Tragedia sul Monte Rosa. I pericoli della montagna

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Monte Rosa – Bloccate ad alta quota, a 4.150 metri, due alpiniste italiane, originarie del Piemonte, hanno trovato la morte per ipotermia sul Monte Rosa. Con loro si trovava anche un uomo, che ha riportato gravi segni di congelamento agli arti, ma è sopravvissuto.  I tre erano partiti nella giornata del 3 luglio per l’ascensione della Piramide Vincent, raggiungendo la vetta nel pomeriggio, all’inizio di una bufera.

L’allarme e i soccorsi

Non potendo rientrare a valle, il gruppo ha dato l’allarme ed è stato poi individuato da un elicottero del Soccorso alpino della Valle d’Aosta. Il recupero è stato reso impossibile dalle condizioni meteo avverse.

I tre sono stati raggiunti solo intorno alle 21 dalle squadre a piedi. Una delle scalatrici è morta pochi minuti dopo l’arrivo dei soccorritori, mentre per l’altra è stato fatto un tentativo estremo di rianimazione da parte del medico del rifugio Mantova. L’uomo è stato invece trasportato in Svizzera dall’elicottero di Air Zermatt.

Le operazioni di recupero dei tre, portate avanti nonostante il tempo estremo, hanno partecipato i tecnici del Soccorso Alpino Valdostano, i soccorritori di Alagna e gli uomini del Soccorso Alpino della Guardia di finanza di Cervinia, a cui sono affidate le indagini.

Chi erano le vittime

Martina Svilpo e Paola Viscardi avevano 29 e 28 anni. Come riporta il Corriere della Sera, le due amiche condividevano la forte passione per la montagna. Martina era residente a Crevoladossola ed era un’impiegata; Paola invece era di Trontano ma viveva a Bellinzona, dove faceva l’insegnante. Purtroppo ancora una volta sfidare la montagna in condizioni avverse è stato un rischio fatale.

I PERICOLI DELLA MONTAGNA

Andare in montagna richiede cautela e prudenza, esperienza, perlomeno bisogna avere la consapevolezza dei propri limiti e la capacità di accettare con umiltà i buoni consigli di chi ne sa di più.

Tradizionalmente i pericoli per chi va in montagna si distinguono in due categorie:
✔ pericoli soggettivi
✔ pericoli oggettivi.

I pericoli soggettivi che sono anche la causa maggiore degli incidenti, dipendono dalla persona stessa, dalla preparazione personale e quindi dalle proprie azioni, per cui possono e devono essere evitati.
I pericoli oggettivi sono inerenti e legati alla natura stessa della montagna, alla sua morfologia e al tempo; devono essere “accettati” se si vuole andar per monti e perciò bisogna conoscerli il più approfonditamente possibile per prevenirli e nel momento in cui si manifesti il pericolo adottare il comportamento più idoneo per evitare o limitare per quanto si possa l’incidente.

Molte sono la cose da sapere: quali difficoltà o pericoli presenta il percorso, dove si nascondono le insidie, la situazione meteorologica.
L’inconsapevolezza, l’imprudenza, la distrazione e la sottovalutazione dei pericoli oggettivi sono le cause maggiori degli incidenti in montagna.
Innanzitutto occorre non partire mai soli; lontano dai centri abitati un banalissimo incidente può tramutarsi in una tragedia.
L’itinerario va studiato nei particolari consultando guide e cartine, prendendo appunti o fotocopiando l’eventuale relazione da portare con sé nell’uscita; calcolo dei tempi di salita e discesa.
Nella ipotesi di un gruppo occorre tenere conto del numero dei partecipanti del loro grado di preparazione, allenamento e attrezzatura commisurando l’itinerario alle capacità del componente più debole.

Della meta, l’itinerario previsto e la probabile ora del ritorno dovrebbero essere informati a casa i parenti e al punto di partenza l’albergatore o il rifugista.
Scrivete sul libro del rifugio la meta, la via prescelta e il nome dei partecipanti, lasciate inoltre ben visibile sul cruscotto dell’auto un biglietto con le informazioni del vostro itinerario.

Nel caso si partecipi a escursioni o ascensioni organizzate e gestite da altri, anche se ritenuti esperti, non esimetevi dal documentarvi sull’itinerario e sulle sue particolarità, tempi, sia per la propria soddisfazione personale che per prepararsi ad affrontare qualsiasi evenienza.

L’ora di partenza deve essere anticipata il più possibile per disporre del maggior numero di ore di luce nel caso di imprevisti; se l’itinerario é su neve, essendo il mattino più dura per effetto della bassa temperatura, percorrere i pendii ghiacciati con attrezzatura adeguata spesso aumenta la sicurezza e diminuisce la fatica; inoltre si evita, sulla via del ritorno di trovarsi su ghiacciai e pendii da cui spesso si possono staccare valanghe causate dall’innalzamento della temperatura delle prime ore pomeridiane é noto che in montagna tale periodo della giornata coincide con il possibile peggioramento del tempo meteorologico quotidiano.

Esempio di ore di luce:
A metà maggio la durata della visibilità é di 16 ore e 30 minuti; inizia alle 5.15 (ora legale) e
termina alle 21.45.
A fine novembre la visibilità é di 10 ore e 30 minuti; inizia alle 7.00 (ora solare) e termina alle 17.30.

La montagna è per tutti, ognuno può trovare itinerari commisurati alle proprie possibilità ma ciò non
significa che l’escursionista o l’alpinista sia esente dal curare anche la propria condizione fisica.
Ad esempio paragonando l’attività in montagna ad un qualsiasi altro sport e un’escursione o
un’ascensione ad una “prestazione” o gara sportiva, l’atleta o gli atleti per ottenere il meglio della
“prestazione”, solitamente si presentano attrezzati, allenati, concentrati, e riposati (occhio alle ore di
sonno).

L’efficienza fisica aiuta a sopportare meglio l’inclemenza del tempo e a rimanere sempre lucidi anche
nei frangenti più difficili.

Previsioni meteo: é importante informarsi sulle previsioni meteorologiche e della tendenza del tempo in generale ed in particolare della località scelta per l’escursione o ascensione, occorre tener conto, in base alle propria personale esperienza, dei microclimi e delle particolari evoluzioni del tempo, legati alla conformazione della località scelta.
Munirsi di un altimetro, nelle escursioni di più giorni, può essere utile per non rischiare di imbattersi nel cattivo tempo su itinerari che non presentano vie di fuga immediate e sicure.
Attenzione ai temporali, i fulmini sono ancora oggi causa di morti accidentali in montagna.

PRIMA DI PARTIRE
Scelto l’equipaggiamento personale e collettivo in base al terreno che si dovrà affrontare (ghiacciai, roccia, ferrate, sentieri ecc…), la stagione; la quota e le condizioni meteo; la possibilità di rifugio e di soccorso; la lunghezza della gita ecc…, verificare il loro stato, come  le condizioni e numero delle corde; regolazione dei ramponi; rinvii, cordini, nuts, chiodi e martello, staffe, discensore ecc….

In ogni caso ognuno deve portare il proprio sacco con tutto il necessario, senza sovraccaricarsi di cose inutili (attenzione al peso o a scegliere di abbandonare il sacco), dentro il quale in qualunque stagione, non devono mancare mai le seguenti cose:
➢ giacca impermeabile/traspirante
➢ indumento caldo
➢ berretto e guanti di lana/pile (anche in piena estate)
➢ ricambio minimo
➢ torcia elettrica (frontalino) con batterie cariche e/o di ricambio

➢ kit di pronto soccorso comprensiva di telo termico (alluminizzato) e fischietto da
segnalazione
➢ borraccia e viveri di conforto

P.S. Tutti gli indumenti vanno messi nello zaino all’interno di sacchetti di plastica impermeabili.
Portate con voi la fotocopia (se in gruppo, più di una) dell’itinerario scelto, con scritte e
individuate tutte le vie di fuga possibili e il ritorno (eventuale schizzo di rotta).
Se prevedete l’utilizzo della corda, a casa, occorre esercitarsi sulle manovre di autosoccorso
(paranchi).
Ascoltate l’ultimo bollettino meteo e osservate il tempo (annuvolamento, vento, evoluzione
dell’altimetro).
Qualora il tempo fosse incerto consultarsi per decidere se partire, aspettare o rinunciare.

CONSIDERAZIONI SOGGETTIVE
Dalle considerazioni fatte finora emerge la consapevolezza che in montagna non ci si
improvvisa.
La mancanza di esperienza pratica e una inadeguata preparazione teorica come un equipaggiamento sommario sono motivo di pericolo; la non conoscenza degli elementi caratterizzanti della montagna impediscono una valutazione serena delle difficoltà e dei pericoli tanto da spingere l’escursionista o l’alpinista a sottovalutarli o ingigantirli.
Frequentare una buona scuola di escursionismo e di alpinismo é basilare; aggiornarsi, studiare la meteorologia, i percorsi, imparare a valutare le proprie capacità e il proprio grado di allenamento, far tesoro dei suggerimenti dei più capaci, sono i mezzi per ovviare a questo pericolo.

EVENTI METEOROLOGICI
Fulmini
Il temporale é un fenomeno meteorologico molto frequente in montagna soprattutto nel primo pomeriggio del periodo estivo e può rappresentare per escursionisti e alpinisti un grande pericolo a causa dei fulmini, di fronte ai quali ci si trova pressoché impotenti.
Sappiamo tutti che i fulmini sono scariche elettriche che si scatenano tra due nubi aventi carica diversa o tra la nube e la terra, ciò accade attraverso la via più corta per raggiungerla.
Pertanto tutti i luoghi più marcati come crinali, creste, vette, cime degli alberi sono zona di pericolo!
Sono fonte di pericolo tutti gli oggetti metallici che si possono trovare sul terreno o sulle pareti di roccia, come cavi di teleferica, scalette e cavi di ferrate, o più semplicemente l’attrezzatura metallica alpinistica personale (es. piccozza).

Nel caso ci si trovi ancora in escursione o ascensione nell’orario pomeridiano adatto alla formazione di nubi basse, scure e a sviluppo verticale , indice dell’arrivo di un temporale occorre abbandonare la salita e rapidamente portarsi lontano dalle zone sopracitate.
Nell’eventualità che il temporale sia ormai troppo vicino o addirittura in atto, occorre perlomeno allontanarsi da tutti gli oggetti metallici, personali o cavi di ferrata, teleferiche, ecc….

Non cercate riparo in una grotta o fessura della roccia perché il fulmine dopo aver colpito la cima, si scarica a terra attraverso le pareti verticali specialmente se percorse da fessure, colatoi, camini e piccoli corsi d’acqua in quanto sono degli ottimi conduttori.

Non sostate in luoghi omogenei piatti (per es. prati e ghiacciai pianeggianti) o sotto un albero isolato, allontanatevi dai grandi blocchi di roccia isolati, tetti o pinnacoli.
Scendete sotto le cime almeno di 15 m, meglio di più.
Su ghiacciaio pianeggiante e state in piedi, siete dei parafulmini; portatevi a ridosso di gobbe o sul fondo di avvallamenti.
Potendo, ripararsi dentro il bosco dove la copertura arborea é più omogenea, lontano dagli alberi che svettano sugli altri e sedersi ranicchiati con le ginocchia vicino al petto e piedi uniti, il corpo deve essere a contatto con il terreno in un punto solo.
In ogni caso bisogna cercare di ripararsi dalla pioggia con impermeabili, perché il corpo asciutto é meno raggiungibile dalle scariche, isolandosi dal terreno seduti sulla corda, il sacco a pelo o lo zaino, a patto che non contenga oggetti in metallo e non abbia cerniere o chiusure metalliche all’esterno.
Sostando in punti esposti occorre autoassicurarsi.
In attesa che il temporale cessi, evitare di alzarsi in piedi, alzare una mano, sollevare sopra la testa bastoncini, la piccozza o altri oggetti che funzionerebbero da parafulmine.
Gli effetti della corrente elettrica sull’organismo umano sono tremendi e nel caso del fulmine, spesso fatali.
Se l’intensità della corrente é elevata e la scarica é prolungata, si possono produrre ustioni su tutto il corpo e si può arrivare all’arresto cardiaco e quindi alla morte per shock elettrico.

Nebbia
La nebbia, tipica manifestazione meteorologica invernale, é, accanto alla pioggia e alla pioviggine, uno dei presupposti del gelicidio, cioè quella insidiosa e invisibile pattina di ghiaccio che può formarsi sul suolo e sulle rocce.
Le goccioline costituenti la nebbia gelano infatti non appena a contatto con il suolo avente temperatura inferiore allo zero.
Se invece le goccioline sono sopraffuse, cioè liquide, pur in ambiente sotto zero, il gelicidio si forma anche nel caso in cui la temperatura del suolo é di poco superiore allo zero.
Anche l’alpinista più esperto può perdere l’orientamento a causa della nebbia.
La bussola diventa uno strumento inutilizzabile se non si é pensato di preparare a tavolino precedentemente l’escursione uno “schizzo di rotta”; in mancanza del quale volendo continuare a camminare l’unico strumento che possa dare un aiuto é l’altimetro unito ad una buona e intuitiva lettura della carta topografica.
In possesso di abbigliamento idoneo per ripararsi dal freddo, risulta a volte più saggio fermarsi, trovare o costruire un riparo e attendere che le condizioni migliorino.

Vento e Tormenta
Risulta di fondamentale l’abbigliamento idoneo, intimo caldo e vestito a “cipolla” per evitare dispersioni di calore; esterno impermeabile e traspirante per evitare di bagnarsi, raffreddarsi e la possibile condensazione del vapore acqueo corporeo all’interno dell’indumento stesso, durante l’attività fisica.
Occorre valutare scrupolosamente la situazione e decidere in modo saggio sul proseguire o rinunciare.

ATTENZIONE!
Esempio del potere raffreddante del vento, il corpo umano risente la stessa perdita di calore a +10°C e 45 Km orari di vento, come a -30°C in assenza di vento.
Per evitare congelamenti, occorre tenere ben protette tutte le estremità, mani, piedi, capo, orecchie, naso.
Al sopraggiungere dei primi dolori frizionare le parti interessate; tenere sempre in movimento le dita delle mani e dei piedi.

Non calzate scarponi troppo stretti o con calze troppo spesse, se il sangue non può circolare liberamente si rischia più facilmente il congelamento delle estremità; nel caso toglierli e frizionare, ridurre lo spessore delle calze e mentre si cammina tenere le dita sempre in movimento.
Se superate la soglia del dolore e non sentendo più le estremità continuate senza intervenire, ve le state congelando!!!
La tormenta é una combinazione di vento, freddo, neve o pioggia; procedere diventa molto difficoltoso, l’orientamento difficile, la fatica e lo stress notevoli; può essere saggio fermarsi e cercare o costruire un riparo.
Mai ingerire sostanze alcooliche!!!!!
L’alcool é un vasodilatatore periferico che se ingerito vi procurerebbe un apparente sollievo iniziale per effetto dell’impulso cardiocircolatorio, al quale immediatamente succederebbe un veloce raffreddamento, a causa della maggiore esposizione al freddo dei capillari.

Sole
Provoca nelle ipotesi migliori scottature e ustioni a chi non si premunisce con creme protettive adeguate, che devono essere applicate ripetutamente in base alla livello di protezione.
Insolazioni (colpo di sole o di calore), disidratazione, se non si provvede alla difesa del capo con un cappello, e nell’esercizio fsico non si favorisce la ventilazione corporea, togliendo opportunamente del vestiario.
Attenzione! Il non portare occhiali da sole, soprattutto su ghiacciaio anche in caso di cielo
coperto, oltre a fastidiose irritazioni alle Congiuntive, può causare Oftalmie (cecità
passeggera).

Caduta pietre
Le piogge ed il gelo sono causa di erosione e frantumazione delle rocce.
Negli orari più caldi della giornata, soprattutto dove la roccia é più friabile, si manifesta la caduta naturale di pietre e sassi.
E’ sempre un fenomeno pericolosissimo, innescato talvolta da movimenti fallosi di alpinisti; quando accade occorre avere la prontezza di lanciare un grido di avvertimento: “sassi” ; chi si trova sotto deve portarsi il più possibile a ridosso della parete.
Occorre evitare di attraversare canaloni e zone a rischio, nelle ore più calde della giornata e non andare a godersi la pace e il sole alla base delle pareti, anche di quelle dall’aspetto più rassicurante.
In arrampicata e sotto le pareti mettere sempre il casco ed evitare di programmare scalate primaverili su vie di roccia friabile e quindi predisposta allo “scarico” e su itinerari molto affollati con diverse cordate che precedono.

Valanghe
Nel 90% dei casi le valanghe o slavine vengono staccate dagli infortunati stessi che, tagliando il pendio a rischio, fanno partire gli strati di neve instabili e ne vengono poi travolti.
Infatti se un pendio é valangoso, anche il solo peso di una persona può favorire il distacco delle valanghe perché potrebbe rompere quel particolare equilibrio meccanico che tiene la neve aggrappata al pendio.
Bastano 30 cm di neve fresca per rendere pendii inclinati a 28/30° pericolosi.
Va da se che un comportamento accorto e corretto, atto alla valutazione delle “condizioni” (quantità di neve, inclinazione del pendio, orario del giorno, temperatura dell’aria, presenza di vento) potrebbe scongiurare la maggior parte degli incidenti.
Il pericolo esiste soprattutto in inverno e primavera, più raro in estate se non alle alte quote.
Anche se si conoscono casi eccezionali nei quali il travolto da valanga é stato tratto in salvo dopo una settimana dal momento dell’incidente, la probabilità di sopravvivenza sono dell’80% subito dopo il seppellimento e si riducono al 40% dopo un’ora, al 20% dopo due ore, dimezzandosi così per ogni ora che passa.
Ne consegue che la prima mezz’ora dal momento dell’incidente, durante la quale si ha ancora il 60% di probabilità di trovare persone in vita, é fondamentale per effettuare un soccorso adeguato.
Considerando la possibilità di seppellimento di un metro si hanno percentuali di sopravvivenza leggermente superiori, ma anche in questo caso é fondamentale il disseppellimento entro la prima mezzora dal momento dell’incidente.
Per quanto riguarda le cause di morte, quelle più frequentemente riscontrate sono nell’ordine: soffocamento (73%), ipotermia (13%), traumi (13%), varie (1%) (dati Aineva).
Ancora una volta occorre sottolineare come nel’86% dei casi diventa primaria importanza la velocità di ritrovamento e disseppellimento della persona travolta tramite l’uso dell’ARVA e della Pala (autosoccorso).

IMPORTANTE!!!!!!!!!!
Dotarsi di apparecchio ARVA e mantenersi pratici negli esercizi di ricerca.
Controllare prima di ogni uscita che le batterie del ricetrasmettitore siano sufficientemente
cariche.
Esistono vari tipi di valanghe perché sono diversi i fattori climatici e morfologici che influiscono gli uni sulla trasformazione della neve e gli altri sulla possibilità di trattenere o meno un quantitativo di massa nevosa.
Per comprendere appieno i fenomeni nivologici, occorre un approfondito studio teorico e sul terreno, pertanto il consiglio é di informarsi sempre prima di una uscita in neve, presso gli enti preposti all’analisi nivometeorologica.
Non mettetevi in marcia mai dopo abbondanti nevicate, occorre attendere che la neve si
assesti perché il pericolo diminuisca.
Il consolidamento iniziale avviene rapidamente quanto più la temperatura é mite, mentre il
freddo persistente lo ritarda.
Raccolte le informazioni che permettano una buon margine di sicurezza per portare a termine
con relativa tranquillità l’uscita, occorre comunque cercare di individuare un comportamento
sul campo come se il pericolo fosse sempre incombente.

Comportamento sul campo
 attivare in trasmissione l’apparecchio ARVA e controllarne il funzionamento;
 seguire nella salita, costoni, e creste;
 evitare traversate di pendii ripidi e se indispensabile, farlo il più alto possibile e in
leggera discesa;
 evitare di attraversare anche la base immediatamente sotto un pendio ripido;
 passare da un punto sicuro (alberi, rocce, ripiani) al successivo più vicino;
 evitare pendii sottovento dove la neve é ammucchiata e compressa dal vento, in
particolare sotto cornici e creste;
 le comitive devono suddividersi in piccoli gruppi che procedono distanti fra loro
sostando solo in luoghi sicuri.
 avendo gli sci, all’occorrenza portarli sullo zaino fno in vetta e scendere con curve il
più possibile sulla verticale;
Nei tratti particolarmente pericolosi adottare le seguenti precauzioni:
 svolgere il cordino da valanga;
 tenere opportune distanze in modo che mai più di una sola persona alla volta si trovi
in zona pericolosa;
 slacciare gli eventuali cinturini di sicurezza degli attacchi da sci e
“saggio sui PERICOLI IN MONTAGNA” elaborazione a cura di Massimo Bassoli 6
 sfilare le mani dal laccio dei bastoncini o della piccozza, poiché in caso di valanga
potrebbero costituire ancoraggi pericolosi;
 é considerata una libera scelta: tenere lo zaino da un solo spallaccio, in modo da
poterlo sfilare meglio, in modo da evitare la possibilità di essere maggiormente
mantenuti sotto la neve per effetto del peso e del maggior ingombro; o tenerlo ben
allacciato per utilizzarlo come una protezione dagli eventuali urti sui massi affioranti;
probabilmente la decisione può essere presa in base alle condizioni
 contingenti (innevamento, rocce afioranti, morfologia del terreno); della natura del
territorio circostante e dell’innevamento;
 tenere d’occhio in continuazione chi si trova in zona di pericolo, per avvisarlo
tempestivamente o, se travolto, poter individuare esattamente la sua posizione;
 non lasciarsi sorprendere; procedendo, tenere sotto controllo il punto sicuro più vicino
verso il quale, occorrendo, poter sfuggire con discesa diagonale.
E se travolti dalla valanga???
 cercare di liberarsi di tutto ciò che potrebbe creare impedimento ( laccioli degli sci e dei
bastoncini,);
 tenere la bocca chiusa;
 cercare di aggrapparsi ad alberi o rocce affioranti;
 sforzarsi di restare a galla con movimenti natatori e puntare verso l’orlo della massa in
moto;
 nel rallentamento e nell’imminenza dell’arresto della valanga cercare di allungare il
corpo verso l’alto e con le braccia davanti al viso, crearsi il maggior spazio possibile per
poter respirare.
Cornici di neve
Sono formazioni nevose in cresta, che vengono originate dall’azione del vento, instabili, non
appena si rompe quel rapporto di forma-trazione che le tiene ancorate, crollano e talvolta nel
precipitare investendo pendii carichi di neve instabile, possono causare il distacco di
valanghe.
Solitamente il distacco delle cornici, é naturale ma è causato dal peso di un alpinista.
Occorre prestare attenzione percorrendo una cresta con cornice ad individuarne la linea di
frattura e restarne al di sotto, senza lasciarsi attrarre dall’invitante ma pericoloso graduale
appiattimento della sua sommità.
Crepacci e ponti di neve
Ogni ghiacciaio ricoperto di neve é pericoloso e vi si procede sempre legati in cordata; va da
se che, chi vi ci si avventura deve conoscere, senza indugi, le manovre di progressione e di
autosoccorso (paranchi) per recuperare una persona che accidentalmente cade in un suo
crepaccio.
Dette manovre devono essere ripetute di frequente per garantirne la funzionalità.
Procedendo in cordata la corda va tenuta in tensione, prestando attenzione al terreno e
tenendosi sempre pronti ad un eventuale necessità improvvisa di bloccaggio.
La dove vi siano dubbi, si sonda la consistenza del ghiaccio con la piccozza, prima di salire su
di un ponte di neve.
Si ricordi che non é pericoloso un crepaccio visibile, largo e aperto, ma bensì quello nascosto
sotto un ponte di neve che, se non sufficientemente solido, può crollare sotto i nostri piedi.
Se il ponte non ci convince, dobbiamo creare un punto di sosta al quale ci assicuriamo, il
primo di cordata in modo da bloccare poi la corda con facilità in caso di caduta.

Se si viene inghiottiti da uno stretto crepaccio, può essere sufficiente allargare le braccia per
rimanere in superficie; nelle condizioni fisiche migliori é meno laborioso risalire con le
proprie forze (in piolet traction) che farsi recuperare dal compagno.
Attenzione all’attraversamento dei ponti di neve nelle ore estive più calde e in occasione di
sensibili variazioni di temperatura.
Seracchi
Essendo sempre molto evidenti, sono più facilmente evitabili ma le complesse forze che
determinano il movimento di queste masse di ghiaccio, sottraendosi ad ogni previsione
possibile ne possono determinare il crollo improvviso e imprevedibile.
Dovendo attraversare una seraccata, occorre evitare le solite ore più calde della giornata
(primo pomeriggio) e le prime della notte, all’inizio del rigelo; e cercando di velocizzare il
passaggio, se non si riesce a trovare un varco sulle rocce laterali, ci si tenga il più possibile alle
estremità.
Alta quota
La diminuzione dell’ossigeno presente nell’aria con l’aumentare della quota e della relativa
pressione, può causare problemi.
L’alta quota é causa del “mal di montagna”; può comparire al di sopra i 3000 m, ma in soggetti
più predisposti anche a quote inferiori.
Nausea e mal di testa persistente sono i sintomi che avvisano del mancato adattamento al
variare della quota.
L’unico rimedio é scendere rapidamente di quota; il persistere può causare edema polmonare
o nei casi estremamente gravi, edema celebrale, portando il soggetto alla morte.
Per effettuare in sicurezza una salita d’alta quota, occorre procedere distribuendo in dislivello
dell’ascensione in più giorni, per dare tempo al fisico di acclimatarsi; se neanche in questo
modo si ottenesse un risultato positivo, si può pensare ad una grave incapacità di
adattamento del soggetto per cause fisiologiche; quindi sarebbe opportuno rinunciare.
Cascate di ghiaccio
Affascinanti e pericolose, vanno affrontate solo se il ghiaccio non é in fase di trasformazione.
L’alta temperatura ed il ghiaccio troppo secco sono un pericolo.
Si dovrebbe tenere conto della linea isotermica degli zero gradi, la cascata in questione deve
trovarsi ad una quota al di sopra di detta linea.
La salita in piolet traction delle cascate implica una buona preparazione tecnica, un adeguato
equipaggiamento ed esperienza.
Le soste vanno posizionate il più possibile lontano dalla verticale del successivo tiro di corda
per evitare che tutto il ghiaccio staccato dal primo di cordata cada esattamente sopra il
secondo.
Nella salita evitare di piccozzare sopra i rigonfiamenti del ghiaccio, esplodono in molti pezzi
anche grossi e non danno buone garanzie di tenuta; altresì evitare di battere sulle stalattiti di
ghiaccio, non servirebbe che a staccarle, si deve cercare di infilare la piccozza nelle piccole
fessure fra di esse e progredire mantenendo una trazione costante verso il basso.
Per quanto riguarda l’attrezzatura portarsi un paio di guanti di ricambio e una becca di scorta
per la piccozza.
A casa prima di partire, vanno affilate a mano (non a mola; il calore prodotto dalla velocità
della pietra sugli attrezzi, potrebbe surriscaldandoli, pregiudicarne l’originale robustezza) le
becche delle piccozze e le punte dei ramponi, avendo cura, togliendo eventuali tracce di
ruggine, di porre su di essi un velo protettivo a base di olio siliconico.
Nella eventualità della rottura della becca di una piccozza, dobbiamo essere in grado di
sostituirla facilmente e velocemente.

Questo sarà possibile, se, forniti delle brugole o chiavette necessarie, saremo in grado, senza
eccessivi sforzi, di togliere le viti di fissaggio; per questo prima di ogni uscita le suddette
andrebbero svitate ed avvitate senza stringerle eccessivamente, in modo di prevenirne
l’eccessivo bloccaggio favorito anche dalle condizioni di particolare freddo e umidità che
contraddistinguono la salita delle cascate di ghiaccio.

Vie Ferrate
Sono frequenti gli incidenti a causa di una diffusa mancanza di corretta valutazione dei pericoli insiti di questa attività, nonché di attrezzatura errata.
E’ un’attività alpinistica di arrampicata che permette al frequentatore di fruirne autonomamente, procedendo in autoassicurazione.
Ne deriva che in assenza dei 50/60 m di corda a disposizione di una normale cordata formata da due alpinisti, si ha a disposizione uno spezzone di corda breve che se non fosse montato correttamente su un dissipatore di energia, in caso di caduta, per la sua limitata dinamicità, per effetto della energia cinetica che si accumula durante la caduta, andrebbe ad esprimersi direttamente sul corpo dell’arrampicatore e potrebbe creare seri danni e fratture.
Attrezzatura: casco, imbrago completo, kit da ferrata con dissipatore di energia.
La progressione in ferrata deve prevedere l’aggancio di un moschettone prima dello sgancio dell’altro; almeno uno dei due moschettoni deve sempre tenerci collegati alla ferrata.
Occorre sempre tenere una distanza di sicurezza da chi ci precede per evitare che una sua caduta ci investa e ci faccia precipitare a nostra volta.
Il kit da ferrata dovrebbe essere collegato all’imbracatura ad un aggancio sternale per evitare che nel caso di caduta, l’arrampicatore si giri con la testa al suolo, per effetto del maggior peso della parte superiore del corpo unito ad un eventuale zaino.
Girarsi sotto sopra può causare lo sbattere della nuca sulla roccia o, al tendersi della corda, si possa accusare un pericolosissimo forte colpo con possibile frattura a livello delle vertebre lombari.

Ghiaioni
Un buon paio di scarponcini semirigidi e casco in testa per affrontare in sicurezza, la salita di
pendii ghiaiosi e coni detritici.
Si percorrono i bordi, dove le pietre sono più grossolane, facendo piccoli e controllati passi.
Per limitare il pericolo di essere colpiti da pietre, portarsi fuori dalla perpendicolare di attraversamento di persone più in alto e si si é una comitiva, attraversare le zone a rischio uno alla volta.
Viceversa, in discesa soprattutto su pendii ripidi, tenersi vicini in modo da evitare che pietre mosse dagli ultimi ci raggiungano a piena velocità. Scendere al centro prediligendo le zone dove le pietre sono più piccole e di grandezza uniforme, camminando o correndo appoggiando il tallone spostando le gambe in rapida successione senza aspettare lo stabilizzarsi di ogni passo.

Sentieri battuti e pendii erbosi
Attenzione ai sentieri battuti in terra dopo un acquazzone; per evitare storte e brutte cadute, appoggiare i piedi con la massima circospezione su appoggi sicuri e non sdrucciolevoli; con scarpe infangate le rocce e l’erba bagnata sono peggio di un pavimento incerato. I pendii erbosi si salgono e scendono obliquamente rispetto il pendio, appoggiando tutta la pianta della scarpa, a gambe leggermente aperte, molleggiando sulle articolazioni.

In montagna succede di tutto: c’é chi si infila un ramo in un occhio camminando in un bosco; chi rimane su di un isolotto perché non ha considerato il cartello dell’Enel che avvertiva del pericolo di piene improvvise; chi si fà allagare la tenda dal più modesto dei ruscelli solo perché non conosce gli effetti di un temporale in quota; chi campeggia su un crinale e si fà spicchettare la tenda da una tormenta; chi scappa caricato da un toro per avere invaso un recinto; chi si perde sorpreso dalla nebbia e rischia l’assideramento perché indossa solamente una maglietta e un paio di calzoncini corti; chi si frattura una caviglia perché indossando un paio di scarpe da tennis scivola e solo in quel momento si ricorda che si chiamano così perché servono per giocare a tennis; e chi con l’eccitazione di trovar
funghi dimentica ogni precauzione e ruzzola malamente in una scarpata o passa una fredda notte all’addiaccio perché si é fatto sorprendere dal buio.
La saggezza non é un difetto, sui sentieri le scarpe da ginnastica non sono da considerarsi adatte, quelle vanno bene in palestra; la scarpa ideale é uno scarponcino con suola anche in gomma ma a carro armato, abbastanza rigida, che permetta una buona tenuta sul bagnato o sull’erba.
Per risparmiare fatica nel camminare, cercare di ottenere sempre una perfetta sincronia tra ritmo cardiaco e andatura.
Il passo deve essere regolato sul battito cardiaco. In questo modo si ottiene una perfetta efficienza fisica e di conseguenza si é vigili con lo spirito e con i muscoli, pronti ad evitare ogni pericolo.
Non bevete mai acqua fredda né mangiate neve quando siete sudati e non rimpinzatevi di panini durante il pranzo.
Dopo una giornata di cammino, al rientro si é stanchi; é il momento di rallentare anziché affrettare l’andatura; molti incidenti accadono in fase di ritorno per l’alleggerimento della tensione nervosa e la stanchezza.
Se avete acceso un fuoco, assicuratevi che sia spento e cioé gelido, prima di abbandonarlo.
Per facilitarvi il rientro e comunque per non rischiare di perdersi, fotografate con la mente dei particolari all’andata per poterli riconoscere al ritorno.




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