Roma – Cinema: Claudio Giovannesi e Daphne Scoccia presentano a Roma il film FIORE

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Dopo il successo riscosso al Festival di Cannes nell’ambito della 48^ edizione della Quinzaine des Ralisateurs, dove è stato accolto con 10 minuti di applausi, il regista di FIORE, Claudio Giovannesi e, l’attrice protagonista Daphne Scoccia, saluteranno il pubblico presente in sala in occasione dello spettacolo delle 20.25 di venerdì 27 maggio al cinema Greenwich di Roma in via Bodoni 59.
Il film è ambientata in un carcere minorile e narra la storia di Daphne, detenuta per rapina, la quale si innamora di Josh, anche lui giovane rapinatore. In carcere i maschi e le femmine non si possono incontrare e l’amore è vietato: la relazione di Daphne e Josh vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Il carcere non è più solo privazione della libertà ma diventa anche mancanza d’amore.
FIORE è il racconto del desiderio d’amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge.
La realizzazione di Fiore, dalla scrittura alla messa in scena, si è basata sulla documentazione: sull’incontro con la realtà e successivamente sulla sua trasformazione in drammaturgia e racconto per immagini, con l’obiettivo di realizzare un film con il massimo grado di verosimiglianza possibile.
Con questo intento, io e gli sceneggiatori abbiamo trascorso un periodo di quattro mesi (da gennaio a maggio 2014) di insegnamento volontario all’interno dell’Istituto Penale per i Minori di Casal del Marmo: il carcere minorile di Roma.
Abbiamo coinvolto i detenuti, ragazzi e ragazze, in una serie di laboratori sul tema del linguaggio video e cinematografico, per riuscire a scrivere la sceneggiatura all’interno del carcere e basarla sulle loro esperienze e sulle loro reali biografie.
Il tema
I maschi e le femmine in carcere non si possono frequentare e non hanno nessuna attività in comune, ma nonostante la detenzione e il divieto assoluto d’incontro riescono lo stesso a vivere storie d’amore: relazioni fatte di lettere, di sguardi da una cella all’altra e di conversazioni brevi, sottratte all’attenzione della polizia penitenziaria.
Nonostante l’ambientazione carceraria del film, quello che ci emozionava non era un racconto morale sul reato e la condanna, ma erano i sentimenti degli adolescenti costretti nella detenzione: il film è raccontato tutto dal punto di vista della protagonista diciassettenne, che vive contemporaneamente l’esperienza del carcere e quella del primo amore.
E’ possibile vivere l’adolescenza in un contesto carcerario? Preservare la grazia e l’innocenza pur essendo colpevoli davanti alle legge? Questa contraddizione è stata l’origine del lavoro, il paradosso di due adolescenti che vivono la forza del primo amore in un luogo dove l’amore è vietato.

Il cast dei detenuti adolescenti è composto da attori non professionisti, per la maggior parte ex detenuti o in regime di messa alla prova, qualcuno conosciuto nei laboratori in carcere, quando il Dipartimento di Giustizia Minorile mi ha dato il permesso di coinvolgerlo nel film.
Anche i ruoli degli assistenti di polizia penitenziaria sono interpretati per la maggior parte da veri poliziotti.
La ricerca della location è stata molto faticosa: nonostante la collaborazione iniziata con i laboratori abbiamo potuto girare nel carcere minorile di Roma solo poche scene, a causa della difficoltà di far coincidere gli orari notturni e diurni di una troupe con gli orari del regime carcerario. La maggior parte del film è stata girata nel carcere minorile dell’Aquila, un carcere senza detenuti, trasferiti in altri istituti dopo il terremoto, ristrutturato e mai più rimesso in opera.
La scenografia ha invecchiato il carcere, che era intatto e inutilizzato, e noi ci abbiamo portato circa 40 detenuti e qualche poliziotto. Il carcere è anche un luogo multiculturale e multietnico: i detenuti, maschi e femmine, provenivano da diverse parti di Italia e la maggior parte erano di origine maghrebina, slava, rom e sinti.
Avere la presenza di veri poliziotti ci ha aiutato a ricreare nella messa in scena il complicato sistema di regole e divieti che scandiscono il giorno e la notte: la chiusura in cella, l’apertura delle celle e la chiusura nel braccio, l’ora d’aria, l’isolamento.
Nel film Fiore il carcere, per i ragazzi e le ragazze adolescenti, non è solo la privazione temporanea della libertà, ma è la mancanza di amore: la morale non è più quella della legge, ma è quella anarchica dei sentimenti e le regole del carcere e i divieti dei poliziotti sono gli ostacoli da superare per vivere i sentimenti della propria adolescenza.




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