Il dramma dello Yemen

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Si fa sempre più difficile la vita dei bambini nella martoriata terra dello Yemen. Con la guerra che si è intensificata negli ultimi due anni il numero di bambini che non vanno a scuola in Yemen è raddoppiato. Si tratta di 3 milioni e mezzo di ragazzi e giovani, una generazione perduta per uno dei Paesi più poveri del mondo. Il conflitto si è esacerbato nel 2015 e da allora, secondo le Nazioni Unite, i conflitti armati hanno fatto registrare circa 7700 morti, dei quali almeno 1.546 bambini, in un Paese dove il 50% dei 27 milioni di abitanti hanno meno di 18 anni. La guerra ha lasciato inutilizzate 1640 scuole, di queste, 1470 sono state distrutte o danneggiate, mentre le altre servono da caserme o rifugi per gli sfollati.
Inoltre più di 1 milione di alunni sono rimasti senza scuola e a questi si aggiungono l’altro milione e 600 mila che erano privi di scolarizzazione già prima del conflitto bellico. I bambini descolarizzati, abbandonati, cercano piccoli lavori, fanno accattonaggio o vengono reclutati dalle parti in conflitto, come i 1500 bambini soldato censiti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Anche nelle regioni in cui ci sono meno conflitti armati e dove le scuole sono aperte, le classi sono sovraffollate e spesso gli insegnanti sono in sciopero per protestare contro gli stipendi non pagati. Questi piccoli sono anche facile preda dei gruppi islamisti radicali che approfittano del conflitto per rafforzare le loro file nello Yemen. Per compensare la scuola, molti giovani si orientano verso i centri coranici o i cicli di formazione nelle moschee.
Secondo il rapporto, il tasso di mortalità infantile in Yemen è in aumento: almeno 1.219 bambini sono morti come risultato diretto dei combattimenti, ma ad essi se ne aggiungono 10.000 che hanno perso la vita per cause indirette legate al conflitto, come la cronica mancanza di forniture mediche e di personale.
Il sistema sanitario nello Yemen è al collasso: più di 270 strutture sanitarie sono state danneggiate a causa della guerra e, secondo le stime, più della metà delle 3.500 strutture sanitarie sono attualmente chiuse o solo parzialmente funzionanti. A tutto ciò si aggiunge la carenza di personale qualificato in tutto il paese, poiché gli operatori sono stati costretti a fuggire dal paese.
Da quando è iniziato il conflitto il prezzo della maggior parte dei farmaci è aumentato del 300%, secondo Hilel Mohammed al-Bahri, vice-direttore dell’ospedale Al-Sabeen Hospital di Sana’a, rendendoli di fatto inaccessibili sia alle strutture che alle famiglie. “Non possiamo permetterci di acquistare medicine e di pagare lo stipendio a medici e staff. Contiamo solo sul modesto reddito dei pazienti che ancora pagano le tasse. Ma se abbiamo bisogno di manutenzione o di un pezzo di ricambio per le strutture ospedaliere, non abbiamo il denaro necessario. Non abbiamo i ricambi per le attrezzature. Solo i bambini di meno di nove mesi possono essere messi in terapia intensiva, mentre per i più grandi non abbiamo posto: ci sono solo 20 letti per ogni unità di terapia intensiva, ma nella zona siamo l’unico ospedale pediatrico”.
Secondo il sito del settimanale francese Le Point Il presidente socialista francese Francois Hollande ha approvato la vendita di armi all’Arabia Saudita, intenta all’aggressione dello Yemen emettendo un ordine di vendita di 455 milioni di euro di armi alla monarchia saudita, che dal 26 marzo 2015 a questa parte ha ucciso oltre 14 mila yemeniti, quasi totalmente civili, proprio grazie alle armi ed alle bombe acquistate dalle potenze occidentali.
La Francia, nel 2016, ha ricevuto ordini militari per un ammontare di 20 miliardi di euro, un qualcosa che ha suscitato proteste anche all’interno della nazione. Si tratta dello stesso presidente francese (non a caso ai minimi storici di sondaggi elettorali nel suo Paese) che si erge spesso e volentieri a garante dei “diritti umani”. La Francia di Hollande si dimostra come sempre alleata e complice dell’Arabia Saudita, il paese governato dalla Monarchia dei Saud, che sta attualmente conducendo, assieme agli Stati Uniti e con la complicità di altri paesi europei, una campagna di bombardamenti indiscriminati contro la popolazione indifesa dello Yemen, il più povero paese del Medio Oriente.
La Francia fornisce le bombe e gli armamenti, garantendosi mega contratti con i sauditi, indifferente al fatto che quelle bombe e quegli armamenti vengono impiegati per bombardare le case, le scuole, i mercati e persino gli ospedali nello Yemen dove sauditi e statunitensi stanno attuando quella che si può ben definire una “macelleria messicana”. Uno sterminio della popolazione civile che, oltre ai bombardamenti, deve subire un blocco aereo navale che sta portando la popolazione letteralmente alla fame con circa 5 milioni di persone, in maggioranza donne e bambini, che sono sull’orlo della morte per inedia, privi di alimenti, di medicinali e di acqua potabile.
Un disastro umanitario, denunciato anche dall’ONU, di grandi proprorzioni e totalmente ignorato dai media, stampa e TV occidentali. Non ci sono le organizzazioni come “Amnesty International” o “Human Right Wath”, quelle che lanciavano grandi appelli per i bombardamenti russi/siriani su Aleppo est, non ci sono servizi sulle TV europee sul dramma che vive la popolazione yemenita, come avveniva invece quando si volevano “salvare” i civili di Aleppo, mentre in realtà si volevano salvare i mercenari armati dall’Occidente e dall’Arabia Saudita che erano rimasti intrappolati nei quartieri est della città.
Per ricostruire una tragedia di tali portate dobbiamo fare un passo indietro. Nel settembre del 2014, il gruppo Houthi ha preso il controllo del capitale dello Yemen, Sana’a. Nel gennaio 2015, hanno effettivamente deposto il presidente Abdu Rabu Mansour Hadi e il suo governo. La formazione Houthi, insieme con le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, ha poi minacciato di prendere la città portuale di Aden. Il 26 marzo, la coalizione saudita, composta da Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Marocco e Sudan, ha iniziato una campagna di bombardamenti aerei contro Houthi e le forze alleate. In tutto, almeno 3.200 civili sono stati uccisi e 5.700 sarebbero i feriti, da quando le operazioni militari della coalizione sono cominciate. Il 60 per cento delle vittime ci sono state durante i numerosi attacchi aerei della coalizione, stando a quanto dice l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Il blocco navale della coalizione imposto sullo Yemen ha contribuito ad una crisi umanitaria senza precedenti, che ha lasciato l’80 per cento della popolazione impoverita e bisogna di assistenza e protezione umanitaria.
Lo scorso 25 febbraio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invita l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini “per lanciare un’iniziativa capace di imporre un embargo sulle armi dell’UE contro l’Arabia Saudita”. Il 17 febbraio, il parlamento olandese ha votato a favore dell’embargo del divieto di tutte le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita.
Gli Stati Uniti – si legge nei documenti diffusi – sono parti del conflitto armato in Yemen. Il tenente generale Charles Brown, comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti Air Force, ha detto che l’esercito USA ha schierato personale dedicato alla progettazione e alle operazioni congiunte delle cellule saudite per il “coordinamento delle attività”. In particolare le forze armate statunitensi partecipano ad operazioni militari specifiche, quali la fornitura di consigli sulla scelta degli obiettivi e sul rifornimento in volo, durante i bombardamenti. Dunque – si afferma ancora nella nota diffusa – in quanto parte del conflitto, gli Stati Uniti sono in sé obbligati ad indagare sui presunti attacchi illeciti cui ha preso parte. Il governo britannico invece ha fatto sapere che, sebbene sia stato inviato personale militare, non esiste coinvolgimento nel dirigere o condurre operazioni nello Yemen. Il primo ministro David Cameron ha dichiarato che il personale del Regno Unito sono schierati a “fornire consigli, aiuto e formazione” per i militari sauditi sulle leggi di guerra.
Le armi vendute dagli Stati Uniti in Arabia Saudita. Nel luglio 2015, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha approvato una serie di vendite di armi in Arabia Saudita, tra cui un contratto di 5.4 miliardi di dollari per 600 missili Patriot e un accordo di 500 milioni di dollari per più di un milione di munizioni di vario genere, bombe a mano ed altri oggetti bellici, per l’esercito saudita. Secondo la revisione del Congresso americano, tra maggio e settembre, gli Stati Uniti ha venduto $ 7.8 miliardi di dollari di armi ai sauditi. Nell’ottobre scorso, il governo degli Stati Uniti ha approvato la vendita all’Arabia Saudita di un massimo di quattro navi da combattimento Lockheed Littoral a 11.25 miliardi di dollari. A novembre, è statto firmato un accordo di fornitura di armi con l’Arabia Saudita del valore di 1.29 miliardi di dollari per più di 10.000 munizioni aria-superficie, tra cui bombe a guida laser, “bunker” bombe, e MK84, una bomba a frammentazione.
Secondo la Campagna contro il commercio di armi con sede a Londra, il governo britannico ha approvato 2,8 miliardi di sterline nelle vendite militari in Arabia Saudita, tra il gennaio e il settembre 2015. Le armi includono 500 libbre di bombe Paveway IV. Il Regno Unito sta negoziando un accordo un altro miliardo di armi con gli Emirati Arabi Uniti.
A giugno 2015, secondo un rapporto del governo spagnolo, sono state autorizzate otto licenze per le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita del valore di 28,9 milioni di dollari, nel primo semestre dell’anno. Nel mese di febbraio 2016, i media spagnoli hanno riferito che la società di costruzione navale di proprietà del governo, Navantia, era sul punto di firmare un contratto del valore di 3.3 miliardi di dollari con l’Arabia Saudita, per la costruzione di cinque Avante 2200, tipo fregata, per la marina saudita.
Tanti, troppi, paesi uniti dai guadagni e colpevoli di un dramma che appare senza fine.




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