Siria, Aleppo ed il terzo conflitto mondiale

335

Siria, Aleppo ed il terzo conflitto mondiale
Aleppo rischia la “distruzione totale”. Riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza Onu
Proprio per questo motivo si è riunito il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York per discutere del conflitto siriano. Un incontro caldeggiato dal Cremlino, dopo le notizie allarmanti lanciate dall’inviato speciale Onu per la Siria. Secondo Staffan de Mistura, infatti, il settore est di Aleppo rischia la “distruzione totale” nei prossimi mesi se continuerà la campagna aerea congiunta di Mosca e Damasco. Sarà lo stesso de Mistura, collegato in videoconferenza da Ginevra (Svizzera) a illustrare la situazione sul terreno. Purtroppo però al di là delle parole spese la situazione resta drammatica e le divisioni appaiono ostacoli insormontabili per la pace.
Aleppo, ex capitale economica e commerciale è attualmente divisa in due settori: quello orientale in mano ai ribelli e ai jihadisti, in cui vivono 275mila persone; e la zona occidentale, con oltre un milione di abitanti, controllata dal governo di Damasco.
A destare particolare apprensione il settore est, nelle ultime settimane oggetto di una massiccia campagna di bombardamenti aerei sferrata dall’aviazione russa e dai caccia siriani, mentre sul terreno l’esercito di Damasco avanza nei quartieri ribelli. Secondo de Mistura entro due mesi l’area potrebbe subire una “distruzione totale” e migliaia di persone – soprattutto civili – resteranno uccise.
Per scongiurare tale catastrofe de Mistura ha lanciato un appello ai vertici di Siria e Russia, perché con l’obiettivo di eliminare le milizie ribelli e i gruppi jihadisti non finiscano per “devastare la città”. Da qui la decisione di Mosca di richiedere la convocazione d’urgenza del Consiglio di sicurezza Onu.
“Migliaia di civili siriani, non di terroristi – ha aggiunto l’alto diplomatico delle Nazioni Unite – resteranno uccisi e molti altri feriti”. Questo è quanto “il mondo vedrà, mentre ci appresteremo a celebrare le festività di Natale, o la fine anno, se [le violenze] continueranno con questa portata”.
Lo sforzo della diplomazia Onu e internazionale – finora senza grossi risultati se si eccettuano brevi periodi di tregua – mira ad arginare un conflitto quinquennale che ha causato, secondo le stime aggiornate, oltre 300mila morti (di cui 87mila civili) e milioni di profughi. Nella sola Aleppo nelle ultime due settimane sono morte 376 persone e altre 1266 sono rimaste ferite.
L’emergenza siriana ha anche originato una catastrofe umanitaria senza precedenti, che ha coinvolto le nazioni della regione fino a toccare le coste del Mediterraneo.
In risposta alle parole dell’inviato speciale Onu, Russia e Siria precisano che il loro sforzo militare è teso a sradicare da Aleppo la presenza dei miliziani di Jabhat Fateh al-Sham, conosciuti in passato come Fronte di al Nusra, emanazione locale di al Qaeda. Ma secondo quanto riferisce de Mistura su 8mila combattenti presenti nella metropoli del nord, solo 900 farebbero parte di al Nusra.
Il diplomatico si è anche offerto di “accompagnarli fisicamente” e “di persona” fuori dalla città, se questo può servire ad alleviare il dramma della popolazione. Rivolgendosi direttamente ai miliziani, egli ha affermato: “Se decidete di andarvene in modo dignitoso… Sono pronto ad accompagnarvi fisicamente di persona”, per mettere fine ai bombardamenti e consentire l’ingresso di aiuti umanitari da consegnare a una popolazione allo stremo.
Da ultimo, de Mistura ha rivolto un monito personale a Siria e Russia. Sarà la storia a giudicarvi, ha concluso, nel caso in cui continuerete ad usare la presenza dei jihadisti ad Aleppo “come alibi per distruggere un’intera città”. Ma ancora una volta dobbiamo segnalare che in Siria ci sono interessi economici che prevalgono su tutto ed i media occidentali continuano a raccontarci storie molto di parte con l’intento di far passare Putin ed Assad come due folli ma non è così: le colpe in Siria le hanno tutti e vanno divise. Tutto da dimostrare poi il perché una coalizione debba intervenire per ‘cacciare’ Assad e creare una nuova Libia, un nuovo Iraq…. Un nuovo mondo di violenza!
Ricordiamoci che dal 2011, la guerra civile siriana ha avuto una dimensione internazionale. In primo luogo perché diversi Paesi – Qatar, Arabia Saudita, Turchia e Stati Uniti – si sono fatti promotori (e in alcuni casi anche agitatori) della rivolta contro Bashar Al Assad. In secondo luogo perché ciò che è successo in Siria ha sempre avuto riflessi in campo internazionale. La crisi dei migranti ne è l’esempio concreto. Quando, ad agosto 2013, i media rilanciarono la notizia che il presidente siriano aveva gasato i civili a Ghouta (notizia poi rivelatasi falsa, come ha dimostrato un’inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh), l’Occidente condannò l’accaduto, senza rendersi conto di esser caduto in un “trappolone” orchestrato dai ribelli. Anzi:gli Stati Uniti stavano già scaldando i motori dei loro caccia per intervenire militarmente contro la Siria.
Se guardiamo gli schieramenti sul campo, troviamo diverse potenze internazionali schierate chi con una fazione e chi con l’altra. I ribelli (più o meno moderati) sono sostenuti da Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Dall’altra parte c’è invece Bashar Al Assad sostenuto in maniera diretta da Hezbollah libanesi, Iran, Russia e Iraq e in maniera indiretta da Cina, Corea del Nord, Venezuela, Bielorussia, Algeria ed Egitto.
Una guerra mondiale in piena regola, come l’ha definita anche l’arcivescovo di Aleppo, monsignor Joseph Tobij: “In Siria non ci sono né una rivoluzione né una guerra civile. C’è la terza guerra mondiale per procura. Noi siamo un giocattolo nelle mani delle grandi potenze”.
Questa guerra mondiale è scoppiata nel 2011, quando Qatar, Arabia Saudita e Stati Uniti decisero abbattere il governo di Assad. Un’operazione che sarebbe dovuta durare pochi mesi ma che si è trascinata per oltre cinque anni e che è stata interrotta dall’intervento russo del settembre 2015.
La Russia ha infatti interessi geopolitici nel Paese, primo fra tutti il porto di Tartus, l’unico porto di Mosca nel Mediterraneo. Ma non solo: con l’intervento in Siria Putin ha dimostrato che la Russia è tornata ad essere una superpotenza della quale gli Stati Uniti devono tenere conto.
L’intervento di Hezbollah in Siria è servito invece a stroncare l’avanzata dell’estremismo sunnita e a rafforzare la presenza del Partito di Dio nella regione. Soprattutto, come ha detto il leader del movimento Hassan Nasrallah, Hezbollah ha deciso di intervenire perché “gli Usa volevano frammentare il Libano e la Siria. In Siria spingendo il Paese nel caos e in scontri interni come in Iraq. In Libano creando uno Stato sunnita, uno alawita, uno cristiano e uno druso”. Lasciando così gli sciiti senza uno Stato.
Interessi simili a quelli dell’Iran, alleato storico della Siria. Certamente i pasdaran sono intervenuti per sostenere il governo di Bashar Al Assad, ma anche per arginare l’avanzata sunnita nell’area
La presenza di questi attori internazionali rende ancora più complessa una possibile soluzione del conflitto siriano. I russi hanno provato in più occasioni a collaborare con gli Stati Uniti, ma senza risultato. Tutto, in Occidente, sembra ruotare attorno alla cacciata di Assad. Ma perché ostinarsi a compiere un altro sbaglio? La storia è piena di questi errori-orrori riproposti! Chi vi scrive ricorda sempre l’esempio tedesco: ricordate? Hitler voleva conquistare la Russia ma commise lo stesso errore che aveva compiuto un grande stratega francese anni prima: come Napoleone sottovalutò le forze e le strategie nemiche e soprattutto il “generale inverno”.
Non sottovalutiamo il volere dei siriani e non sottovalutiamo un pericolo incombente di cui in pochi si rendono conto: il terzo conflitto mondiale.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *