Carlo Azeglio Ciampi uomo delle istituzioni

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Carlo Azeglio Ciampi uomo delle istituzioni

Carlo Azeglio Ciampi “ricoprì le pubbliche responsabilità con signorile discrezione e forte senso dello Stato”. Queste le parole di Papa Francesco utilizzate per omaggiare la dipartita del senatore a vita ed ex presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi. “Nel ricordare la sincera amicizia che legava questo illustre uomo delle istituzioni a San Giovanni Paolo secondo, elevo fervide preghiere di suffragio invocando dal Signore per la sua anima la pace eterna. Con tali sentimenti invio a lei e ai congiunti la benedizione apostolica”, ha concluso il Pontefice.
Queste le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi: “L’abbraccio del Governo alla signora Franca. E un pensiero grato all’uomo delle Istituzioni che ha servito con passione l’Italia
Si è dunque spento a Roma Carlo Azeglio Ciampi. Aveva 95 anni. Nato a Livorno nel 1920, è stato presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, per 14 anni, governatore della Banca d’Italia e presidente del Consiglio nel 1993. Ciampi era ricoverato da alcuni giorni nella Clinica Pio XI, dopo un peggioramento delle sue condizioni di salute.
Duro invece il commento di Matteo Salvini: “Un traditore come Napolitano”. “Politicamente parlando Ciampi è uno dei traditori dell’Italia e degli italiani, come Napolitano, Prodi e Monti”, ha spiegato il leader leghista a SkyTg24. “Si porta sulla coscienza il disastro sulle spalle di 50 milioni di italiani. Rispetto per la morte ma politicamente, come per Napolitano, lo considero uno da processare come traditore.
Per l’ex premier Enrico Letta “Ciampi è stato uno dei padri del Paese. Se l’Italia è (ancora) un grande Paese la riconoscenza che dobbiamo a Ciampi è enorme”.
“Cordoglio, a nome mio e del gruppo Fi alla Camera, per scomparsa del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Economista, politico, servitore dello Stato”, scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
Anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha ricordato Ciampi come “un esempio di coerenza, competenza e dignità. Un grande statista italiano”. Esprime il suo cordoglio anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Sono profondamente rattristato dalla scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi. L’Italia perde una personalità di grande statura morale e intellettuale, che ha messo la sua vita al servizio del Paese, con un altissimo senso delle istituzioni e una forte passione civile”.
“Con grande intensità – si legge invece in un comunicato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – esprimo i sentimenti di vicinanza, di solidarietà e di gratitudine ai suoi familiari, sapendo di interpretare così l’animo degli italiani, che hanno apprezzato e amato il loro Presidente della Repubblica, con il suo stile istituzionale, con la sua fedeltà alla democrazia e alla Costituzione, sempre attento alle parti più svantaggiate della società, sempre appassionato in quel lavoro di rafforzamento dei fili che legano il nostro popolo.
L’ex presidente della Repubblica fu eletto il 13 maggio 1999. Record assoluto di velocita’: solo 2 ore e 40 minuti per far partire il settennato dell’ex Governatore della Banca d’Italia. Un solo scrutinio (prese 707 voti su 990 votanti). Sulla sua candidatura accordo trasversale tra Veltroni, Fini e Berlusconi.
Figlio di Pietro Ciampi e di Maria Masino, quest’ultima nata a Pisa da famiglia di Cuneo, frequentò l’Istituto San Francesco Saverio, retto dai Gesuiti, dalla terza elementare al liceo. Saltò la quinta elementare e la terza liceo per gli ottimi voti conseguiti nelle classi precedenti.
Dopo la maturità, concorse alla Scuola normale superiore di Pisa per un posto nel corso di laurea in lettere: nella prova scritta di italiano del concorso trattò di Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro e nella prova orale fu esaminato da Giovanni Gentile; superò il concorso classificandosi undicesimo insieme con Scevola Mariotti.
Doveva vivere l’esistenza tranquilla e normale di un insegnante di lettere al liceo della sua città, Livorno, e invece, anche su sollecitazione della moglie, Franca Pilla, una reggiana energica, sua coetanea piena, conosciuta alla Normale quando avevano 18 anni, prese una seconda laurea in Giurisprudenza (con una tesi significativa sulla tutela delle minoranze religiose nella Costituzione italiana) e decise di puntare alla Banca d’Italia.
L’uomo di lettere sarebbe diventato uomo di numeri.
Qui c’entra la tempra del livornese, cresciuto in una città speciale, martoriata dalle bombe e però orgogliosa del suo porto, del suo carattere forte, differente dalle altre città toscane. “Io sono nato in una città di mare e so che, quando soffia il libeccio, va avanti per tre giorni. Poi ce ne vogliono altri tre perché il mare si plachi”. Una massima di vita.
Una scelta risoluta, del resto, il ventitreenne tenente Ciampi l’aveva compiuta l’8 settembre del ’43, rifiutando di aderire alla RSI e rifugiandosi a Scanno, in Abruzzo, confino politico del suo maestro, Guido Calogero, del quale avrebbe portato a Bari, all’editore Laterza, attraversando le linee, il saggio sul liberalismo. Si sarebbe così unito all’esercito del Sud. Tornato a Livorno aveva fondato una sezione del Partito d’Azione, capendo presto che la politica, almeno allora, non era per lui.
Sposatosi nel 1946 con la compagna degli anni pisani, cominciò in Banca d’Italia la lunga trafila, da impiegato, in giro per le filiali provinciali. Poi, nel 1970, la guida dell’ufficio studi e tre anni dopo la direzione generale. Nel 1979 la grande svolta, dopo le amare dimissioni di un grande governatore, Paolo Baffi: la vetta di Bankitalia, a 59 anni. In tempi economicamente e politicamente terribili, fra terrorismo, crisi finanziarie, inflazione galoppante, schock petroliferi e speculazioni monetarie connesse. Nel 1981 Ciampi sollecitò l’entrata dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo, embrione del futuro Trattato di Maastricht e dello stesso euro, primo riparo dall’inflazione e dalle svalutazioni ricorrenti. Per raffreddare il caro-vita ci volle però la decisione del governo Craxi di tagliare 3 punti di contingenza affrontando nell’85 l’infuocato referendum abrogativo voluto dal Pci di Natta molto più che dalla Cgil di Lama. Con una sconfitta clamorosa. Nello stesso anno il governatore Ciampi presentò le dimissioni dopo che la lira aveva subito un duro contraccolpo dalla speculazione sbagliata della direzione finanziaria dell’ENI, col dollaro schizzato da 1.870 a 2.200 lire, in poche ore. Craxi però le respinse concordando un’azione più decisa per abbattere il caro-vita. “Se farà le cose che dice”, gli pronosticò Ciampi, “l’inflazione scenderà ancora”. Difatti calò dal 9,2 al 5,8% in un anno.
Tuttavia le tempeste per il governatore della Banca d’Italia – la quale era stata opportunamente separata dal Tesoro – erano tutt’altro che finite. Durante queste ricorrenti, inarrestabili burrasche, Ciampi si rafforzò nell’idea di una intesa europea complessiva. A metà ‘92 il tasso di sconto dovette essere aumentato sino al 15 % e, a settembre, la lira nuovamente svalutata del 7 %. Col mercato dei cambi chiuso venne varata – presidente del Consiglio, Giuliano Amato, alla guida di un governo Dc, Psi, Psdi e Pli – una delle maxi-manovre della storia, circa 100mila miliardi di lire: aumento dell’età pensionabile e dell’anzianità contributiva, blocco dei pensionamenti, patrimoniale sulle imprese, prelievo forzoso sui conti correnti, minimum tax, ticket, privatizzazioni, blocco degli stipendi pubblici, ecc.
Ma il 1993 doveva segnare una svolta epocale nella carriera e nella vita di Carlo Azeglio Ciampi ormai da più di tredici anni in Via Nazionale. Nell’infuriare di Tangentopoli il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro volle a Palazzo Chigi un uomo al di sopra dei partiti, di sicura fede democratica e scelse lui per quell’incarico da far tremare. Da presidente del Consiglio prima e da ministro del Tesoro poi nei governi Prodi e D’Alema, creò con ostinata volontà le condizioni per l’ingresso dell’Italia, poco considerata all’estero, nella moneta unica europea. Successo storico conseguito nel 1999.
Quando i coniugi Ciampi pensavano ad una tranquilla pensione, fra Roma, Santa Severa, la montagna, la chiamata bipartisan, nel marzo del ’99, alla presidenza della Repubblica, alla prima votazione, contrarie Lega e Rifondazione.
Presidente della Repubblica e senatore a vita ma la carriera politica ed economica di Ciampi è stata lunga e piena d’insidie.
Dall’aprile 1993 al maggio 1994 fu il presidente del Consiglio di un governo tecnico di transizione, il primo presidente del Consiglio non parlamentare della storia della Repubblica. Non sono mancate anche in tal senso polemiche, che, sebbene minoritarie, vedono una carenza di rappresentatività popolare negli organi costituzionali, non avendo egli mai ricoperto cariche elettive. Nel giugno 1994 fu chiamato a ricoprire la carica di vicepresidente della Banca dei Regolamenti Internazionali, ruolo che detenne fino al maggio 1996.
In seguito fu ministro del tesoro (dall’aprile 1996 al maggio 1999) nei governi Prodi I e D’Alema I. In questo periodo, la sua opera fu caratterizzata dalla riduzione del debito pubblico italiano in vista degli obblighi imposti dal trattato di Maastricht, per garantire l’accesso dell’Italia alla moneta unica europea. Avviò il processo di privatizzazione delle Poste italiane. È autore di alcuni libri, tra i quali si ricordano: Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993, finito di stampare nel 1994; Sfida alla disoccupazione: promuovere la competitività europea e Un metodo per governare, entrambi del 1996.
Quindi la presidenza della Repubblica: la sua candidatura venne avanzata da un vasto schieramento parlamentare e in particolare dall’allora Presidente del Consiglio D’Alema che ottenne, durante le trattative, il benestare dell’opposizione di centro-destra, anche se Ciampi, che non era iscritto ad alcun partito, era molto vicino all’Ulivo. Considerato come figura fondamentale per l’adozione dell’euro e come uno dei ministri più popolari del governo godette anche dell’appoggio del mondo economico e finanziario oltre che della stima dei dirigenti dell’Unione europea.
Il 13 maggio 1999 venne eletto alla prima votazione, con una larga maggioranza (707 voti su 1010), decimo presidente della Repubblica. In questa veste, egli cercò di trasmettere agli italiani quel patriottico sentimento nazionale che deriva dalle imprese del Risorgimento e della Resistenza e che si manifesta nell’Inno di Mameli e nella bandiera tricolore.
Ciampi fu un Presidente che, come avvenuto con Sandro Pertini, ebbe sempre un alto indice di gradimento popolare nei sondaggi fatti dai vari Istituti italiani, con una media oscillante tra il 70 e l’80% (il minimo si registrò con il 67% nel nord-est del Paese), rimanendo sempre, perciò, una delle figure nelle quali gli italiani riponevano la loro fiducia e che rafforzava, con la sua figura istituzionale, lo stesso ruolo del Presidente della Repubblica.
Come Pertini, anche Ciampi assistette a una finale calcistica dell’Italia; infatti il 2 luglio 2000 come Capo dello Stato era presente allo Stadio De Kuip di Rotterdam nella finale di Euro 2000 persa dagli azzurri ai supplementari per 2-1 contro la Francia. Ricevette, nel 2005, il premio Carlo Magno dalla città tedesca di Aquisgrana per il suo impegno volto a garantire l’idea di Europa unita e pacifica; sempre nel 2005, ricevette honoris causa il David di Donatello per la sua volontà di rilanciare il cinema italiano.
In un intervento al Parlamento europeo fu vivacemente contestato da alcuni europarlamentari della Lega Nord, tra cui Mario Borghezio, scontenti per l’ingresso dell’Italia nella Moneta comune europea, l’Euro, citato nel discorso del Presidente della repubblica. Durante il settennato Ciampi e sua moglie hanno posto la loro residenza presso il palazzo del Quirinale.
Sempre nel 2002, Ciampi telefonò a Giulio Andreotti per esprimergli sostegno e solidarietà rispetto alle accuse di mafia e dell’omicidio di Mino Pecorelli rivoltegli dai magistrati di Palermo e
La consorte del Presidente, come raramente era accaduto in passato, fu spesso presente agli incontri che il marito ebbe in Italia e all’estero; “donna Franca”, come è stata chiamata, fece alcune dichiarazioni “fuori dal protocollo”: fecero discutere le sue esternazioni riguardo alla “TV deficiente”, alla bontà e all’affetto dei napoletani (“La gente del sud è più buona e intelligente”). Da più parti a Ciampi fu chiesto di rimanere Capo dello Stato per un secondo mandato ma, per addotte ragioni anagrafiche e di opportunità istituzionale, decise di escludere l’ipotesi di un Ciampi bis al Quirinale.
Il 10 febbraio 2006 aprì, come da protocollo, i Giochi olimpici invernali di Torino 2006. Il 3 maggio dello stesso anno, con una nota ufficiale dal Quirinale, Ciampi confermò la sua indisponibilità a un settennato-bis: i motivi che lo spinsero a quella decisione furono l’età avanzata e la convinzione che “il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”.
Ciampi si dimise da Presidente della Repubblica il 15 maggio 2006, stesso giorno in cui il suo successore (nominato da Ciampi senatore a vita pochi mesi prima) Giorgio Napolitano prestò giuramento. Il suo primo atto da senatore a vita fu quello di votare la fiducia al secondo governo Prodi, esprimendosi favorevolmente riguardo al nuovo esecutivo. Ciò provocò l’accesa reazione, manifestata durante la votazione con fischi e grida, di numerosi esponenti della Casa delle Libertà.
Un mese dopo le sue dimissioni Ciampi annunciò che avrebbe votato no al referendum confermativo sulle riforme istituzionali, motivando questa scelta in coerenza con il suo costante impegno a difesa della Costituzione: tale posizione fu criticata dal centro destra e apprezzata dal centro sinistra dalla componente dei costituzionalisti che a esso si ispira. Dal 2007, pur non avendo mai accettato di aderirvi ufficialmente, è considerato vicino al Partito Democratico che lo ha nominato componente di diritto del Coordinamento Nazionale, come membro onorario.
Designato presidente del comitato organizzativo delle manifestazioni per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia nel 2011, fu costretto a dimettersi dall’incarico nell’aprile 2010 per un peggioramento delle sue condizioni fisiche dovuto all’età e per la scarsa collaborazione ottenuta dalle forze politiche. A succedergli nell’incarico fu Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio. Il 31 dicembre 2012, nonostante le precarie condizioni di salute, rese omaggio alla camera ardente di Rita Levi Montalcini, da lui nominata senatrice a vita.
Dal 24 giugno 2013, data del decesso di Emilio Colombo, è stato il più anziano senatore in carica.
Il 22 agosto 2013 fu reso noto che il presidente emerito Ciampi era stato ricoverato in una clinica privata di Bolzano per essere sottoposto a un intervento di artroprotesi all’anca il cui esito fu positivo. L’11 luglio 2014, mentre si trovava in vacanza a Siusi, fu vittima di un’embolia polmonare, con conseguente ricovero d’urgenza in ospedale a Bolzano.Venne dimesso dall’ospedale e fece rientro a Roma il 18 agosto 2014, a seguito del miglioramento delle sue condizioni di salute.
Un presidente della Repubblica ed esperto di economia certamente di valore (qualunque siano gli ideali politici di ciascuno di noi) anche se le polemiche riguardanti alcune sue prese di posizione contro il centro-destra non sono mai mancate e, le parole di Salvini di queste ore ne sono l’esempio.
Così l’Italia saluta Carlo Azeglio, “uomo delle istituzioni che ha servito con passione l’Italia”.

Raffaele Dicembrino




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