SPAZIO – Quella macchia rossa su Caronte

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Spazio – Caronte è la più massiccia delle cinque lune di Plutone. La sua massa è circa un tredicesimo di quella di Plutone, il suo diametro 1.270 chilometri e ruota attorno a Plutone a una distanza di soli 19.640 chilometri, tanto che alcuni pensano che i due corpi potrebbero costituire un vero sistema binario.

Quando la missione New Horizons della Nasa ha fatto il suo flyby attorno a Plutone, nel 2015, ha rilevato la presenza di una grossa macchia rossastra attorno al polo nord di Caronte, precedentemente osservata dal telescopio spaziale Hubble che però non era riuscito a risolvere. Gli astronomi avevano ipotizzato che la colorazione fosse il frutto dell’interazione fra la luce ultravioletta del Sole e le molecole di metano, che vengono catturate dopo essere fuggite dalla superficie di Plutone e si congelano sulla superficie polare di Caronte durante l’inverno. In un articolo pubblicato su Science Advances, gli scienziati offrono una spiegazione più precisa del processo all’origine della macchia.

Gli scienziati hanno messo in piedi esperimenti di “fotolisi dinamica” in laboratorio per studiare a fondo l’effetto dell’esposizione di metano condensato a fotoni energetici (i fotoni cosiddetti Lyman-alfa, nell’ultravioletto). In particolare, in laboratorio è stata misurata la composizione e il colore degli idrocarburi prodotti sull’emisfero invernale di Caronte quando il metano si scongela sotto il flusso dei fotoni Lyman-alfa. L’analisi di laboratorio è stata poi completata con lo sviluppo di un modello atmosferico del satellite per mostrare la decomposizione del metano in residui sulla macchia polare nord.

Il modello mostra che ci sono pulsazioni stagionali esplosive nell’atmosfera di Caronte, dovute a cambiamenti estremi nelle condizioni ambientali durante l’orbita di Plutone intorno al Sole. Per quel che riguarda la distribuzione degli idrocarburi complessi che emergono dalla decomposizione del metano sotto l’influenza della luce ultravioletta, il modello prevede che le zone polari generino principalmente etano, un materiale incolore che non contribuisce al colore rossastro. Gli autori pensano, però, che la radiazione ionizzante del vento solare decomponga la brina polare per sintetizzare materiali sempre più complessi e più rossi, responsabili dell’albedo unico di Caronte. L’etano è meno volatile del metano e rimane congelato sulla superficie di Caronte molto tempo dopo l’alba di primavera. L’esposizione al vento solare, quindi, può convertire l’etano in depositi superficiali rossastri persistenti che colorano la calotta di rosso.




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