Papa Francesco: “José Gregorio Hernández Cisneros, modello di virtù civiche e religiose”

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Papa – E’ allo sguardo rassicurante di José Gregorio Hernández Cisneros, più volte posatosi sugli ultimi e i più bisognosi, che il popolo venezuelano ha affidato le sue disgrazie e le sue pene. Tutti hanno amato e amano “il medico dei poveri” e anche Francesco, nel suo videomessaggio inviato in occasione della beatificazione, prevista a Caracas domani, fa riferimento all’affetto che i venezuelani provano per lui.
Vi confesso che non ho trovato un venezuelano, qui in Vaticano, sia in piazza sia in udienza privata, che, a metà della conversazione, alla fine dicesse: quando è la beatificazione di Gregorio? Lo serbavano nell’anima.
Intorno a questa figura di “credente discepolo di Cristo”, “uomo di servizio universale”, all’unità che ha seminato nel cuore di ogni fedele Francesco fa riferimento per esortare il Venezuela ad andare oltre, a compiere “passi concreti a favore dell’unità, senza lasciarsi vincere dallo sconforto”.
La beatificazione del dottor Hernández è una benedizione speciale di Dio per il Venezuela e ci invita alla conversione verso una maggiore solidarietà degli uni con gli altri, per produrre tutti insieme la risposta del bene comune tanto necessaria affinché il paese riviva, rinasca dopo la pandemia con spirito di riconciliazione.
Un Paese colpito duramente dalla pandemia, con tanti morti e tanti contagiati “che hanno pagato con la loro vita, per svolgere i propri compiti in condizioni precarie”. Una beatificazione che Francesco definisce “pandemica”, “una celebrazione senza nulla per il dolore della pandemia”.
Ho anche presenti tutti quelli che hanno lasciato il paese alla ricerca di migliori condizioni di vita, e anche quelli che sono privati della libertà e quanti mancano del necessario. Siete tutti concittadini del Beato, tutti voi. E avete tutti gli stessi diritti. Vi accompagno con amore, tutti. E così come conosco bene le sofferenze, conosco anche la fede e le grandi speranze del popolo venezuelano.
L’esortazione di Francesco è di “seguire l’ammirevole esempio di servizio disinteressato agli altri” offerto dal dottor Hernandez, perdonando e lasciandosi perdonare. Prego Dio per la riconciliazione e la pace tra i venezuelani, vorrei venirvi a visitare. Che le istituzioni pubbliche sappiano offrire sempre sicurezza e fiducia a tutti, e che il popolo di questa bella terra trovi sempre opportunità per lo sviluppo umano e la convivenza.
L’appello del Papa è rivolto a tutti i dirigenti, gli imprenditori, i religiosi perché ci si salva insieme:
Il cammino è comune, di tutti. Cerchiamo il cammino dell’unità nazionale, e questo per il bene del Venezuela. Un’unità operativa in cui tutti, con serietà e sincerità, a partire dal rispetto e dal riconoscimento reciproco, anteponendo il bene comune a qualsiasi altro interesse, lavorino per l’unità, la pace e la prosperità, di modo che i cittadini e le cittadine vivano così con normalità, produttività, stabilità democratica, sicurezza, giustizia e speranza.
“Prego – scrive il Papa – affinché, tutti insieme, recuperiamo quel Venezuela in cui tutti sappiano di avere un posto, in cui tutti possano trovare un futuro”. Chiedo al Signore che nessun intervento esterno vi impedisca di percorrere questo cammino di unità nazionale. Quanto vorrei potervi visitare, quantomeno per esprimere a voi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. Il mio accompagnamento in questo cammino.
L’affidamento finale è al nuovo beato “che ha fatto del Vangelo il criterio della sua vita, che ha cercato la sua vocazione, ha osservato i comandamenti, ha partecipato ogni giorno all’Eucaristia, ha dedicato tempo alla preghiera e ha creduto nella vita eterna”. Un Buon Samaritano, “modello di bonarietà personale e di virtù civiche e religiose, di apertura, di sensibilità di fronte al dolore, di modestia e di umiltà”. Francesco mette in luce il suo spirito di servizio nei confronti degli altri, lavando loro i piedi, come fece Gesù con i discepoli, e con umiltà lasciandoseli lavare:
Accogliersi, riceversi gli uni gli altri, vedere l’altro come un uguale, qualcuno come me, senza disprezzare: non disprezzare nessuno. È anche servirsi gli uni gli altri, essere disposti a servire, ma anche lasciare che gli altri ci aiutino, ci servano: aiutare e lasciarci aiutare. Un altro esempio è perdonarci gli uni gli altri, perché dobbiamo perdonare e permettere che ci perdonino, sentirci perdonati. In definitiva, lavarsi i piedi gli uni gli altri è amarsi gli uni gli altri.
José Gregorio, il giorno prima della morte, disse: “Do la mia vita per la pace nel mondo”. Poi capitò l’incidente nelle strade di Caracas, morì perché investito da un’autovettura che transitava mentre lui attraversava la strada. Ecco, in questo c’è l’idea del Papa di ancorare la sua figura a un percorso di formazione a servizio della Chiesa universale e a servizio anche delle singole Chiese particolari che prepara i cosiddetti operatori di pace. José Gregorio Hernández è stato un operatore di pace che ha operato sia come medico, ma anche come colui si rendeva conto della necessità di una pace effettiva tra le nazioni.
“Un punto di riferimento” per studenti e docenti che si formano per diventare operatori di pace, ma soprattutto una figura da invocare in questo drammatico della pandemia perché, in virtù della capacità di donarsi, cifra della sua vita e del lavoro di medico, possa favorire una diffusione universale del vaccino anti-Covid. Il rettore della Pontificia Università Lateranense, Vincenzo Buonomo, descrive con queste parole José Gregorio Hernández.
Normalmente la figura di José Gregorio Hernández è legata all’idea del medico dei poveri. Ha un culto radicato in tanti Paesi dell’America Latina, non soltanto in Venezuela, ed è conosciuto come colui che dava gratuitamente la sua professionalità senza ricevere alcun compenso, lavorava in ospedale incessantemente, poi fu inglobato in un gruppo di ricerca che studiò nuovi sistemi di cura per le malattie tropicali. Ma c’è un aspetto di questo beato che è forse poco noto e, cioè, che lui diede la sua vita per la pace.
Il suo impegno nella ricerca medica, oltre che nell’esercizio della professione medica, è legato anche allo studio su malattie particolari, contagiose e tropicali. Credo che, in questo momento in cui stiamo vivendo l’esperienza del Covid-19, sia una possibilità di invocarne la protezione, di poterlo pregare perché illumini e continui a illuminare non soltanto quella che è la ricerca del vaccino, perché a quella ci si è giunti, ma soprattutto la possibilità di diffonderlo. Lui, aveva la possibilità di donare a tutti, in questo momento abbiamo bisogno di un vaccino che diventi donato a tutti, alla famiglia umana universale.




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