Il dramma delle donne pakistane

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Il Pakistan ancora una volta nell’occhio del ciclone a causa dei diritti fondamentali dell’uomo (in questo caso specificatamente della donna). Attualmente la novità riguarda la possibilità di percuotere liberamente le donne seppur “lievemente”.
Pronto l’intervento della Commissione per i diritti umani del Pakistan (Hrcp) che condanna senza mezzi termini la proposta di legge del Consiglio per l’ideologia islamica, che ha suggerito una norma che legalizza le “percosse lievi” per le mogli disobbedienti. La proposta dell’organo islamico ha scatenato accese proteste, persino sui social media che di solito rimangono silenti di fronte alla tematica delle donne. Mehboob Ahmad, attivista dell’Hrcp, ha dichiarato ad AsiaNews: “La religione islamica non ha mai permesso di picchiare le donne. La religione condanna le punizioni corporali. La previsione secondo cui [il Corano] consentirebbe di colpire una donna, è solo un’interpretazione autonoma del Consiglio. Questo tipo di interpretazioni è contro l’umanità. Uomini e donne sono titolari di uguali diritti; discriminare le donne porterà peggiori conseguenze”.
L’attivista continua: “In base alla Costituzione del Pakistan, il Consiglio per l’ideologia islamica non ha alcun diritto di proporre leggi, compito che spetta solo al Parlamento. Il consiglio può solo formulare suggerimenti, non norme”.
La diatriba è nata quando la scorsa settimana l’organo consultivo islamico, creato nel 1962 per controllare la legittimità delle leggi statali con i dettami dell’islam (sharia), ha proposto l’approvazione di una nuova legge in materia di donne in Punjab. L’iniziativa fa da diretto contraltare al Punjab Protection of Women Against Violence Bill, approvato lo scorso febbraio, che considera violenza contro le donne “tutte quelle offese compiute contro una donna, comprese la violenza domestica, maltrattamento emotivo, stalking o crimine informatico”.
Il consiglio di esperti invece ha proposto: “Un marito dovrebbe avere il permesso di percuotere lievemente la propria moglie se lei sfida i suoi comandi e rifiuta di vestirsi secondo i suoi desideri; respinge la richiesta di rapporti sessuali senza alcuna giustificazione religiosa o non fa il bagno dopo un rapporto sessuale o nel periodo mestruale”.
Gli attivisti della Hrcm hanno bollato la proposta come “ridicola” e hanno chiesto che venga sciolto il consiglio composto da “fanatici”. Zohra Yusuf, presidente dell’organizzazione, ha detto: “È difficile comprendere come qualsiasi persona sana di mente possa incitare o giustificare ulteriori inviti alla violenza contro le donne in Pakistan”.
Wajahat Masood, noto analista, commenta: “La questione è se un cittadino abbia il diritto di commettere violenza contro un altro cittadino”. Humza Arshad, studioso ed educatore, aggiunge: “In ogni epoca le donne sono state maltrattate, vittime di tortura fisica, emotiva e psicologia. È davvero scioccante che un istituto religioso alimenti l’approccio maschilista e misogino e lo copra sotto il manto della religione. Per ironia della sorte, si dice che l’islam sia il ‘santo patrono’ dei diritti delle donne e il pioniere del loro benessere. Ma non ci sorprende come esse siano trattate da fazioni di estremisti religiosi come i talebani, al-Qaeda o Isis”. Sappiamo infatti, conclude, “che anche in passato le donne venivano rapite e usate come schiave del sesso dalle armate arabe che invasero il Medio Oriente, l’Africa e parte dell’Asia e dell’Europa. Era uno dei maggiori motivi di quella che è stata chiamata ‘guerra santa’, oltre alle ragioni economiche”.
Nella società pakistana essere donne è “il primo crimine”, ma essere anche non musulmane è ancora peggio. Donne, bambini e altre minoranze religiose sono tra i gruppi più svantaggiati. I cristiani in particolare preferiscono rimanere in silenzio quando si tratta di parlare di giustizia sociale.
Alla conferenza hanno partecipato più di 35 persone, inclusi avvocati e attivisti per i diritti umani.
Secondo un recente rapporto annuale della Commissione per i diritti umani, ogni due ore una donna viene stuprata in Pakistan, ogni otto ore subisce una violenza di gruppo. Meno del 4% dei casi di violenza sessuale terminano con una condanna. Più di 3mila donne sono morte per un omicidio d’onore dal 2008 a oggi.
Al tragico bilancio va aggiunto che nelle aree, i casi sarebbero molti di più, ma non vengono mai denunciati e spesso, troppo spesso, gli omicidi ed i roghi sono ormai considerati una punizione corretta per i comportamenti delle donne ritenuti non islamici anche dai semplici familiari. I giudici non intervengono più e molto spesso anche gli stessi agenti di polizia restano a guardare.
In conclusione la situazione delle donne pakistane appare drammaticamente desolante anche se va specificato che lo status e la situazione riguardante i diritti delle donne in Pakistan può variare notevolmente a seconda della classe sociale e della regione d’appartenenza, a causa soprattutto del diseguale sviluppo socio-economico e dell’impatto del feudalesimo tribale ancora ben presente nelle zone rurali più interne. Le donne pakistane contemporanee godono d’uno status sociale migliore della maggior parte delle altre donne nei paesi a maggioranza religiosa musulmana: tuttavia la loro situazione nei confronti dei maschi rimane sistematicamente in una posizione subordinata.Vi sono stati nel tempo tentativi sia da parte governativa che a cura di gruppi illuminati di elevare lo status delle donne nella società pakistana a causa delle sempre maggior consapevolezza pubblica le opportunità educative per le donne pakistane sono aumentate progressivamente. Secondo un rapporto sullo sviluppo umano pubblicato dalle Nazioni Unite vi è una maggior uguaglianza di genere in Pakistan rispetto alla confinante India. Le donne pakistane continuano a subire stupri, violenze domestiche e ad essere sfregiate con l’acido, vittime di delitti d’onore e matrimoni forzati, di prostituzione forzata e di traffico di esseri umani e queste ultime vicende appena narratevi sono soltanto la recente testimonianza di una situazione sempre più ingestibile de ingiusta.

Raffaele Dicembrino




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