PAPA – Ve ne avevamo scritto qualche mese fa, ma ora è tutto ufficiale con tanto di presentazione: Papa Francesco per tre serate sarà in televisione a parlarci di virtù e vizi.
La serie televisiva – illustrata ieri mattina in conferenza stampa – è un’inedita riflessione di Papa Francesco con don Marco Pozza, cappellano del carcere “Due Palazzi” di Padova, su temi fondanti della Dottrina cattolica che riguardano il senso dell’esistenza umana. Tre puntate e sette episodi tutti da seguire che culmineranno con il gran finale nel giorno di Pasqua.
Sarà un percorso di vita dove lo spettatore è invitato a fermarsi a riflettere dinanzi a quelle storie che più lo avvicinano al suo quotidiano. T
re gli appuntamenti in prima serata su Nove: sabato 20 e 27 marzo, domenica 4 aprile, articolati in sette episodi. Il colloquio tra il Pontefice e il cappellano è il punto di partenza di ogni puntata incentrata sulle storie di diversi protagonisti.
Il percorso della narrazione segue quello della salvezza umana affrescato da Giotto a Padova nella Cappella degli Scrovegni. È la relazione tra i 7 vizi (Ira, Disperazione, Incostanza, Gelosia, Infedeltà, Ingiustizia, Stoltezza) e le 7 virtù (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza, Fede, Speranza e Carità) il motivo conduttore del dialogo tra Papa Francesco e don Pozza. Storie di fedeltà coniugale anche dinanzi alla dolorosa esperienza del carcere ed alla piaga della criminalità, storie di genitori e figli malati. E ancora, la ludopatia, l’aggressività, la carità, la tenacia i temi centrali delle puntate.
Durante la conferenza stampa don Marco Pozza, autore e cappellano dell’istituto di pena di Padova, ha raccontato raccontato come e perché è nato il progetto di queste trasmissioni con il Papa.
“Un giorno nel carcere di Padova ho visto la riproduzione fedele della Cappella di Giotto. I vizi contrapposti alle virtù, osservati tra le mura del nostro carcere e riflessi nelle vite dei detenuti, mi hanno fatto pensare a come nessun uomo sia solo vizio o solo virtù. Così mi sono chiesto – rivela – se avessi potuto perlustrare l’animo di queste persone con Papa Francesco”. “A me piace – ha detto – ogni volta che entro in carcere essere come un pescatore, tirare su delle storie ed ascoltarle”. “A giugno l’idea ha iniziato a prendere forma e, nonostante la pandemia, oggi possiamo dire di essere riusciti nel nostro intento”. Intimi e confidenziali i toni del colloquio con il Papa in cui don Marco ritrova l’intento più di suscitare domande che di dare risposte.
Monsignor Dario Edoardo Viganò, regista della serie, ha svelato gli aspetti diversi della “scrittura fatta di immagini”.
“Uomini e donne ripresi nelle loro case, in un contesto familiare, con oggetti e creature che parlano di loro”. Anche la scelta della posizione delle telecamere ha un significato: “Una camera fissa ed una laterale mobile, ovvero il conscio e l’inconscio”, la lucidità e l’impeto del cuore. Poi i volti noti al grande pubblico. “Sono ripresi frontalmente, in un luogo non luogo perché non ci interessa da dove parlano” , ha spiegato, ma che la narrazione sia intima e fatta col “cuore in mano”. I piani narrativi risultano uniti dal racconto di don Pozza che parte da Padova e arriva in tutta Italia. Le telecamere e “la complessità di illuminazione, con una luce calda, meditativa ed accogliente”, sono state protagoniste anche delle riprese con Papa Francesco così come un’adeguata illuminazione ha rispettato la “straordinaria varietà cromatica della Cappella degli Scrovegni di Giotto”.
Al termine dell’intervento del regista, sono state mostrate le immagini dell’udienza concessa dal Papa ai protagonisti delle storie della serie televisiva, lo scorso 8 febbraio. Uno scambio di opinioni e l’ascolto del Pontefice con una riflessione. “Quando si decide di andare avanti, di riprendere gli atteggiamenti giusti, di lottare, sempre – ha detto loro Francesco – si fa vita. La fede è un dono, non sempre riusciamo a rendercene conto ed a portarlo avanti. Un giorno ho la fede, un altro giorno non la sento, l’ho persa, non l’ho persa. Ma questa è la strada dei giusti”.
Elisabetta Sola, produttrice e amministratore di Officina della Comunicazione ha sottolineato la scelta di accettare il lavoro compiuta con responsabilità e onore studiandone i vari aspetti. “Quello autoriale, dove le storie si sono dovute confrontare con aspetti molto concreti, a partire dai paletti messi dalla pandemia”. Poi quello artistico: “ La catechesi delle immagini di Giotto che incontra la catechesi della Parola poteva già essere una serie, ma siamo andati oltre decidendo di andare in strada, dunque di raccontare delle storie. Con criteri sì tecnici, ma soprattutto dettati dal cuore. Storie che meritavano di essere raccontate e sfido chiunque a non trovare qualcosa di sé in queste persone”.
Nicola Salvi, produttore e amministratore di Officina della Comunicazione ha parlato infatti di “una comunità di persone” a servizio del progetto e dell’incontro “unico” con il Pontefice. Poi la Cappella degli Scrovegni, una “immensa opera d’arte forse mai documentata in questo modo prima d’ora”.
Laura Carafoli, Chief Content Officer Discovery, ha rimarcato ancora una volta l’eccezionalità della serie per la presenza del Poontefice, la naturalità delle storie comuni e lo stimolo alla riflessione che ne nasce. “L’entusiasmo che ha accompagnato questo progetto ci permetterà – ha concluso – di distribuirlo a livello mondiale, con una giornata evento speciale in programma il prossimo 22 aprile”.
Il via sabato 20 marzo, alle 21.25. Il primo episodio trasmesso da Nove è dedicato alla famiglia Vullo ed è incentrato sul rapporto tra fede ed infedeltà. In Sicilia, a Gela, vive la famiglia di Domenico Vullo, ex boss mafioso della Cosa Nostra gelese, al quale è stato revocato il carcere duro. Oggi Domenico è detenuto in carcere a Padova e lavora nella pasticceria “Giotto”. La storia è quella della sua famiglia e di una ricerca di riscatto: tre figli e una donna che è sempre rimasta fedele al marito, nonostante l’infedeltà giudiziaria che l’ha portata a crescere i figli da sola. Dalla Sicilia a Roma, dove protagonista del secondo episodio – dedicato a speranza e disperazione – è Sirio Persichetti, un bambino di sette anni. Nato prematuro, dopo meno di due mesi Sirio è stato colpito da un arresto cardiaco ma, contro ogni previsione medica, non è rimasto in stato vegetativo. Pur affetto da tetraparesi spastica, è un bambino impetuoso, travolgente, curioso. Sirio è determinato come i suoi genitori che non si sono mai lasciati sopraffare dalla disperazione.
Il secondo dei tre appuntamenti è previsto sabato 27 marzo, sempre alle 21.25 su Nove. Si riparte da Roma con la storia di Valentino Valente, un ragazzo finito in carcere a causa delle modalità scorrette e sproporzionate usate per esprimere una rabbia disfunzionale, Una storia di cambiamento, tra ira e temperanza, raccontata dal carcere minorile di Casal del Marmo e dalla comunità Borgo Amigò.
Poi a Bologna con l’episodio dedicato alla carità ed alla gelosia, attraverso i racconti di due mamme, legate all’Associazione “Cucciolo”.
Una, Jessica Gallerani, di Bologna, ha avuto due belle gravidanze, vissute in condizioni di serenità. L’altra, Federica Sigon, di Imola, ha avuto due gemelline premature. Dopo le prime ecografie, è stata segnalata una discordanza di peso superiore al 25%, che ha portato a una serie di problematiche. Ma queste due madri sono legate da una “storia di latte”: le mamme che ne hanno abbastanza decidono di donarlo a coloro che non possono allattare e che hanno bambini per cui il latte materno è fondamentale: un segno di carità che profuma di vita.
In onda nel giorno di Pasqua alle 21.25, l’ultima puntata è formata da tre episodi. Si inizia con “stoltezza e prudenza”, con la storia di Tiberio Patrizi, uomo mite e sensibile, padre di famiglia, malato di ludopatia. Un brutto male che ha travolto la sua vita e la sua volontà, rischiando di condurre lui e i suoi cari alla rovina. La moglie e le due figlie, che vivono con lui a Frosinone, lo hanno aiutato a uscire dal tunnel del gioco e hanno fondato “No Game”, un’associazione che aiuta le persone affette da ludopatia. Una famiglia che ha ritrovato un equilibrio grazie al calore degli affetti e alla determinazione di vincere la dipendenza. Il sesto e penultimo episodio è ambientato a Santa Marinella, in provincia di Roma, e vede protagonista Omar di Felice, ex ciclista professionista e oggi campione di Ultracycling. Ha scelto di vivere la sua passione con uno spirito diverso e, grazie alla sua determinazione, ha iniziato a girare il mondo. Un personaggio che insegna come, dall’incostanza, possa nascere la fortezza e la capacità di inseguire e perseguire obiettivi. In una gara costante con se stessi, dove la cosa principale non è vincere, ma saper imparare dalle sconfitte. Infine la giustizia e l’ingiustizia, ad Agrigento con la storia di Piero Nava, il primo super testimone di giustizia d’Italia. Il 21 settembre 1990 Nava stava guidando sulla provinciale di Agrigento quando si è trovato ad assistere all’omicidio del giudice Livatino. La morte del “giudice ragazzino” ha cambiato la sua vita. Perché? Nava non è rimasto in silenzio, ha sentito immediatamente il dovere di denunciare il fatto alle autorità. E, per un atto di giustizia, è diventato vittima dell’ingiustizia: ha dovuto abbandonare la sua casa, i familiari, gli amici, i colleghi. Ha dovuto cancellare la sua identità e assumerne un’altra, tante altre, nascondendosi insieme a moglie e figli, come fosse stato lui il delinquente. Oggi ha cambiato nome, ma resta sempre lui e dice che non avrebbe potuto comportarsi diversamente per riuscire a guardarsi allo specchio ogni mattina e riconoscersi.n
CULTURA E SPETTACOLOVATICANO
“Vizi e Virtù” – Conversazione televisive con Papa Francesco
By RaffaeleMar 12, 2021, 08:29 am0
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