Gruppi di Acquisto Solidale
I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) sono gruppi di consumatori che si riuniscono per acquistare prodotti direttamente dagli agricoltori (generalmente piccole imprese) e che si basano sui principi del consumo critico. Questa forma di filiera corta si distingue per l’alto grado di partecipazione e coinvolgimento da parte dei cittadini, che si riappropriano della loro sovranità alimentare e definiscono i modi e i principi con cui condividere quest’esperienza. Lo scopo primario è quello di accorciare la filiera e generare un prezzo giusto, estendendo i prodotti biologici più accessibili di quanto non lo siano nelle catene tradizionali.
Ma il loro scopo è anche politico e mira alla creazione di occupazione, alla tutela dell’ambiente, all’incremento delle relazioni sociali e dei movimenti locali. Il principio fondamentale è quello della solidarietà in base al quale i consumatori prediligono fornitori che devono essere piccoli, per non concentrare il potere economico nelle mani delle grandi aziende e locali, per poter avere contatti diretti. Inoltre si cerca di seguire i criteri di rispetto dell’uomo, sia per quanto riguarda le condizioni dei lavoratori che per la salute dei consumatori, e rispetto dell’ambiente, in quanto prodotti e produttori non devono generare troppo inquinamento e devono limitare il consumo delle risorse naturali. Di solito, gli agricoltori effettuano una consegna settimanale in un luogo prestabilito, in cui gli aderenti si recano per ritirare la loro spesa. I GAS possono prevedere la stipula di accordi duraturi con i produttori, tanto da organizzare riunioni periodiche, attività collaborazione nei confronti degli agricoltori, ricerca di lavoratori, risoluzione di problemi, sistemi di aiuto in caso di perdite di prodotto e sistemi di finanziamento anticipato.
I GAS organizzano riunioni con i partecipanti anche per raccogliere feedback dei prodotti che hanno comprato e per decidere la politica de seguire. Essi hanno inoltre un ruolo significativo poiché trasmettono la cultura del cibo e possono contribuire a modificare le abitudini alimentari delle famiglie che vi partecipano. I consumatori così riuniti, possono esercitare una critica di massa che li porta a ottenere uno sconto nei confronti degli agricoltori, ma allo stesso tempo li sostiene nel passaggio alle tecniche produttive biologiche.
Vendita diretta in azienda
Questa forma di vendita è tra le modalità più diffuse e forse più antiche. Si tratta di istituire lo spaccio dei prodotti dell’azienda presso la sede dell’azienda stessa. È un’iniziativa dei produttori che comporta diversi vantaggi come il risparmio del tempo connesso agli spostamenti al di fuori dell’azienda, l’eliminazione dei costi di trasporto e di personale, l’ampia disponibilità di prodotti, la riduzione dei rifiuti, la possibilità di offrire ai clienti servizi accessori, come quello di trascorrere del tempo in azienda, di aumentare il valore dei prodotti venduti, di acquistare prodotti freschi. A fronte di questi vantaggi vi sono, tuttavia, alcuni limiti: la disponibilità dei prodotti posti in vendita (limitata a quelli presenti sul luogo di produzione), la quantità di investimenti necessari per rendere lo spaccio aziendale a norma di legge, la soggezione allo stato della viabilità per raggiungere l’azienda e alla pubblicità necessaria per rendere visibile il negozio. Alcuni di questi fattori sono attenuati dal D.Lgs. 228/200133, che permette l’ampliamento della gamma dei prodotti posti in vendita mediante l’acquisto di merci diverse da quelle che sono disponibili in azienda.
Inoltre le imprese possono organizzare uno spaccio aziendale collettivo, realizzabile con il coinvolgimento di più aziende aventi prodotti complementari. Questa modalità consente di offrire ai clienti un’ampia scelta di prodotti, realizzata anche con la collaborazione di poche aziende agricole, opportunamente scelte per la diversità delle produzioni.
Il concetto di «massa critica» individua, in fisica, la quantità di materiale fissile (uranio, plutonio) necessaria a innescare una reazione a catena, viene utilizzato per analogia dalla nuova cultura emergente per indicare un processo di cambiamento sociale indotto da una minoranza attiva quando raggiunge un certo grado di numerosità o di intensità. Raggiunto questo grado, la pratica si diffonde come una reazione a catena a tutta la comunità.
L’antropologa statunitense Margaret Mead scriveva: «Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. Questo infatti è quanto è sempre successo» (Nitamo Montecucco, 2009).
La coltivazione diretta
Questa forma di filiera corta coinvolge direttamente i consumatori che possono lavorare la terra e contribuendo alla coltivazione dei prodotti che in seguito consumeranno a casa. Questa forma di approvvigionamento si è diffusa negli USA durante gli anni della grande depressione, quando gli agricoltori, non riuscendo ad ottenere un prezzo convenevole per ripagare il lavoro, aprirono le porte ai consumatori per cercare aiuto e collaborazione. La coltivazione diretta da vita a nuove forme di convivialità che si istaurano dal momento in cui si lavora collettivamente. I consumatori ritrovano un contatto diretto con la terra e instaurano relazioni sociali durature. Alcune associazioni o aziende agricole offrono gratuitamente spazio e informazioni in cambio di piccole parti del raccolto oppure chiedono un pagamento fisso, mensile per esempio. Altre aziende invece si occupano della coltivazione, delegando al consumatore il compito di selezionare e raccogliere i prodotti.
Orti urbani
Per orti urbani si intendono delle aree che si trovano all’interno dei centri abitati e che vengono destinate alla coltivazione di frutta e verdura. La loro presenza permette ai residenti di cibarsi in modo sano e genuino, e favorisce lo sviluppo di un’economia etica e solidale. Gli orti cittadini sono considerati un valido strumento di aggregazione sociale, oltre che di riqualificazione urbana. Gli effetti positivi risiedono, infatti, anche nell’aumento di aree verdi, nel conseguente miglioramento della qualità dell’aria, nella riqualificazione di aree degradate, nel limitare il consumo di suolo (in particolare quello agricolo delle fasce periurbane), e nella valorizzazione del paesaggio attraverso le attività agricole. Secondo gli ultimi dati di Italia Nostra (2013), gli orti urbani occuperebbero un’estensione di oltre 500.000 metri quadrati, ma si stima che in realtà siano molti di più. Sono in crescita anche le iniziative istituzionali che si occupano di ciò. Nel Giugno 2013 sono stati assegnati a Milano 171 orti urbani; lo stesso è avvenuto a Roma con l’assegnazione di 33 orti nel quartiere Garbatella.
Altre forme
Il fenomeno dell’agricoltura locale è tuttavia molto variegato e si possono includere nella sua pertinenza anche attività per il recupero delle eccedenze di produzione. A tale proposito ci sono le Banche del Cibo, come la fondazione Banco Alimentare, che si occupano di recuperare le eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale per distribuirli a strutture caritative sparse sul territorio. In Italia esiste anche una società spinoff denominata Last Minute Market, nata nel 1998 come attività di ricerca, che promuove il riutilizzo dei prodotti scartati dalla grande distribuzione. L’attività è soprattutto volta all’organizzazione logistica delle donazioni/ritiri tenendo sotto controllo gli aspetti nutrizionali, igienico-sanitari, logistici e fiscali. Infine esistono movimenti indipendenti come il Freeganism che recupera le eccedenze alimentari per un consumo privato; mense scolastiche, dove viene privilegiato il consumo di generi alimentari lavorati direttamente sul territorio o reperiti in base al principio del minor numero di passaggi tra produttore e consumatore, con migliori garanzia di mantenimento delle caratteristiche organolettiche grazie al breve tempo di trasporto. Anche programmi di nutrizione e politiche agricole possono rientrare nel computo delle filiere corte.
Articolo tratto dalla tesi di laurea del Dr. Giacomo Crisci:
“Filiera corta, prezzo giusto e sviluppo sostenibile: il caso
dei Gruppi di Acquisto Solidale a Roma”
Università ROMA TRE – Facoltà di Economia “Federico Caffè” – Anno accademico 2012/2013
Immagini tratte da :
http://www.tramecarignano.com/
http://www.milanolifestyle.it/
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