Papa – In una fredda mattinata capitolina Papa Francesco ha dedicato l’udienza generale alla preghiera di lode. A chi serve la lode? Si domanda il pontefice. A noi o a Dio? Un testo della liturgia eucaristica ci invita a pregare Dio in questa maniera, dice così: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva» (Messale Romano, Prefazio comune IV). Lodando siamo salvati.
CICLO RIFLESSIONI SULLA PREGHIERA
Dunque proseguendo il ciclo di riflessioni sul tema della preghiera, Francesco sottolinea l’importanza di lodare Dio anche nei momenti bui della nostra vita, perché il Signore è l’Amico fedele che non ci abbandona mai. Sono i piccoli che accolgono Gesù e la sua Parola, ricorda il Papa, e Gesù loda il Padre per la sua predilezione nei loro confronti.
Spunto per la riflessione del Papa è un momento difficile della vita di Gesù e della sua missione. Francesco fa alcuni esempi: Giovanni Battista, dal carcere, dubita che sia proprio Gesù il Messia, nei villaggi dove Gesù ha compiuto tanti miracoli, c’è ostilità. Ma proprio nel momento della delusione, osserva il Papa, il Vangelo di Matteo “riferisce un fatto davvero sorprendente: Gesù non eleva al Padre un lamento, ma un inno di giubilo”, loda il Padre perché ha rivelato se stesso ai piccoli. (Mt 11,25). E Francesco si chiede perché Gesù innalza questa lode.
LA LODE E LE SUE MOTIVAZIONI
La prima ragione, osserva, è il suo sentirsi figlio dell’Altissimo, figlio di colui che è il Signore del cielo e della terra. Ma poi c’è una seconda ragione: Gesù loda il Padre perché predilige i piccoli. È quello che Lui stesso sperimenta, predicando nei villaggi: i “dotti” e i “sapienti” rimangono sospettosi e chiusi, fanno dei calcoli, mentre i “piccoli” si aprono e accolgono il messaggio. Questo non può che essere volontà del Padre, e Gesù se ne rallegra. Anche noi dobbiamo gioire e lodare Dio perché le persone umili e semplici accolgono il Vangelo. Quando io vedo questa gente semplice, questa gente umile che va in pellegrinaggio, che va a pregare, che canta, che loda, gente alla quale forse mancano tante cose ma l’umiltà li porta a lodare Dio … Nel futuro del mondo e nelle speranze della Chiesa ci sono sempre i “piccoli”: coloro che non si reputano migliori degli altri, che sono consapevoli dei propri limiti e dei propri peccati, che non vogliono dominare sugli altri, che, in Dio Padre, si riconoscono tutti fratelli.
IL COMPORTAMENTO DI GESU’
Il comportamento di Gesù ci aiuta a guardare anche alle nostre sconfitte personali, o ai momenti di buio, in una maniera diversa. Gesù non chiede, ma loda il Padre. “Sembra una contraddizione – aggiunge – ma è lì la verità”. Ma a chi serve la lode, si domanda Francesco. Dio non ne ha certo bisogno per accrescere la sua grandezza. La preghiera di lode serve a noi. Il Catechismo la definisce così: ‘La preghiera di lode è una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella Gloria’. Paradossalmente deve essere praticata non solo quando la vita ci ricolma di felicità, ma soprattutto nei momenti difficili, nei momenti bui, quando il cammino si inerpica in salita. È anche quello il tempo della lode. Come Gesù che nel momento buio loda il Padre. Perché impariamo che attraverso quella salita, quel sentiero difficile, quel sentiero faticoso, quei passaggi impegnativi si arriva a vedere un panorama nuovo, un orizzonte più aperto. Lodare è come respirare ossigeno puro: ti purifica l’anima, ti fa guardare lontano, non rimanere imprigionato nel momento difficile, buio delle difficoltà.
LA PREGHIERA DI SAN FRANCESCO
Quindi il pontefice guarda a San Francesco e alla sua preghiera, “il Cantico delle creature”, composta in punto di morte, e dice che in essa c’è un grande insegnamento.
Il Poverello non lo compose in un momento di gioia, in un momento di benessere, ma al contrario in mezzo agli stenti. Francesco è ormai quasi cieco, e avverte nel suo animo il peso di una solitudine che mai prima aveva provato: il mondo non è cambiato dall’inizio della sua predicazione, c’è ancora chi si lascia dilaniare da liti, e in più avverte i passi della morte che si fanno più vicini. Potrebbe essere il momento della delusione, di quella delusione estrema e della percezione del proprio fallimento. Ma Francesco in quell’istante di tristezza, in quell’istante buio prega e come prega? “Laudato si’, mi Signore…”, prega lodando.
San Francesco, come tutti i santi e le sante, come Gesù, ci mostrano “che si può lodare sempre, nella buona e nella cattiva sorte, perché Dio è l’Amico fedele. Questo è il fondamento della lode, Dio è l’Amico fedele, e il suo amore non viene mai meno. Sempre Lui è accanto a noi, Lui ci aspetta sempre”. “Grande è il Signore e degno di ogni lode; senza fine è la sua grandezza. […] Canti la mia bocca la lode del Signore e benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre. (dal Salmo 145)”
LA LODE E’….
La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio. È completamente disinteressata: canta Dio per se stesso e gli rende gloria perché egli è. (Compendio del Catechismo n. 556)
Nella preghiera la lode è amore che risponde all’amore: all’amore di Dio si risponde lodando, riconoscendo cioè l’Altro nella grandezza delle sue opere. E la lode ha sempre come destinataria la persona di Dio: la lode è l’amen, il “sì” incondizionato dell’uomo a Dio e al suo agire. È questa la lode di Gesù stesso: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intellettuali, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). La lode del cristiano ripete questo movimento, per mezzo di Gesù Cristo: “Tutte le promesse di Dio in Cristo sono ‘sì’. Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro ‘amen’per la sua gloria”(2Cor 1,20).
AMEN RIVOLTO A DIO
Questo aspetto della lode quale “amen” rivolto a Dio e confessione della sua presenza, ci porta a comprendere come lodare sia un sinonimo di credere: la lode esprime l’aspetto celebrativo della fede. Non a caso nella Bibbia essa spesso sorge dopo il discernimento di un intervento di Dio nella storia: così, per es., il cantico di Mosè segue la confessione dell’azione di Dio che ha fatto uscire Israele dall’Egitto (cf. Es 15). Più che di superiorità della lode rispetto alla supplica occorre allora parlare della lode come orizzonte inglobante la supplica stessa (non a caso molti salmi di supplica sfociano nella lode: cf. Sal 22, 31, ecc.). La supplica suppone la lode e tende alla lode: essa si fonda sulla lode in quanto invoca Dio e riconosce di poter contare solo su di lui; essa tende alla lode perché spera di rivedere il volto amico del Signore (cf. Sal 42,6.12; 43,5).
Ma se la lode sintetizza in forma orante le dimensioni dell’amore, della fede e della speranza, è chiaro come essa sia la vita stessa del credente, chiamato a essere “lode della gloria di Dio” (Ef 1,14). Poiché si ama Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi, si vuole lodare con tutto il cuore, cioè vivere e morire alla presenza di Dio.