Pallacanestro – Cinque domande a Anthony Raffa
tu per tu con Anthony Raffa, il nuovo play Usa, con passaporto italiano, della Virtus Roma. Nato a Strathmere, nel New Jersey, il 2 settembre 1989, Raffa a soli 27 anni può già vantare una carriera piena di esperienze significative che lo hanno arricchito culturalmente. Dopo un primo anno da professionista in Francia, infatti, si è spostato a giocare prima in Iran e poi in Qatar. Ha scelto infine Roma per il suo rilancio in Europa.
Anthony questo è il quarto anno che giochi al di qua dell’oceano, è una situazione alla quale ti sei adattato senza problemi o un po’ ti manca il contatto con gli Stati Uniti?
«No, fa parte del mio lavoro, non è un problema stare lontano da casa. Mi piace molto girare, conoscere nuovi paesi, lavorare con diversi coach. Sono stato in Iran, Qatar, Francia, ora in Italia, ho potuto vedere tante culture, le differenze negli stili di vita, provare tanti cibi ed è una cosa molto bella. Non sono tante le persone che alla mia età hanno avuto la fortuna di vivere tutte queste esperienze».
Cosa ti ha spinto in Iran e in Qatar? Semplici scelte professionali o ti incuriosiva vivere questi posti?
«In questi paesi c’erano delle squadre che mi volevano e così ho deciso di provare perché in America ci danno una visione molto negativa di quei posti, i media manipolano le notizie per il loro tornaconto e volevo vedere in prima persona come fossero quelle realtà. E devo dire di essermi trovato benissimo, splendidi paesi, non ho mai avuto un problema, ho avuto anche una grande stagione e non c’è mai stato un momento nel quale mi sono pentito di questa scelta. Molte persone a casa mi dicevano “ma perché vai lì?”, ma è un’esperienza, è solo basket, non ha nulla a che vedere con i governi e la politica. Non è assolutamente vero che è un mondo a parte completamente diverso dal nostro, e ho incontrato tante splendide persone. Sono state due stagioni molto belle. Hanno magari delle usanze, delle leggi, più rigide rispetto agli Usa, ma in quanto ospite era mio dovere impararle e rispettarle, ma nessuno mi ha mai creato dei problemi».
Come sta andando il tuo approccio con Roma e l’Italia?
«Roma è bellissima, è la Capitale. Non ho ancora avuto modo di visitarla come vorrei, ma ho in programma di vedere il centro, Città del Vaticano e tutte le principali attrazioni culturali. Sono un ragazzo al quale piace molto girare le città, conoscere, vedere cose nuove, fare visite turistiche».
Per il basket, come ti sembra il livello che stai affrontando finora in Italia?
«È tosto. Quando senti parlare del basket europeo viene sempre nominato il campionato italiano come uno di quelli più duri. Già da queste gare di preseason mi sono accorto di come il livello sia alto, soprattutto difensivamente si gioca un basket molto impegnativo dal punto di vista fisico, devi essere sempre pronto, reattivo. Ma il mio gioco è fatto di queste cose, per cui mi sto sentendo piuttosto a mio agio».
C’è stato qualche campione del passato in particolare che hai ammirato o al quale ti sei ispirato per migliorare il tuo gioco?
«No, non tanto. Sono stato probabilmente influenzato più dai miei allenatori, perché crescendo mi hanno sempre spinto a essere il miglior giocatore possibile e devo molto a tutti loro. Lamarr Greer, che ha giocato anche in Italia, durante le pause estive dalla scuola mi aiutava tantissimo a migliorare il mio gioco, ma tutti i miei allenatori mi hanno dato tanto. Ovviamente conta anche la mia volontà, ho un trainer, Steve Cook, che l’estate mi aiuta dal punto di vista fisico e della condizione atletica, perché devo migliorarmi costantemente».
Fonte: Virtus Roma