vagone”.
Le reazioni all’attentato non si sono fatte attendere.
“Si tratta di un orrendo attentato terroristico. Coloro che lo hanno organizzato dovrebbero essere identificati e essere puniti con la pena più severa”, ha scritto su Instagram il leader ceceno Ramzan Kadyrov. Kadyrov ha parlato di “criminali”, aggiungendo che l’atteggiamento verso di loro dovrebbe essere “non solo severo, ma senza pietà”.
“Questo è il nostro comune dolore”, ha detto il primo ministro russo Dmitrij Medvedev su Facebook. Mentre il governatore di San Pietroburgo Georgij Poltavchenko ha definito l’attentato di ieri “una terribile tragedia”, esortando prudenza da parte di chi vive in città.
Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill durante un servizio funebre per commemorare le vittime ha detto: “Si tratta di un atto di terrorismo che lancia una sfida non solo alle autorità, non solo alle forze dell’ordine e a quelli che sono chiamati a occuparsi della sicurezza dei cittadini, questo atto terroristico lancia una sfida a tutti noi, a tutto il popolo”.
L’Agenzia federale per il Turismo (Rostourism) ha lanciato un appello ai visitatori invitando alla calma. Secondo le informazioni fino ad ora disponibili, non vi erano turisti sul luogo della tragedia.
Il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, su Twitter ha detto di essere “inorridito dalla notizia dell’esplosione a San Pietroburgo”. “Il mio cordoglio va alle vittime e alle loro famiglie”, ha detto.
Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha condannato l’esplosione, aggiungendo che i responsabili dovranno rispondere di questa tragedia.
Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha inviato al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin un messaggio di condoglianze. “Ho appreso con costernazione la notizia dell’esplosione che ha appena provocato vittime e numerosi feriti tra i passeggeri della metropolitana di San Pietroburgo – si legge nella nota -. Seguo con viva apprensione gli sviluppi di questo tragico avvenimento e desidero porgere a lei e all’amico popolo russo il sentito cordoglio degli italiani tutti e mio personale. L’Italia si stringe ai familiari di coloro che hanno perso la vita e ai feriti, dei quali ci auguriamo un pronto ristabilimento”.
“In attesa di incontrarla a Mosca, colgo l’occasione per rinnovarle le più sentite condoglianze ed espressioni di sincera amicizia per il suo Paese”.
Al di là dell’esecutore materiale (i servizi di intelligence della Repubblica del Kirghizstan confermano che il terrorista è di origine kirghiza), l’attacco non ha le caratteristiche della strage a opera di un “lupo solitario”, ma ha tutto l’aspetto di un atto terroristico premeditato e ben organizzato.
Il bersaglio (civili, non soldati), la portata (la bomba era stata piazzata al centro del vagone e lo scoppio è avvenuto nella galleria per ottenere il maggior numero di vittime possibile), il luogo (la città natale del presidente Putin) e la tempistica sono stati scelti di proposito per scatenare un’atroce tragedia umana e una copertura mediatica “esplosiva”.
Ma sorge allora spontanea una questione: “Cui prodest?”, “A chi giova?”. Si valutano soprattutto due piste, quella dei fondamentalisti islamici e quella degli estremisti ucraini.
I fondamentalisti islamici di Daesh si stanno ritirando nelle zone di Siria e Iraq. L’avanzata su molti fronti della “coalizione multinazionale in Iraq” in guerra con l’Isis, unita al minor interesse dimostrato dagli Stati Uniti nel gestire la crisi nella difficile area mediorientale lascia ai sostenitori del Califfato pochissime chance di resistere alla pressione, e ancor meno di poter organizzare una risposta armata. Così di fronte alla sconfitta imminente Daesh farebbe quindi ricorso ad attacchi terroristici che già hanno sconvolto i cittadini di molte città dell’Europa occidentale. Anche la Russia è nel mirino del terrorismo internazionale.
Dall’autunno 2015 Mosca ha fornito supporto militare e diplomatico al regime di Bashar al-Assad in Siria, tenendo testa sia a una guerra civile sia a Daesh che aveva occupato quasi un terzo circa del territorio. La Russia ha dimostrato di essere un attore temibile, in grado di cambiare il corso degli eventi a favore delle forze anti-terroristiche. Le incursioni dell’Isis nel territorio russo sono innumerevoli, benché molte siano state bloccate sul nascere o rese inoffensive, come affermano le agenzie di sicurezza.
Secondo i dati pubblicati, circa 9.000 jihadisti di Daesh sono nati in Russia o nelle ex repubbliche sovietiche. Sentendo che il sogno islamico di restaurare il Califatto sta svenendo e per paura della propria incolumità, alcuni estremisti potrebbero aver fatto ritorno a casa.
Per gli estremisti ucraini, nonostante il trionfalismo degli ultra-nazionalisti ucraini che sono riusciti a controllare il governo di Petr Poroshenko, la possibilità di riportare nell’immediato futuro il Paese alla stabilità e alla crescita raggiunti sotto il presidente Janukovich è molto bassa.
La consapevolezza da parte della coalizione di ultradestra di una situazione difficile e le difficoltà registrate su più fronti (la ribellione vittoriosa al “cambio di regime” a Kiev delle due repubbliche autoproclamate nel Donbass, la rapida de-industrializzazione dell’economia nazionale, l’atteggiamento tiepido dell’Unione Europea alle richieste di aiuto economico ecc…) possono aver esacerbato e quindi reso più violenti gli ultra-nazionalisti.
Dato che l’ultradestra ucraina è riuscita a reclutare e radunare collaboratori stranieri, alcuni dei quali sono veri e propri mercenari professionisti con esperienza di combattimento, non si dovrebbe escludere l’ipotesi per cui essi vogliano ora prendere di mira il presunto colpevole delle loro battute d’arresto e della sconfitta imminente, ovvero la Russia.
Da segnalare una dichiarazione di Guglielmo Picchi, membro dell’assemblea parlamentare dell’Osce “Esiste una tendenza preoccupante in Occidente”, è’ come se la Russia non fosse uno Stato degno di essere supportato. I morti della metropolitana sono civili: sono il mio vicino di casa, mio padre, mio fratello. Stranamente, tuttavia, sembra che l’Europa non li consideri degni nemmeno di un piccolo tributo, seppur simbolico, come l’illuminazione degli edifici storici con i colori della bandiera russa”.
“L’attentato alla metro di San Pietroburgo, in Russia, costato la vita a 14 persone, è strettamente legato allo scenario siriano”. Così la stampa araba legge l’accaduto. Per il quotidiano online al Rai al Youm, “l’attacco arriva dopo che l’Isis aveva invitato, nel settembre del 2015, i suoi uomini a colpire la Russia che era entrata in Siria in supporto del regime di Damasco”. Sarebbero, si legge ancora, “7mila i combattenti provenienti da repubbliche dell’ex Urss entrati nelle file dello Stato Islamico. Fra questi 2.900 di nazionalità russa”.
Sulla stessa lunghezza anche al Hayat, quotidiano panarabo, che sottolinea come i “servizi segreti russi fossero in allerta dal settembre 2015, cioè dalle minacce Isis, e dal possibile ritorno in Russia dei foreign fighter partiti a combattere”. Per al Quds al Arabi, quotidiano panarabo che pubblica un articolo con l’opinione della redazione sull’accaduto, l’attentato è una chiara “minaccia verso il presidente Vladimir Putin”. La testata sottolinea che l’attentato è giunto proprio mentre “il leader del Cremlino si trovava in città per una serie di incontri, fra cui uno con Lukashenko”. E questa coincidenza “è un chiaro segnale che nel mirino ci fosse la leadership russa”.
L’attacco alla metro, continua al Quds al Arabi, “richiama una famosa definizione del terrorismo: l’uso deliberato della violenza o la minaccia di essa per il raggiungimento di un obiettivo politico, religioso o ideologico”. Una definizione che caratterizza quello che è stato compiuto a San Pietroburgo ma, ricorda il quotidiano, calza anche “alla Russia che è chiaramente responsabile della morte di 3.967 civili uccisi dall’inizio dell’intervento militare” in Siria, a supporto del governo di Damasco..
Una situazione esplosiva, un attacco alla Russia e dopo poche ore la notizia (sulla quale sono stati consumati fiume di inchiostro ed alla quale è stato dato maggior rilievo degli attentati a San Pietroburgo), come sempre di parte e tutta da verificare, dell’uso di armi chimiche da parte di Assad in Siria? Solita propaganda di parte ed attacco contro il governo siriano ed il presidente più amato dai russi di sempre Vladimir Putin..L’intento è cercare di distruggere l’asse Siria, Russia e USA ma il presidente Trump ha già risposto: Assad non è un problema nostro e la Russia è un alleato.




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