Dodicesimo Rapporto di Antigone: “Galere d’Italia”

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L’Associazione Antigone ha presentato, presso l’Associazione Stampa Romana, “Galere d’Italia”, il dodicesimo Rapporto sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane. Il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha specificato quali siano i punti deboli del sistema penitenziario italiano:

R. – In un sistema che fortunatamente ha visto, negli ultimi tre anni, diminuire la popolazione detenuta di oltre 15 mila unità e che finalmente ha visto, per esempio, la nomina di un garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, di un sistema dove fortunatamente ora c’è più spazio vitale, continuano a esserci ombre. Per esempio, eccesso di persone in custodia cautelare, il 35% della popolazione detenuta mentre la media europea è del 20%. Una componente straniera che è eccessiva nei numeri rispetto alla tipologia di reati che commette che di solito sono di bassissimo livello di gravità e rispetto alla quale i servizi di sostegno all’interno delle carceri è molto basso. Noi denunciamo una presenza minima di mediatori culturali che non aiuta. Sosteniamo,, per esempio, che dovrebbe esserci un investimento maggiore sulla questione della scuola e dell’istruzione, anche dell’istruzione universitaria. Vorremmo che in ogni regione ci fosse una sezione universitaria: studiare emancipa da scelte di vita deviante. E vorremmo che sulla questione della famiglia i detenuti non fossero abbandonati, perché molte volte capita di trovare persone giovani che muoiono in carcere per malattie non gravi: in carcere si può morire di polmonite, ancora…

D. – Quali risultati, invece, sono stati raggiunti?

R. – Sicuramente, c’è una riduzione del tasso di affollamento e questo è importante. Siamo ritornati entro numeri adesso “accettabili” nel tasso di affollamento, cioè inferiore al 110%. Partivamo dal 160-170, quindi questa è una gran cosa. E poi, la vita nelle sezioni: fortunatamente, adesso almeno otto ore vengono trascorse fuori dalla cella, non sempre in attività significative, dal punto di vista sociale e lavorativo, ma è sempre importante che questo accada. Poi, i diritti: è stato nominato un garante che sta finalmente al lavoro. E’ Mauro Palma, ex presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, e questo è un grande significato rispetto alla questione della tutela dei diritti in carcere. Questi risultati, se si accompagnassero all’introduzione del delitto di tortura nel Codice penale, ci farebbero stare più tranquilli e anche moralmente più degni all’interno della comunità internazionale.

D. – Al momento, quante persone sono in stato di detenzione in Italia?

R. – I detenuti oggi sono circa 53.500. Erano 68 mila quando l’Italia fu condannata dalla Corte europea dei diritti umani. Sono reclusi in poco meno di 190 carceri e abbiamo un tasso di detenzione che più o meno è nella media europea: i Paesi del Centro-Nord Europa hanno tassi di detenzione inferiori, i Paesi del Sud e dell’Est dell’Europa hanno tassi di detenzione superiori. Noi siamo più o meno nella media.

D. – In quali condizioni vivono questi detenuti?

R. – Condizioni molto diversificate da carcere a carcere, purtroppo come il sistema pubblico delle scuole, della salute: è molto diversificato. Quindi, come abbiamo dei luoghi dove in carcere si svolgono attività significative, rilevanti, altri dove invece non si fa nulla. Alcuni luoghi dove la violenza è totalmente bandita e altri dove purtroppo è tollerata. Dei luoghi dove l’isolamento disciplinare è fatto secondo norma, dei luoghi dove invece non è fatto secondo norma.

D. – Come viene pianificato il processo di reinserimento dei detenuti nella società?

R. – Ah… non viene pianificato! E’ lasciato al buon cuore degli operatori sociali, degli operatori penitenziari, della polizia, del direttore. Purtroppo, non c’è una vera e propria regia e questo è un problema, perché in mancanza di tutto questo, è tutto ovviamente a “macchia di leopardo”… Le cose non accadono così, casualmente: devono essere programmate, ci vogliono dei percorsi individuali di sostegno… Bisognerebbe investire nella scuola e nel lavoro prima di tutto, affinché poi si abbassi il tasso di recidiva. E’ dimostrato che un detenuto che ha occasioni che la vita non gli ha dato in passato, che il carcere potrebbe dargli in quel periodo, avrà meno tentazioni di continuare a delinquere una volta uscito dal carcere. E purtroppo su questo non si investe. Ecco, noi ipotizziamo una regia pubblica dove gli attori siano l’amministrazione penitenziaria ma anche i volontari – tanti volontari che operano – i cappellani, gli operatori. Che tutti quanti si siedano insieme per cercare di risolvere il tema del reinserimento.




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