15 Agosto: festa dell’Assunzione di Maria

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15 Agosto: festa dell’Assunzione di Maria eccovene storia e curiosità!

La definizione del dogma è avvenuta nel 1950 per opera di Pio XII. Ignoriamo se, come e quando avvenne la morte di Maria, festeggiata assai presto come «dormitio». E’ una solennità che, corrispondendo al natalis (morte) degli altri santi, è considerata la festa principale della Vergine. Il 15 agosto ricorda con probabilità la dedicazione di una grande chiesa a Maria in Gerusalemme.
La Chiesa celebra oggi in Maria il compimento dei Mistero pasquale. Essendo Maria la «piena di grazia», senza nessuna ombra di peccato, il Padre l’ha voluta associare alla risurrezione di Gesù.

Le letture della messa presentano in modo molto concreto i valori dell’assunzione di Maria, il posto che ha nel piano della salvezza, il suo messaggio all’umanità.
Maria è la vera «arca dell’alleanza», è la «donna vestita di sole» immagine della Chiesa (prima lettura). Come l’arca costruita da Mosè stava nel tempio perché era «segno e strumento» dell’alleanza di Dio col suo popolo, così Maria è in cielo nella sua integrità umana, perché «segno e strumento» della nuova alleanza. L’arca conteneva la Legge e da essa Dio rispondeva alle richieste del popolo. Maria ci offre Gesù, il proclamatore della legge dell’amore, il realizzatore della nuova alleanza di salvezza: in lui il Padre ci parla e ci ascolta. Maria è figura e primizia della Chiesa, madre del Cristo e degli uomini che essa ha generato a Dio nel dolore sotto la croce dei Figlio; pertanto è preannuncio della salvezza totale che si realizzerà nel regno di Dio.
Ciò avverrà ad opera di Cristo risorto (seconda lettura), modello e realizzatore della risurrezione finale, comunicata prima che ad altri a Maria, per la sua divina maternità. L’Immacolata ha preannunciato il fine della redenzione, che è di condurre gli uomini ad una integrale innocenza; l’Assunta è preannuncio del traguardo finale della redenzione: la glorificazione dell’umanità in Cristo. Maria richiama oggi i cristiani a sentirsi inseriti nella storia della salvezza e destinati ad essere conformati a Cristo, per opera dello Spirito, nella casa del Padre. Per questo, il Concilio dice che l’Assunta è data agli uomini come «segno di sicura speranza e di consolazione» (LG 68 e prefazio).

«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente»
Nel «Magnificat» (vangelo) Maria ci comunica il suo messaggio. Essa proclama che Dio ha compiuto un triplice rovesciamento di false situazioni umane, per restaurare l’umanità nella salvezza. Nel campo religioso Dio travolge le autosufficienze umane: confonde i piani di quelli che nutrono pensieri di superbia, si drizzano contro Dio e opprimono gli altri.
Nel campo politico Dio capovolge gli ingiustificabili dislivelli umani: abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili; non vuole coloro che spadroneggiano i popoli ma coloro che li servono per promuovere il bene delle persone e della società senza discriminazioni razziali o culturali o politiche.
Nei campo sociale Dio sconvolge l’intoccabile classismo stabilito sull’oro e sui mezzi di potere: colma di beni i bisognosi e rimanda a mani vuote i ricchi, per instaurare una vera fraternità nella società e fra i popoli, perché tutti sono figli di Dio.
Così le feste dell’immacolata e dell’Assunta ci richiamano da un capo all’altro tutta la storia della salvezza: quella che si compie oggi per noi, e per la quale preghiamo Maria nostra madre di condurci sino al compimento finale.

Maria, «primizia e immagine della Chiesa»
Maria, nell’Assunzione, è la creatura che ha raggiunto la pienezza della salvezza, fino alla trasfigurazione dei corpo. E’ la donna vestita di sole e coronata di dodici stelle. E’ la madre che ci aspetta e ci sollecita a camminare verso il regno di Dio. La Madre del Signore è l’immagine della Chiesa: luminosa garanzia che il suo destino di salvezza è assicurato perché come in lei, così in tutti noi lo Spirito del Risorto attuerà pienamente la sua missione; ella è già quello che noi saremo.
A molti dà fastidio sentir parlare di «salvezza delle anime». Sembra che la vita con i colori, i sapori, i contorni che la rendono attraente debba sparire: sembra che il corpo non serva a nulla. Hanno ragione perché non è così. Maria, assunta in cielo, è garanzia che tutto l’uomo sarà salvato, che i corpi risorgeranno. Nell’Eucaristia, pane di immortalità, si ritrovano gli alimenti base dell’uomo, frutti della terra, della vite e dei lavoro dell’uomo: è proprio l’Eucaristia la garanzia quotidiana che la salvezza raggiunge ogni uomo nella sua situazione concreta, per strapparlo alla morte, la nemica più terribile dei progresso.

Santo e glorioso è il corpo della Vergine Maria

Dalla Costituzione Apostolica «Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa
(AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)
I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell’Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù.
San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l’Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divin. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio».
San Germano di Costantinopoli pensava che l’incorruzione e l’assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto empio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta».
Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell’immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l’aveva generato, uguale a se stesso nell’incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota».
Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione.
Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine Maria venne presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l’Apostolo delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni dell’Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14).
In tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.

Papa Benedetto XVI: E’ un mistero grande quello che oggi celebriamo, è soprattutto un mistero di speranza e di gioia per tutti noi: in Maria vediamo la meta verso cui camminano tutti coloro che sanno legare la propria vita a quella di Gesù, che lo sanno seguire come ha fatto Maria. Questa festa parla allora del nostro futuro, ci dice che anche noi saremo accanto a Gesù nella gioia di Dio e ci invita ad avere coraggio, a credere che la potenza della Risurrezione di Cristo può operare anche in noi e renderci uomini e donne che ogni giorno cercano di vivere da risorti, portando nell’oscurità del male che c’è nel mondo, la luce del bene.
(Angelus, 15 agosto 2011)

OMELIA DI PAOLO VI

Solennità dell’Assunta
Lunedì, 15 agosto 1966

NELLA MADRE DI CRISTO E MADRE DELLA CHIESA IL RIFLESSO AUTENTICO DELLA PERFEZIONE DI DIO

Al principio dell’omelia, il Santo Padre rivolge un amabile saluto al Vescovo Suburbicario presente al sacro Rito, il Signor Cardinale Pizzarda, che spesso ha la gioia di incontrare in questo territorio della diocesi di Albano, della quale il Papa si sente partecipe nel periodo della sua residenza in Castel Gandolfo. Il saluto è accompagnato da lieta constatazione: il rilevare come il Porporato svolge la propria missione, sempre zelante, vigilante e – ne sia lodato e ringraziato il Signore – tanto fiorente di salute e vegeta freschezza. Iddio benedica e ognor più avvalori un così santo ministero.

Sua Santità tiene, quindi, a rilevare due speciali motivi di gaudio, derivanti dalla ben riuscita religiosa adunanza. Il primo è di poter onorare, con una ghirlanda di anime, Maria Santissima nella sua grande festa di gloria e porgere fervidissimo omaggio alla Madre di Cristo e Madre nostra.

Le grandi celebrazioni che riguardano il Signore e la celeste Regina hanno l’inestimabile dono di dischiudere alle nostre anime tesori di luce, di verità, anzi di realtà, che, proprio con la guida di Maria, ci fanno meglio comprendere i grandi disegni della Redenzione.

Il secondo motivo di gioia è, per il Papa, quello di dare il paterno saluto, oltreché al Cardinale Vescovo come ha fatto poc’anzi, al Vescovo suffraganeo, a tutto il Clero, incominciando dal Parroco, che intende incoraggiare e benedire nel suo impegno pastorale; all’intera dilettissima Parrocchia con tutte le comunità religiose che qui hanno residenza e svolgono santo apostolato.

Il Santo Padre saluta altresì tutti i cittadini: da quelli delle Ville Pontificie con il Signor Direttore, ai religiosi della Specola Vaticana, al Signor Sindaco e a tutta la comunità municipale. Un particolare ricordo ai fratelli sofferenti di cui al sacro Rito è intervenuta una notevole rappresentanza.

Nel cordiale adunarsi e ritrovarsi presso la SS.ma Vergine Assunta in Cielo è la premessa per nuove grazie ed assistenze da parte della sua materna benignità.

UNA GLORIA INCOMMENSURABILE

Dopo questa premessa il Santo Padre espone agli ascoltatori un pensiero sopra la festa della Madonna ricorrente il 15 di agosto. Noi – dice il Papa – non abbiamo neanche la capacità di immaginare ciò che è la gloria di Maria SS.ma nel Cielo. Cerchiamo, sì, di usare le espressioni più rispettose della verità, ma quale essa realmente è le nostre doti sia conoscitive sia immaginative non riescono a definire. Non riusciamo, anzi, nemmeno a pensare la pienezza di vita di questo epilogo dei misteri di Maria nella sua gloria celeste.

Sappiamo che il Signore ha voluto anticipare per Lei quanto ha promesso a ciascuno di noi: la risurrezione; e ha dato alla Madre sua nel Paradiso la pienezza di vita, in anima e corpo, che Cristo ha già assicurato per Sé alla destra di Dio Padre. Si rimane assorti e quasi abbagliati dalla luce superna, infinita. Eppure è possibile cogliere qualche nota di consolante elevazione sulla Madonna, seguendo la traccia segnata dal Concilio. In qual modo esso ci presenta, nell’esposizione delle grandi verità cristiane, la Santissima Vergine?

È noto che la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium – il più importante tra tutti i Documenti – si conclude con un capitolo concernente la Madonna; ne illustra i titoli di diritto alla venerazione che noi Le dobbiamo, e i singoli misteri che L’accompagnano, dall’apparizione meravigliosa di questa Creatura nella storia umana alla missione che tuttora Ella esercita nel grande disegno della salvezza.

DUPLICE PREROGATIVA D’ECCELSO ONORE

Numerosi sono gli aspetti con cui la nostra mente è invitata a considerare questo essere incomparabile, unico: la Madonna. Il Concilio la considera particolarmente nella sua duplice relazione: con Cristo, con la Chiesa.

Del Divino Redentore Maria è la Madre; Colei che l’ha portato nel mondo, e pertanto Maria è associata al grande mistero dell’Incarnazione, non in una maniera episodica, esterna e superficiale, bensì in modo essenziale: Maria, è la Madre di Cristo.

Segue l’altro aspetto – si direbbe di più difficile intuito, ma tanto caro alla pietà cristiana – riguardante i rapporti di Maria con la Chiesa, coronati dal solenne riconoscimento che Paolo VI ha avuto l’onore di tributarle; e cioé: Maria non è soltanto la Madre di Cristo; è anche la Madre spirituale del Corpo Mistico di Cristo, cioè della Chiesa: Maria, Mater Ecclesiae!

E qui un aspetto notevole, che invita a riflessione particolare, ci viene offerto dal Concilio medesimo. Che cosa esso vede in Maria? E che cosa dobbiamo vedere noi?

IL PIÙ ALTO ESEMPIO E MODELLO

Il Concilio si è soffermato a contemplare la esemplarità di Maria, la sua tipicità.

Maria è mirabile esempio, modello, specchio. Che cosa riflette? La perfezione stessa di Dio. La Madonna può essere da noi contemplata, onorata e conosciuta quale esempio, il più alto, completo, splendente di Creatura, opera di Dio. Occorre rifarsi a un principio tanto vitale. Oggi si direbbe perduto il concetto vero dell’uomo. Più che mai l’umanità si presenta decaduta, guasta, con il peccato originale penetrato in tutti i rami, nell’intero albero della nostra vita terrena. E quando facciamo degli studi sull’uomo – sono, oggi, assai di moda le ricerche e le analisi del genere – troviamo innumerevoli imperfezioni, miserie, complessi; elementi pur nobili ed elevati, ma mescolati a profonde manchevolezze. I Santi, i pensatori le hanno viste e denunciate; il tempo moderno le pone in più chiara evidenza.

Se però applichiamo questi nostri criteri di studio a Maria, che cosa deduciamo? Che l’intento divino di fare dell’uomo l’immagine – vogliamo dire la fotografia, la similitudine – di Dio; questa proprietà di rispecchiare Iddio è, in Maria, perfetta. Perciò, guardando alla Madonna, noi cogliamo il riflesso immediato d’una bellezza vergine, pura, innocente, immacolata, nativa, primigenia, che non conosceremmo nella sua realtà esattamente se questa candida Creatura non fosse stata a noi data. È, questo, un cantico che meditiamo con gioia e con preferenza nella festa dell’Immacolata Concezione.

Ma torniamo alla letizia ineffabile dell’Assunta. Il Concilio mette in evidenza un altro aspetto: quello della imitabilità della Madonna, della sua figura, della sua forma di tipo, nei confronti della Chiesa, riassumendo frasi e concetti desunti dai Padri, specialmente da due – che per ragioni particolari al Papa sono molto cari – e cioè: Sant’Ambrogio, il quale definisce Maria typus Ecclesiae, l’immagine della Chiesa; e S. Agostino, che ripete con parole anche più chiare ed incisive lo stesso concetto.

LA MADONNA, IMMAGINE DELLA CHIESA

Come mai la Madonna è immagine della Chiesa? Intanto Maria è membro della Chiesa, è figlia anche Lei della Chiesa e della Chiesa fa parte. Ma, contemporaneamente, Ella riassume in se stessa tutte le doti dal Signore largite a questa sua mistica Sposa: la Chiesa. Soprattutto i Santi testé ricordati hanno visto nella Madonna la verginità congiunta alla maternità. Come la Chiesa è vergine e madre e genera i cristiani con la sua proprietà mistica costituita dalla grazia prodotta dai Sacramenti, così Maria generò, Vergine e Madre, il Cristo nella carne, per cui il Verbo di Dio divenne nostro fratello. Inoltre la similitudine, il rapporto fra Maria e la Chiesa può ancora procedere e mostrare in Maria tutta la perfezione acquisita dai Santi, e dai giusti in genere.

Troviamo in Maria, in grado di somma pienezza, la santità di cui gode la Chiesa: Ella è, per eccellenza, la Regina, lo Specchio di giustizia, la Stella del mattino, Colei verso la quale l’intera Chiesa si orienta, quando vuole accentuare la propria elettissima vocazione ad essere sempre e dovunque interamente di Cristo.

Tale realtà ci autorizza, anzi ci sollecita a vedere in Maria tutti gli aspetti che la rendono a noi maestra, e da noi imitabile, particolarmente, dice il Concilio, nella fede, speranza e carità, le virtù cioè che ci uniscono a Dio, le virtù teologali. Maria è stata perfetta nel vincolo che queste virtù fondamentali stabiliscono tra, Dio e le anime. E noi, guardando alla Madonna, siamo appunto sollecitati ed invitati ad operare con fede: Beata quae credidisti; ad avere ogni fiducia in Cristo; ad amarlo come Maria ha amato e lodato il Signore: Fecit mihi magna qui potens est.

E tutte le altre virtù umane che sembrano umili e più accessibili ai nostri poveri passi erranti sulla terra? Le troviamo in Maria. Il Vangelo, pur nelle sue linee semplici e sobrie, ne parla abbastanza perché il nostro entusiasmo e la nostra devozione, il nostro proposito di imitare la Madonna siano convinti, infervorati e come riassunti nell’odierna solennità. Vogliamo essere tutti seguaci, alunni, figli, discepoli di tanta Madre.

SGUARDO ALL’UOMO: OSTACOLI DA SUPERARE

Se dalla Madonna volgiamo lo sguardo a noi, troviamo, in quest’ordine di considerazioni, un inciampo, una obiezione. E cioè: la superiore pedagogia di imitare non raccoglie, in genere, il consenso della mentalità moderna. Oggi non si vuole imitare. L’uomo si dichiara e vuol essere sufficiente a se stesso, pieno di sé. Non intende chiedere ad altri come deve esprimersi e come comportarsi: pretende di trarre dal proprio essere tutto ciò che può formare oggetto delle sue aspirazioni. Una frase – che ha avuto molto corso anche nell’ambiente politico, suscitando pure accese polemiche – sintetizza il fenomeno: l’uomo moderno ha il culto della propria personalità. Si dichiara egocentrico e vuole svilupparsi con tutte le proprie attitudini. Molto spesso con i capricci, le passioni, gli istinti, i desideri non leciti, vuole raggiungere una pienezza attinta unicamente a se medesimo, non modellata, non rispecchiata su qualche inclito esempio che dice: qui sta l’uomo perfetto, l’eroe, l’apostolo, il santo. Al contrario, l’uomo persiste a ritenersi pago delle sole sue forze e del genio di sviluppo che ritiene racchiuso nel proprio animo.

Che dire, al riguardo? Anzitutto occorre dichiarare la realtà: non è vero che l’uomo sia contento di se stesso e non abbia più il senso, il gusto, il bisogno della imitazione. Anzi – si deve aggiungere – egli sente questa in modo eccessivo. Senza dubbio al tempo nostro è in auge una estesa propaganda per lo sviluppo della personalità; ma, nel contempo, – e lo notiamo, purtroppo, in tanta parte della nostra gioventù – c’è un gregarismo, una frequenza di imitare, un modellarsi sui gusti altrui, un correre alla sequela di quanti sono proclamati i «divi», le «dive», e l’uniformarsi ad esempi che la pubblicità, col favore del popolo, propone – e alcune volte in quali meschine ed ignobili forme! – da far naufragare ogni velleità di affermazione personale. Spettacolo triste: bisognerebbe quasi vergognarsi di essere tratti all’accostamento, al consenso per individui che non si vorrebbe mai chiamare col vero nome; tanto meno, poi, raccoglierne le sembianze. Eppure l’illogico fenomeno esiste. La gente va alla ricerca del tipo, del modello, del figurino; di colui o di colei che comunque impersoni un modo di vivere.

UNA SUPERIORE PEDAGOGIA DI VITA

Il che viene a confermare che la pedagogia della Chiesa, la quale propone un ideale – e quanto mirabile! – non è una pedagogia anacronistica e fuori tempo o inadeguata. Risponde invece, e appieno, alle aspirazioni sconfinate e sempre acute nel cuore moderno. Se si chiedesse alla gioventù, a tutti: non avete voi il desiderio della bellezza, della grandezza, della dignità morale, dell’eroismo, della bontà, dell’interpretazione giusta ed esauriente della definizione dell’uomo? Sì, sì, sarebbe la risposta; noi ci proponiamo, vogliamo ancora questi ideali. E, allora, dove cercarli? La Chiesa pone davanti a tutte le incalcolabili attese del cuore umano, ben dirigendone il dramma e il tormento, l’invito a guardare alla Madre, a Colei che impersona veramente la originaria, autentica idea di che cosa è l’uomo; immagine di Dio. Guarda a Maria – dice il materno richiamo – che è il modello della Chiesa e, piena di grazia, contiene in Se stessa tutto quanto la Chiesa può dare. Sii ammiratore, sii capace di scrutare, almeno con qualche sentimento, con qualche nostalgia buona, questo ideale purissimo di umanità che è la Madonna; di elevarti e rivolgerti a Lei con qualche preghiera.

«GUARDIAMO A TE, O MARIA!»

Un piccolo ricordo. Nell’istituto dove il Papa andava a scuola nella sua fanciullezza, c’era un cortile, e sulla parete principale gli educatori, i Padri Gesuiti, avevano collocato una statua della Madonna con una iscrizione semplice, popolare, ma oltremodo eloquente. Diceva: Maria, dall’alto, guarda sui figli.

Ebbene, la bella frase, il riconoscimento dello sguardo che Maria fa scendere sopra di noi, può essere sempre accolto, trasformato, anzi, in volenterosa risposta: E noi, dal basso, guardiamo a Te, o Maria!

Il mirare alla Vergine Santissima è davvero atto consolatore, orientatore; e conferma nella nostra anima l’insegnamento testé ricordato: la fede, la speranza, la carità, le altre virtù. Dirige, in tal modo la nostra vita, oltre i termini della esistenza terrena, a quanto sarà al di là dei confini del tempo presente e dopo la scena umana transeunte ed effimera. Maria specialmente con questa festa bellissima, ci guida a questo eternale futuro; ce lo fa anelare e scorgere; ce ne dà la speranza, la certezza, il desiderio. Sorretti da così splendente realtà, sapremo, con gioia indicibile, che il nostro umile e faticoso pellegrinaggio terreno, illuminato da Maria, si trasforma nel cammino sicuro – iter para tutum – verso il Paradiso.




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