Il Papa e la pecorella smarrita

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Bagno di folla per il Santo Padre prima dell’udienza generale In una Piazza San Pietro gremita per l’udienza generale, Papa Francesco è giunto con anticipo rispetto all’orario previsto delle 9,30 per consentirsi un lungo giro in jeep tra la folla.

Papa Francesco ha iniziato la sua omelia salutando i presenti anche a voce: “Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Conosciamo tutti l’immagine del Buon Pastore che si carica sulle spalle la pecorella smarrita. Da sempre questa icona rappresenta la sollecitudine di Gesù verso i peccatori e la misericordia di Dio che non si rassegna a perdere alcuno. La parabola viene raccontata da Gesù per far comprendere che la sua vicinanza ai peccatori non deve scandalizzare, ma al contrario provocare in tutti una seria riflessione su come viviamo la nostra fede. Il racconto vede da una parte i peccatori che si avvicinano a Gesù per ascoltarlo e dall’altra parte i dottori della legge, gli scribi sospettosi che si discostano da Lui per questo suo comportamento. Si discostano perché Gesù si avvicinava ai peccatori. Questi erano orgogliosi, erano superbi, si credevano giusti.

La nostra parabola si snoda intorno a tre personaggi: il pastore, la pecora smarrita e il resto del gregge. Chi agisce però è solo il pastore, non le pecore. Il pastore quindi è l’unico vero protagonista e tutto dipende da lui. Una domanda introduce la parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?» (v. 4). Si tratta di un paradosso che induce a dubitare dell’agire del pastore: è saggio abbandonare le novantanove per una pecora sola? E per di più non al sicuro di un ovile ma nel deserto? Secondo la tradizione biblica il deserto è luogo di morte dove è difficile trovare cibo e acqua, senza riparo e in balia delle fiere e dei ladri. Cosa possono fare novantanove pecore indifese? Il paradosso comunque continua dicendo che il pastore, ritrovata la pecora, «se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: Rallegratevi con me» (v. 6). Sembra quindi che il pastore non torni nel deserto a recuperare tutto il gregge! Proteso verso quell’unica pecora sembra dimenticare le altre novantanove. Ma in realtà non è così. L’insegnamento che Gesù vuole darci è piuttosto che nessuna pecora può andare perduta. Il Signore non può rassegnarsi al fatto che anche una sola persona possa perdersi. L’agire di Dio è quello di chi va in cerca dei figli perduti per poi fare festa e gioire con tutti per il loro ritrovamento. Si tratta di un desiderio irrefrenabile: neppure novantanove pecore possono fermare il pastore e tenerlo chiuso nell’ovile. Lui potrebbe ragionare così: “Faccio il bilancio: ne ho novantanove, ne ho persa una, ma non è una grande perdita”. Lui invece va a cercare quella, perchè ognuna è molto importante per lui e quella è la più bisognosa, la più abbandonata, la più scartata; e lui va a cercarla. Siamo tutti avvisati: la misericordia verso i peccatori è lo stile con cui agisce Dio e a tale misericordia Egli è assolutamente fedele: nulla e nessuno potrà distoglierlo dalla sua volontà di salvezza. Dio non conosce la nostra attuale cultura dello scarto, in Dio questo non c’entra. Dio non scarta nessuna persona; Dio ama tutti, cerca tutti: uno per uno! Lui non conosce questa parola “scartare la gente”, perchè è tutto amore e tutta misericordia.

Il gregge del Signore è sempre in cammino: non possiede il Signore, non può illudersi di imprigionarlo nei nostri schemi e nelle nostre strategie. Il pastore sarà trovato là dove è la pecora perduta. Il Signore quindi va cercato là dove Lui vuole incontrarci, non dove noi pretendiamo di trovarlo! In nessun altro modo si potrà ricomporre il gregge se non seguendo la via tracciata dalla misericordia del pastore. Mentre ricerca la pecora perduta, egli provoca le novantanove perché partecipino alla riunificazione del gregge. Allora non solo la pecora portata sulle spalle, ma tutto il gregge seguirà il pastore fino alla sua casa per far festa con “amici e vicini”.

Dovremmo riflettere spesso su questa parabola, perché nella comunità cristiana c’è sempre qualcuno che manca e se ne è andato lasciando il posto vuoto. A volte questo è scoraggiante e ci porta a credere che sia una perdita inevitabile, una malattia senza rimedio. E’ allora che corriamo il pericolo di rinchiuderci dentro un ovile, dove non ci sarà l’odore delle pecore, ma puzza di chiuso! E i cristiani? Non dobbiamo essere chiusi, perchè avremo la puzza delle cose chiuse. Mai! Bisogna uscire e non chiudersi in sè stessi, nelle piccole comunità, nella parrocchia, ritenendosi “i giusti”. Questo succede quando manca lo slancio missionario che ci porta ad incontrare gli altri. Nella visione di Gesù non ci sono pecore definitivamente perdute, ma solo pecore che vanno ritrovate. Questo dobbiamo capirlo bene: per Dio nessuno è definitivamente perduto. Mai! Fino all’ultimo momento, Dio ci cerca. Pensate al buon ladrone; ma solo nella visione di Gesù nessuno è definitivamente perduto. La prospettiva pertanto è tutta dinamica, aperta, stimolante e creativa. Ci spinge ad uscire in ricerca per intraprendere un cammino di fraternità. Nessuna distanza può tenere lontano il pastore; e nessun gregge può rinunciare a un fratello. Trovare chi si è perduto è la gioia del pastore e di Dio, ma è anche la gioia di tutto il gregge! Siamo tutti noi pecore ritrovate e raccolte dalla misericordia del Signore, chiamati a raccogliere insieme a Lui tutto il gregge!

Un saluto particolare porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il mese di maggio è dedicato alla Madonna. Cari giovani, coltivate la devozione alla Madre di Dio con la recita quotidiana del Rosario; cari ammalati, sentite la vicinanza di Maria di Nazaret specialmente nell’ora della croce e voi, cari sposi novelli, pregatela perché non manchi mai nella vostra casa l’amore e il rispetto reciproco.

Nella parabola della pecora smarrita c’era la volontà di sottolineare il comportamento del pastore e la gioia del ritrovamento.

Nel proporre le parabole Gesù si ispira alle situazioni di vita dei suoi contemporanei. Questa volta prende spunto da un uomo che possiede un gregge numeroso: cento pecore. Si potrebbe pensare che la perdita di una pecora non abbia molta importanza per il pastore, invece, egli abbandona le altre novantanove per andare in cerca di quella smarrita. Trovatala non la bastona né le rompe le zampe, secondo la consuetudine, per evitare che si perda di nuovo come farebbe uno che non ama le proprie pecore e pensa solo ai suoi interessi, anzi, se la mette sulle spalle e, tutto contento, la riporta a casa, rallegrandosi con gli amici per il suo ritrovamento.

La parabola descrive la gioia del “buon pastore” quando ritrova la pecorella smarrita; una chiara risposta di Gesù a coloro (Scribi e Farisei) che “mormoravano” perché accoglieva e rivolgeva la sua “Parola” anche ai peccatori, “liberandoli” dalla durezza di una religione che s’imponeva come giudizio e non come misericordia. Gesù, con la sua condotta e le sue parole, ricorda quello che da sempre è l’autentico comportamento di Dio nei confronti degli ultimi e di coloro che erano considerati peccatori, e lo spiega attraverso una parabola, con un’immagine comune che tutti potevano facilmente comprendere. Il racconto della parabola si svolge nel deserto, luogo di morte e di solitudine dove è importante rimanere “in gruppo”; per questo il pastore, prima di allontanarsi a cercare la pecorella smarrita, lascia le altre al sicuro nel gruppo dove si sentono protette e sostenute. Il deserto è il luogo dell’insicurezza dove l’uomo, anche il più forte, rischia la perdita della sua sicurezza interiore; è per tradizione il “posto del diavolo” (colui che disperde), dove l’uomo è “messo a nudo”.

Dio è come il pastore, a lui stanno a cuore tutte le pecore, una a una. Se ne manca una sta male, va in angoscia, come se difettasse qualcosa di sé. Dio ha un amore totale per ogni singolo e la perdita di uno lo ferisce perché ognuno è parte di sé. Ognuno ha un valore incommensurabile agli occhi di Dio. Non smette di cercare “finché non la trova”.

Gesù è stato inviato dal Padre proprio per andare in cerca delle pecore smarrite (che rappresentano quanti si allontanano da Dio), per questo si intrattiene con i peccatori. Agli occhi di Gesù non c’è situazione disperata per nessuno, la salvezza che egli è venuto a portare è per tutti. E però necessario riconoscersi peccatori, bisognosi di lui e del suo perdono. Gesù è venuto proprio per richiamare i peccatori alla conversione. I farisei che si ritengono giusti e quindi sicuri della salvezza, considerata come una ricompensa per le loro opere, rifiutano il messaggio di Gesù. La conversione è dono di Dio: è lui che cambia il cuore, però richiede la risposta dell’uomo. Siccome Dio non si compiace della morte del peccatore, ma desidera che viva, la conversione è fonte di gioia.

Ai nostri giorni è più che mai necessario riscoprire e prendere coscienza che Dio è il Pastore Bello, Dio è nostro Padre, è Amore Misericordioso, buono e premuroso, che ama stare con i suoi figli; essere stimolati a vivere questa meravigliosa realtà significa attingere alla sorgente di acqua viva, zampillante, eterna, che si chiama Amore Misericordioso. Dio vuole essere non soltanto Dio ma Padre, dire “Padre” significa raggiungere la ragione di una proprietà intima, poiché è manifestare che Dio ha generato e che quindi ha dei figli, “Padre” è dunque in certo qual modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per “eccellenza”. Essendo Padre, il suo amore non viene mai meno: è “misericordioso”, poiché la caratteristica della bontà di Dio è di “donare i suoi benefici a coloro che egli ama”.

La pecora che lascia il gruppo e si perde nel deserto è l’immagine dell’anima che si è “staccata” dall’amore del suo Pastore, e si è inoltrata nell’indistinto e nell’isolamento; una separazione che facilita il dubbio e l’angoscia e predispone il sopravvento del “demonio”, perché l’uomo che si stacca dal Padre cerca disperatamente altre sicurezze che possono portare alla completa perdita di se stesso. Nonostante questo, l’uomo rimarrà per sempre l’oggetto dell’amore di Dio, come una pecora sarà sempre di un valore enorme per il pastore che, per questo, lascia le altre novantanove da sole al sicuro per cercarla nel deserto.

Il Dio che Gesù rivela attraverso questa parabola manifesta un amore forte, quasi possessivo; egli è il Dio “geloso” dell’Antico Testamento, che non vuole rassegnarsi a perdere chi rappresenta per lui un grande valore, perché parte integrale del suo gregge e del suo amore; un Dio che al tempo stesso evidenzia anche una cura e una preoccupazione materna, perché da solo, nel “deserto”, separato da lui, qualsiasi uomo è in pericolo e può essere perso per sempre.

In questo comportamento di Dio emerge il suo amore e la sua sofferenza , Egli, si sente quasi tradito e soffre perché, per lui, la perdita di un’anima è sempre una sconfitta, e per questo cercherà sempre di ricondurre all’ovile ogni pecora smarrita. Per trovare la pecora smarrita pastore deve ripercorrere nel deserto lo stesso cammino pieno d’insidie e pericoli “entrando” nella stessa realtà di solitudine, e rifare la stessa esperienza esponendosi, così, al pericolo della morte e al rischio del non ritorno. Anche Dio con l’Incarnazione del Verbo è entrato nel deserto dell’esperienza umana alla ricerca dell’uomo peccatore; egli “abbracciando” la condizione umana, in Cristo, ha lasciato la sua gloria per condividere la prova del “deserto” dell’uomo, e per andarlo a ritrovare proprio là dove più grande era il pericolo.

Qui contempliamo una misericordia senza limiti di Dio. Ognuno di noi, deve fare i conti ogni giorno con le proprie fragilità e i propri limiti, ma possiamo sempre contare sull’amore smisurato di Dio. Possiamo anche sbattere la porta di casa per fuggire alla ricerca di nuove sensazioni, allontanarci, perderci, rimanere schiavi dei nostri stessi sbagli, ma Dio non ci abbandona al nostro destino. Anzi, più prendiamo le distanze da Lui e più ci cerca. Colui che è stato da sempre pensato in termini di onnipotenza, di inavvicinabilità e di giustizia, vive invece all’insegna di un amore folle, perché è, prima di tutto e soprattutto, Padre!

Ancora una volta Cristo rivela il volto del Padre in un modo incomprensibile a chi ha il cuore indurito e non si apre alla misericordia divina. Il comportamento di un tale Pastore è paradossale fino all’assurdo di lasciare 99 pecore per cercarne una smarrita. La gioia del pastore per il ritrovamento della pecora smarrita è la gioia di Dio che ha ripreso possesso dell’oggetto del suo amore; una gioia intimamente legata alla sua realtà di Padre e Creatore. Dio è felice di essere un Padre che dona gratuitamente il suo amore accogliente; una gioia così traboccante che non può che essere condivisa. Dio vuole la salvezza individuale di tutti gli uomini; non gli è sufficiente un numero, più o meno, considerevole di eletti, perché la sua volontà salvifica vuole coinvolgere ogni sua creatura. Se vi fosse anche una sola anima da salvare, la sua provvidenza cercherebbe ogni mezzo per renderle possibile questo ritorno, ed è per questo che il Verbo si è fatto uomo.

Cristo è veramente il Buon Pastore che conosce per nome ognuna delle sue pecorelle, e la sua missione di ricondurre all’ovile le pecore perdute d’Israele (l’intera umanità) è ora demandato ad ogni vero cristiano; egli si è chinato in particolare verso gli umili ed i peccatori, ai quali ha offerto i tesori del suo amore misericordioso affinché ritrovassero la salvezza in Dio.

 

 

 

 




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