NEL RECINTO DELL’IDEOLOGIA

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IDEOLOGIA – Molti anni fa, in una confidenza personale a un amico giornalista, l’allora leader di Rifondazione comunista, Fusto Bertinotti, diceva senza remore che per fornirsi di informazioni quotidiane veritiere, e super parte, attingeva avidamente ai pozzi dell’editoria cattolica di stampa vaticana. Sembra incredibile e curioso ma è proprio così, lo ricordo bene. Pur essendo distante miriadi di anni luce dal pensiero dell’allora presidente marxista dovetti riconoscergli una grande onestà intellettuale, e una voglia di obbiettività informativa che umanamente me lo rese assai simpatico. Oggi non è così, trovare notizie non viziate dall’opinione di parte, o dalle disposizione pressanti dell’editore pagante di turno, è praticamente impossibile, zero assoluto.
Anche certe news di cronaca nera, se tornano comodo, sono incredibilmente sfruttate ad arte dagli sciacalli, per imporci il pecorile pensiero unico. Strumentalizzazioni ovunque, da destra a sinistra, pochissimi i giornalisti onesti: mosche bianche in via forzata di estinzione. Vi è inoltre una pochezza disarmante nell’esporre i fatti all’opinione pubblica: tutti pescano a piene mani dal computer, dai grandi motori di ricerca, da enciclopedie online la cui veridicità è spesso assai discutibile; ciò senza andare direttamente alle fonti, o sul campo, schiodandosi dalla sedia. Noto a malincuore che persino là dove non c’è mai stata, dall’agenzia Ansa ai giornali più vicini al mondo cattolico, è divenuto un belato unico di faziosità; trovare un arbitro col giusto metodo di valutazione degli eventi è praticamente utopico. Ma, posso dirlo serenamente, nessuno si scandalizzi, questo modus vivendi informativo fa comodo a quasi tutti. Cibo liofilizzato, scadente e riciclato, l’importante è non dover usare il cervello e pensare con le idee preconfezionate ad arte da altri.
Nel recinto dell’ideologia, indottrinati da un’informazione somministrata, con una morale fai da te, sguazzano volentieri in tanti. E qualcuno si mette addosso addirittura delle etichette, si auto rinchiude asserragliato in propri campi di concentramento, marcando il territorio. Il popolino in generale è contento così, al limite, per i più facinorosi, li si distrae con qualche mutandato che tira calci al pallone. Nell’ambito della morale (che non fa insano moralismo), da oltre un decennio, più che aprirsi la cosiddetta finestra di Overton si è spalancata la porta della scempiaggine; ogni cosa ignobile, dopo un attimo di titubanza, è deglutita serenamente, quando non esposta ai quattro venti. Le regole? Non devono esistere, roba da trinariciuti medioevali. L’importante, per la pletora, è trangugiare schifezze, fa nulla se queste non soddisfano, rendono infelici e lasciano una miriade di solitudine in giro. Sazi e disperati, ben profetizzava il compianto cardinal Giacomo Biffi. La dittatura del relativismo fa mescolare bene e male in un cocktail a piacimento: bevanda mortale dal gusto amabile, deleteria anche in piccole dosi ma desiderabile allo sguardo. Però, inghiottendola avidamente con gli occhi a fior di pelle, ci si illude di essersi liberati da presunte “costrizioni del passato”. Che sciocchi, questa non è libertà ma pura e nitida schiavitù dei propri
vizi, e mai il detto messianico “chi fa il peccato è schiavo del peccato” è stato più veritiero. I pochi che cercano di far rispettare le regole, di marciare in direzione ostinatamente opposta al gregge (mettendo dei provvidenziali paletti), sono malvisti; o sei buonista o la maggioranza ti rigetta con disgusto. In questa fase storica la verità ha la coda in mezzo alle gambe e se ne sta, mogia mogia, in un angolino appartata. In ambito educativo la correzione fraterna, l’ammonire il peccatore, sono visti con orrore persino tra i credenti. Guai se un prete osa dire a un ragazzo, nativo digitale, che sta sbagliando e lo redarguisce (per il suo bene) bonariamente; il povero prelato si creerà al volo terra bruciata intorno, e un nugolo di malelingue pronte a sparlare di lui diffamandolo alle spalle impunemente. Non c’è nulla peggio della maldicenza, piaga infernale difficile da debellare dal cuore, oggigiorno più che mai, fa benissimo papa Francesco a ricordarcelo ogni tanto. Posso testimoniarlo personalmente, ormai da tempo vige una fede
costruita a proprio piacimento, che se ne infischia di comandamenti e vangelo. Tutto si scusa, tutta va bene, ogni cosa, se gradita al singolo, è lecita. Sparo una grossolana provocazione per ridestare le coscienze assopite dei praticanti: se il male lo fanno sempre e solo gli altri (e quindi non esiste più) a che serve l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo? Cosa è venuto a fare? Smettiamo di abbeverarci da fonti inquinate, diamo retta agli umili, ai pochi maestri sapienti, anche se esteriormente sono i più severi e meno simpatici. La mia esperienza di vita mi dice che ho imparato molto di più dai (presunti) insegnanti burberi, e in apparenza antipatici, che dai troppi buonisti che, con fare zuccheroso, mi sono girati intorno. Anche perché questi ultimi pian piano si rivelano infingardi, marci dentro, e pronti a pugnalarti alle spalle appena commetti un’ingenuità. Molto meglio i duri, anche se di primo acchito magari un po’ troppo ieratici, la cui guida sicura ci porta ad abbeverarci, anche informativamente, dove l’acqua sa di fonte (e non piena di cloro) dei finti “gatto e volpe” in grado di circuirci facendoci sotterrare i nostri tesori per poi fregarceli sotto il naso. Meditiamo gente, meditiamo.

(Fabio Annovazzi)




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