Papa Francesco incontra i volontari della Protezione Civile

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Papa – “Mai più la guerra!”. Dinanzi al dramma dell’Ucraina sul quale si infrange il sogno di pace della gente, Francesco riverbera il grido di Paolo VI del 4 ottobre 1965 all’Onu. Il Papa riceve in udienza i volontari Protezione Civile italiana nel Palazzo Apostolico e, guardando all’emergenza dei tanti profughi in fuga da quella che stigmatizza come una “guerra assurda”, scandisce: “Ogni guerra segna una resa nei confronti della capacità umana di proteggere. Una smentita di ciò che sta scritto nei solenni impegni delle Nazioni Unite”.

Il Papa, come già nell’udienza generale del 6 aprile scorso, nel suo discorso chiama nuovamente in causa l’Onu e torna a ribadire “il sacro diritto dei popoli alla pace”. Quindi ringrazia agenti e volontari della Protezione Civile per l’impegno “per l’assistenza umanitaria e l’accoglienza in Italia dei profughi provenienti dall’Ucraina, specialmente donne e bambini fuggiti da questa guerra assurda”.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Presidente per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome di tutto il servizio nazionale della Protezione Civile. So quanto è benemerita la vostra opera e mi piace ricordare quanto bene avete fatto durante la recente pandemia, soprattutto nelle sue fasi più acute. Vi siete resi disponibili per aiutare le famiglie più fragili; avete svolto servizi di accompagnamento e sicurezza verso anziani e persone vulnerabili; avete assistito tanti che erano malati, poveri o soli a casa. Avete sostenuto la campagna di vaccinazione con competenza e gratuità attraverso l’azione di volontari. Ugualmente non è mancato il vostro impegno per l’assistenza umanitaria e l’accoglienza in Italia dei profughi provenienti dall’Ucraina, specialmente donne e bambini fuggiti da questa guerra assurda. Grazie per quello che avete fatto e che continuate a fare nel silenzio. Il bene non fa rumore ma costruisce il mondo.

Vorrei condividere con voi tre spunti di riflessione e di azione, suggeriti dalla parola che ispira il vostro servizio: protezione. Voi siete posti a protezione delle persone più esposte a pericoli e fragilità. Si tratta di una missione che ricorda quella del Buon Samaritano del Vangelo (cfr Lc 10,29-37). Dedicate tempo, vi prendete cura e offrite competenze e servizi. Quando questo avviene, la società ne esce migliorata. Il verbo “proteggere” indica il prendersi cura del fratello verso il fratello, una fraternità concreta, il custodire la vita, preservarla, vigilare su di essa. La “protezione civile” che voi garantite mi fa pensare a questi tre aspetti.

La prima protezione di cui abbiamo bisogno è quella che ci preserva dall’isolamento sociale: proteggere per non cadere nell’isolamento sociale. È un modo molto importante di dare voce alla speranza. Non dimentichiamo che «la recente pandemia ci ha permesso di recuperare e apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. Siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa […]. Hanno capito che nessuno si salva da solo» (Enc. Fratelli tutti, 54).

In questa descrizione trovo anche il vostro impegno e la vostra testimonianza. Davvero non ci si salva da soli. Abbiamo bisogno di capire e di vedere che la nostra vita dipende da quella degli altri e che il bene è contagioso. Farsi prossimo dei fratelli ci rende migliori, più disponibili e solidali. E nello stesso tempo la nostra società diventa un po’ più vivibile. Nella misura in cui questi atteggiamenti crescono e si connettono in uno stile di cittadinanza solidale, allora davvero costruiscono una “protezione civile”. Le emergenze di questi anni, legate all’accoglienza dei profughi che fuggono da guerre o da cambiamenti climatici, ricordano quanto sia importante incontrare qualcuno che tende la mano, che offre un sorriso, che spende tempo in modo gratuito, che fa sentire a casa. Ogni guerra segna una resa nei confronti della capacità umana di proteggere. Una smentita di ciò che sta scritto nei solenni impegni delle Nazioni Unite. Perciò San Paolo VI, parlando all’ONU, proclamò: «Mai più la guerra!» (4 ottobre 1965). Lo ripetiamo oggi davanti a ciò che accade in Ucraina, e proteggiamo il sogno di pace della gente, il sacro diritto dei popoli alla pace.

La seconda protezione da promuovere è quella dai disastri ambientali – ho conosciuto lui [il Presidente] proprio in terra terremotata –. Ho spesso ricordato un antico detto spagnolo che recita: «Dio perdona sempre, gli uomini perdonano ogni tanto, la natura non perdona mai». I cambiamenti climatici del nostro tempo hanno moltiplicato gli eventi atmosferici estremi, con conseguenze drammatiche per le popolazioni civili. L’impatto è catastrofico per persone che perdono la casa a motivo di esondazioni dei corsi d’acqua, di trombe d’aria, di dissesti idrogeologici. La terra grida! Quando forziamo la mano, la natura mostra il suo volto crudele e l’uomo è schiacciato, costretto a gridare la sua paura. L’intervento della Protezione Civile è stato fondamentale anche in caso di terremoti, a testimonianza della vocazione a proteggere le persone colpite da simili tragedie. La protezione è segno di cura per il territorio che abitate: siete presidio per salvare vite umane e per promuovere le comunità. Siamo chiamati a proteggere il mondo e non a depredarlo.

La terza protezione avviene attraverso la prevenzione. «Ciascuno ama e cura con speciale responsabilità la propria terra e si preoccupa per il proprio Paese, così come ciascuno deve amare e curare la propria casa perché non crolli, dato che non lo faranno i vicini. Anche il bene del mondo richiede che ognuno protegga e ami la propria terra» (Fratelli tutti, 143). La prevenzione si può realizzare coinvolgendo i vari soggetti responsabili dell’amministrazione di un territorio. Occorre formare le coscienze perché i beni comuni non siano abbandonati o vadano solo a vantaggio di pochi. E vigilare perché eventi avversi non scatenino disastri irreparabili sulla gente. In senso positivo, è importante educare alla bellezza, a custodire storie di vita e tradizioni, culture ed esperienze sociali. Facendo questo, voi diventate artigiani di speranza, quella virtù che «è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa» (ibid., 55).

Proteggere è dunque prendersi cura. Sappiamo farlo con tenerezza solo se riconosciamo che noi per primi siamo custoditi. Dio è Padre, si prende cura di noi e non ci lascia mancare il suo amore. Il profeta Isaia ricorda che Dio ci ha disegnato «sulle palme delle sue mani» (49,16). Non abbandona mai, sempre prende per mano e accompagna, protegge e sostiene. Anche un Salmo ci ricorda che «il Signore protegge i piccoli» (116,6). Se ci sentiamo custoditi da Lui, impariamo una generosa protezione verso i fratelli e le sorelle, come ci insegnano tanti esempi di santi e sante.

E non vorrei finire senza sottolineare una parola: volontariato. Voi siete volontari. Io ho trovato tre cose in Italia che non ho visto da altre parti. Una di queste tre cose è il forte volontariato del popolo italiano, la forte vocazione al volontariato. È un tesoro: custoditelo! È un tesoro culturale vostro, custoditelo bene!

Cari amici, vi incoraggio a continuare la vostra opera di bene tra i più bisognosi, secondo la testimonianza luminosa del vostro patrono San Pio da Pietrelcina. Vi accompagno nella preghiera, benedico tutti voi e le vostre famiglie. E vi chiedo, per favore, di pregare per me, perché questo lavoro non è facile! Grazie.




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