I coniugi Gorelov e la casa della verità

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Quando si parla di famiglia nella società attuale spesso, troppo spesso, si nota una certa ritrosia, ancor più timore si nota quando si parla di famiglie numerose. Paura di cosa? Di mettere a repentaglio la propria libertà? Di dover rinunciare a qualcosa per far crescere dei bambini? Di rischiare di mettere su qualche chiletto o di avere le smagliature? Di non poter andare a giocare a calcetto molto spesso? Sembrano problemi di poco conto, ma nella società odierna è bene diverso. L’egocentrismo dilaga e la parola sacrificio fa paura ai più.

Un esempio che va controtendenza giunge dalla Russia, quella Russia che appare sempre più un baluardo per la famiglia, ai bambini, al diritto della natura di reclamare i suoi diritti su tutto il resto.

La nostra storia ha come protagonista il vigile del fuoco Aleksandr Gorelov  di Novaya Moskva che, nel 2011 è stato insignito del titolo di “Vigile del fuoco dell’anno”.

Aleksandr e sua moglie Lilith hanno sei figli naturali: Arman, Karen, Anton, Anna, Artur e Liza e 15 figli adottivi.

I coniugi Gorelov nel 2002 hanno fondato il centro “La casa della carità” che offre aiuto agli adolescenti e ai bambini che vivono situazioni di disagio. Oggi Lilith è direttrice del centro, mentre Aleksandr è il suo principale collaboratore.

“Ho perso anch’io i genitori da piccolo e sono finito in un orfanotrofio” racconta Aleksandr. “A educarmi è stata una zia. Lilith invece si dedica con tutto il cuore alla cura dei bambini che non hanno nessuno fin da quando lavorava come assistente sociale. I coniugi Gorelov aiutano quei bambini che la maggior parte dei servizi sociali non sono in grado di aiutare e che sono ritenuti i casi più difficili e “senza speranza”.

Tutti i bambini adottati dai Gorelov hanno alle spalle una storia triste. Nella loro vita sono state vittime di abusi e hanno patito fame e privazioni. Oggi questi bambini sono in grado di costruire autonomamente la propria vita. Alekseij da piccolo viveva per strada. Oggi studia in un istituto per diventare cuoco. Evgenij per lungo tempo ha vagabondato senza dimora.  “Quasi non riesco a credere di aver vissuto per strada”, racconta Zhenya che studia all’Istituto superiore antincendi per diventare vigile del fuoco. Vitya ora ha 14 anni. In famiglia sembra essere il più “difficile”. I media russi lo avevano soprannominato il “piccolo Mowgly”, raccontando di come la sua famiglia d’origine per cinque anni l’avesse costretto a vivere nella gabbia del cane. Oggi Vitya ha un passaporto, sa fare tante cose e vuole diventare conducente di metropolitana. Kuangguen  Kolya  è vietnamita. si tratta di un ragazzo molto buono e disponibile, quest’anno pensa di iscriversi all’università per studiare economia. La piccola figlia adottiva dei Gorelov, Ella, accudisce il piccolo Nikita. Il ragazzino è il nipotino adottivo di Aleksandr e Lilith.
La casa nel villaggio di Deviatkino, in cui l’intera famiglia Gorelov vive  è in affitto. Poco tempo fa sono entrati in un progetto pilota della capitale volto a sostenere le famiglie adottive. Secondo il regolamento le famiglie che hanno adottato cinque figli – adolescenti e invalidi – hanno diritto a un alloggio gratuito.

La numerosa famiglia Gorelov vive allegramente e in armonia. Il mattino i ragazzi corrono a scuola, poi ci sono le lezioni di musica, le attività sportive, il logopedista…

Per molti è un mistero come Aleksandr e Lilith riescano a insegnare a questi bambini usciti da storie di disagio e difficoltà a vivere come tutti gli altri. E benché per la sua famiglia Aleksandr Gorelov sia comunque un eroe anche fuori dal servizio, per tutti gli altri lo è doppiamente: nel lavoro e nella vita.

Ma qual è l’iter per le adozioni in Russia?

L’adozione di un bambino è un atto giuridico che conduce a filiazione, cioè anche a “genitorialità”: il bambino adottato, che riceve il cognome del padre, “acquisisce” un papà e una mamma, cioè diventa figlio legittimo della coppia che lo adotta. Allo stesso momento la coppia adottiva accoglie in famiglia un figlio, esattamente come se fosse nato un figlio biologico.

Il primo gesto da fare per adottare un bambino è rendersi disponibili all’adozione nazionale e/o internazionale tramite i Servizi Territoriali, presso il Tribunale dei Minori di residenza il quale deciderà con un eventuale decreto di idoneità all’adozione internazionale  se la coppia è idonea o meno ad educare ed istruire, e in grado di mantenere i minori stranieri che intende adottare.

“Avere un figlio adottivo è aprire nella propria famiglia uno spazio non solo fisico, ma soprattutto mentale per l’accoglienza di un bambino o di una bambina, generato da altri, con una sua storia, e che ha bisogno di continuarla con dei nuovi genitori, con cui formerà una vera famiglia, come una sua seconda possibilità di vita.”

In Italia, l’adozione giuridica è regolata dall’ art. 6 della legge 184/83 come modificata dalla legge 149/2001.

Il testo prevede che l’adozione sia permessa solo alle coppie coniugate (e non separate, nemmeno di fatto) al momento della presentazione della dichiarazione di disponibilità all’adozione oppure legate con una perdurante, continua e stabile, nonché documentata o testimoniata, convivenza antecedentemente alla celebrazione del matrimonio per un periodo almeno pari al complemento a 3 anni.

Dopo che la coppia si è resa disponibile all’adozione con apposita dichiarazione presso i servizi territoriali, i servizi assistenziali degli Enti locali, effettuano una valutazione psicosociale della coppia o della famiglia se sono già presenti dei figli. Se il risultato della valutazione è positivo, il Tribunale per i Minorenni di competenza territoriale emette il decreto di idoneità all’adozione internazionale; il decreto è accompagnato dalla relazione psicosociale (che riflette il contenuto dei colloqui mirati alla valutazione e dunque le motivazioni della coppia all’adozione) e può contenere un ”quadro” con menzione dell’età del bambino che la coppia è pronta ad accogliere, la disponibilità eventuale della coppia ad accogliere un bambino portatore di handicap  e/o più di un bambino (nel caso di fratelli). La coppia può anche dare la propria disponibilità all’adozione nazionale per la quale vale la stessa valutazione psicosociale, ma che non necessita il rilascio di un decreto di idoneità.

Per quanto riguarda l’età del bambino da adottare, è importante sapere che la legge italiana di solito permette di adottare un bambino di “0 anni” fino al compimento di 45 anni di uno dei futuri genitori. Si cercherà però, per l’adozione internazionale, di non limitarsi all’idea di adottare un “bèbè” in quanto sarebbe molto difficile trovare un ente  che accetti di prendere un incarico con un’idoneità che specifichi “un limite di età basso”.  Se sono già presenti dei figli, il bambino in arrivo dovrebbe essere più piccolo del figlio con l’età più bassa.

Un bambino, per essere adottato, deve essere adottabile, cioè “senza tutela dei genitori biologici”. I genitori biologici sono spesso deceduti (nel 5,5% dei casi), ma più probabilmente sono ancora vivi: non hanno più la patria potestà o hanno lasciato il bambino ad un istituto, per strada, in ospedale, oppure hanno rinunciato a lui per qualche ragione. Comunque un bambino adottabile risulta senza nessuno che lo possa crescere nel suo paese e/o nel suo contesto socio-familiare.

Prima di rendere un bambino adottabile, dovrebbe dunque esser stato fatto il massimo per permettere a quest’ultimo di rimanere nel suo ambito di origine; in altre parole, l’adozione dovrebbe essere l’ultima soluzione.

L’adozione in effetti risponde ad una necessità del minore, non ad un desiderio di filiazione: tale necessità nasce ove mancano nel tessuto sociale del bambino dei genitori o dei tutori pronti a crescerlo. In quello spazio soltanto potranno diventare genitori di quel bambino due adulti idonei all’adozione, identificati dalle istituzioni come gli ideali e potenziali educatori di quel bambino.

 

 




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