Il via libera della Corte Costituzionale della Colombia alle nozze tra persone dello stesso sesso non ha lasciato indifferenti i prelati del paese sudamericano. La Corte si era pronunciata giovedì, con sei voti a favore e tre contro, stabilendo che le coppie gay e lesbiche abbiano la facoltà di sposarsi creando però una forte reazione da parte della Chiesa cattolica. “Una sentenza iniqua”: così monsignor José Miguel Gómez Rodríguez, vescovo di Facatativá, in Colombia, ha commentato la decisione della Corte Costituzionale del Paese che ha dato il via libera al così detto “matrimonio ugualitario”, ovvero tra persone dello stesso sesso. “In comunione con tutti i fedeli cattolici e con tutte le persone timorate di Dio e dei suoi comandamenti – ha scritto il presule in una nota – esprimiamo il nostro dolore di fronte a tale sentenza”.
“Con serena sicurezza – ha inoltre ribadito monsignor. Gómez Rodríguez – denunciamo l’abuso d’ufficio perpetrato dalla Corte Costituzionale e ricordiamo a tutti che, anche nel più profondo rispetto per le diversità e nella garanzia della promozione costante dei diritti umani e della giustizia sociale, questa decisione va contro la legge naturale e, di conseguenza, contro l’umanità, contro la famiglia e contro la società”.
Il vescovo di Facatativá ha aggiunto che: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.
La Colombia è divenuto il quarto stato del Sud America (dopo Argentina, Brasile e Uruguay) ad avere detto sì ai matrimoni egualitari. Tra i sostenitori dell’iniziativa anche il Capo dello Stato, Juan Manuel Santos, che aveva parlato di discriminazioni contro le coppie omosessuali.
Da ricordare che, a novembre 2015, la Corte Costituzionale colombiana aveva già detto sì alle adozioni di minori per le coppie gay. Anche in quel caso, i vescovi avevano affermato che quella decisione violava i diritti fondamentali dei bambini mettendo al primo posto i diritti degli “adottanti”. “Riaffermiamo – si leggeva nella nota diffusa cinque mesi fa – la ferma convinzione che la famiglia composta da uomo e donna è il luogo privilegiato per offrire ai bambini le massime garanzie per una sana crescita e sviluppo, non solo nell’ambito materiale, ma anche sul piano psicologico, affettivo, etico e morale”.
Come non ricordare sulle nozze omosessuali le parole di Papa Francesco: “«Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». Il Pontefice, nell’udienza alla Rota Romana per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva ribadito che «la famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al sogno di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità» ma che «coloro che per libera scelta o per infelici circostanze della vita, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa”.
Concetto ribadito fortemente nell’esortazione post-sinodale ‘Amoris Latitia’: Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico delle città e dei villaggi. Non si avverte più con chiarezza che solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità. Dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società. Ma chi si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione coniugale?».
«Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Nei riguardi delle famiglie si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita. Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che “circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” ed è inaccettabile “che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”»